Dakar 2016. Il ritiro di Alessandro Botturi

Dakar 2016. Il ritiro di Alessandro Botturi
Piero Batini
  • di Piero Batini
Raggiungiamo Alessandro Botturi che sono ormai le dieci di sera. Il pilota di Lumezzane ha dovuto dire addio alla Dakar 2016
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
14 gennaio 2016

Raggiungiamo Alessandro Botturi che sono ormai le dieci di sera. Le prime notizie certe sulla giornata sfortunatissima del pilota e beniamino di Lumezzane erano venite da Livio Metelli, rientrato al bivacco verso le 20, che ha aiutato il “Bottu” a ripartire prima del CP 2. Ma non è bastato


«Sono morto. Stanco morto. Mi hanno portato qui e mi hanno dato… un letto d’ospedale perché io mi possa riposare. Non sapevano dove mettermi, non c’erano altri posti a disposizione. Ormai sono fuori gara. È stata una decisione brutta, che ho preso con il cuore pesante, ma non credo che avrei avuto veramente delle alternative. Quando arriva il momento bisogna saperlo riconoscere. Sono riuscito ad arrivare a trenta chilometri dall’arrivo della tappa. Non difficilissima, si scorreva bene. A trenta chilometri la moto si è fermata e non ne ha più voluto sapere di ripartire. Quando è sceso l’elicottero, il medico a bordo ha visto che stavo bene, ma mi ha chiarito perfettamente la situazione. “Se vuoi ti diamo un passaggio fino al centro più vicino. Altrimenti, se vuoi stare con la moto o cercare di ripartire, e non ci riesci, dovrai passare la notte nel deserto e aspettare che qualcuno domattina ti venga a prendere. Sei sano, puoi scegliere tu.”».


E come, e quando, rientrerai al bivacco? E quale?

«Questo non me lo hanno detto. Hanno spiegato, abbastanza alla svelta, che mi portavano qui, in questo ospedale vicino a Fiambala, perché così domattina posso prendere un areo dell’organizzazione e raggiungere il bivacco. Non sono sicuro neanche di quale bivacco si tratti. Se mi portano a La Rioja devono farlo presto, altrimenti il mio camper se ne va e io sono da capo. Forse potrebbe essere il bivacco di San Juan».

 

Non era cosa, quest’anno…

«No, non è stata una Dakar fortunata. Subito, pronti via la caduta e questo polso. Mi fa male, mi ha fatto vedere le stelle. Poi oggi. Avevo qualcosa con me, ho provato a cambiare i pezzi che avevo, ho montato un nuovo statore. Sembrava la soluzione, la moto è ripartita. Non avevo la centralina, arrivato al CP 2 mi sono fatto dare la sua da De Soultrait, ritirato anche lui. Ancora novanta chilometri, ormai ero “in vista” del traguardo, poi la moto è rotta di nuovo. Non era l’anno fortunato. E Pensare che nonostante tutto, alla fine della prima frazione marathon ero risalito all’undicesimo posto».

 

Dispiaciuto tanto?

«Putta… mi dispiace tantissimo. Ci tenevo molto ad arrivare in fondo. Stavo soffrendo come una bestia. Il polso mi faceva malissimo, ma ci tenevo, cercavo di stringere i denti».

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