Ducati elimina il "traliccio"

Ducati elimina il "traliccio"
L’iconico telaio in tubi di acciaio sarebbe presto destinato a sparire dalle superbike stradali (e quindi anche da corsa) di Borgo Panigale, a favore di una struttura in alluminio tipo MotoGP
23 febbraio 2010


Secondo quanto riportato, con una certa sicurezza, da Motorcycle News, il futuro prossimo delle superbike stradali Ducati verrà rivoluzionato con l’avvento di ciclistiche  “frameless”, ovvero senza telaio.
A Borgo Panigale, in buona sostanza, starebbero pensando alla versione stradale in alluminio della rivoluzionaria struttura semi-monoscocca in fibra di carbonio delle Ducati GP9 e GP10 da Gran Premio. Com’è noto, tale configurazione tecnica collega il cannotto di sterzo al motore tramite un airbox “strutturale”, anziché un tradizionale telaio.

Questo importante salto tecnologico va visto anche nell’ottica del Mondiale Superbike, dove la concorrenza attualmente è più forte che mai

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La struttura semi-monoscocca pressofusa in alluminio esordì sulla GP9 l’anno scorso, quando il collaudatore Vitto Guareschi (oggi anche team manager della squadra) la provò a Jerez. Si trattava, fu detto allora, di un test cautelativo, di un’eventuale ”soluzione d’emergenza” nel caso Stoner e Hayden non fossero soddisfatti della versione tutta in carbonio. Ma in realtà, sostengono i colleghi inglesi, quel test aveva due scopi non dichiarati: equipaggiare esemplari meno costosi delle Ducati da MotoGP, da fornire in leasing a team privati e, appunto mettere alla frusta ai massimi livelli quello che sarebbe diventato il “telaio” delle future Ducati supersportive stradali. Nel qual caso, il prezzo da pagare (in termini di immagine, specie nei confronti di un popolo ducatista  fortemente tradizionalista) sarebbe chiaramente il sacrificio dell’iconico telaio a traliccio; ma se il gioco, come del resto in Ducati sembrerebbero certi, vale la candela…
Del resto, questo importante salto tecnologico va visto anche nell’ottica del Mondiale Superbike, dove la concorrenza attualmente è più forte che mai, quindi qualche scelta radicale prima o poi va fatta per elevare la competitività delle bicilindriche: mica si può maggiorare ancora la cilindrata!

Svolta epocale

Ducati fece debuttare nel 2009 la struttura completamente in fibra di carbonio, eliminando quindi anche il traliccio anteriore in tubi d’acciaio, proprio con l’obiettivo di abbandonare la tradizione a favore di un nuovo progetto, che comunque prevedeva sempre il motore come elemento portante e fortemente stressato. Il fatto è che il pur compattissimo traliccio era stato portato a sopportare sforzi ormai superiori ai suoi limiti. Il telaietto anteriore delle GP8 era zeppo di tubi e saldature, ciononostante soffriva ancora di evidenti flessioni. Dunque è stato sostituito dalla rigidissima struttura multifunzionale attuale. Il cambio totale di filosofia portò una tale serie di vantaggi che fecero immediatamente pensare a un impiego anche sulle superbike stradali: sarebbe (sarà?) una vera rivoluzione per la Casa italiana, in un segmento di mercato in cui, soprattutto per motivi di prestigio, è necessario proporre frequenti innovazioni per giustificare i prezzi elevati di prodotti destinati a un’utenza dal palato fine. Anche se poi, vien da dire, gli attuali numeri di vendita – e questo ovviamente vale per tutte le supersportive - alla fine non sembrerebbero giustificarlo. Ma Ducati è Ducati, e dagli uomini di Borgo Panigale gli esigentissimi tifosi di tutto il mondo si attendono sempre il massimo, sia in pista che su strada.
Naturalmente, un passo del genere potrebbe far ipotizzare problemi di adattamento della nuova struttura a particolari come il forcellone posteriore monobraccio e il sellino per il passeggero: personaggi che hanno familiarità con i processi produttivi di Ducati confermano comunque che l’operazione sarebbe effettuabile senza enormi difficoltà. L’utilizzare un sistema gruppo indipendente di sospensione posteriore, cioè con l’ammortizzatore e i biellismi di progressione installati nel corpo del forcellone (tipo Desmosedici RR e, ovviamente, MotoGP ) potrebbe tra l’altro neutralizzare gli aumenti nei costi di produzione.
Ma ci sarà anche bisogno di una nuova generazione di motori: a tale proposito, si sta già lavorando – in collaborazione con l’engineering di Piero Ferrari – sull’evoluzione del 1198 dotata ovviamente di attacchi specifici per abbinarsi alla nuova realtà.
Lo scambio di know-how tra il reparto corse e la produzione, insomma, in Ducati è più attivo che mai.

Sia l’ingegner Claudio Domenicali – ex Direttore di Ducati Corse e attualmente Direttore Generale di Ducati Motor – che l’ingegner Andrea Ferraresi, project leader della Desmosedici RR stradale e a capo del reparto design, starebbero già lavorando all’epocale passo in avanti che oltretutto favorirebbe parecchio il gran lavoro sulla riduzione dei pesi che Ducati sta portando avanti sulle moto di serie: già sui motori sono stati fatti grossi progressi negli ultimi tempi, lavorando minuziosamente sulle fusioni senza dover ricorrere all’utilizzo di materiali pregiati o a rischiosi interventi di eccessivo alleggerimento a elementi fondamentali come gli alberi motore e i componenti della trasmissione.
Ma perdere dai 4 ai 6 chili su una ciclistica rappresenta un guadagno ancora più notevole.
La nuova, coraggiosa scelta tecnica garantirebbe altri vantaggi sensibilissimi, come una maggiore rigidità, un raffreddamento migliore e un pacchetto complessivamente superiore anche a livello di compattezza finale del prodotto. Peter Williams, 65enne ingegnere ed ex-pilota di ottimo livello negli anni settanta, fu il primo a progettare delle ruote in lega per moto, ed è sempre stato un gran sostenitore della filosofia monoscocca, del quale peraltro era dotata la rivoluzionaria Norton JPS con cui lui stesso aveva corso con successo. «Strutture del genere» ribadisce Williams «consentono di progettare moto molto più compatte, con ciclistiche ben più solide e con possibilità di centralizzazione delle masse senz’altro superiori. I classici telai in tubi non sembrerebbero creare grossi problemi di spazio, ma di progettazione si, e non poco: ostacolano la ricerca aerodinamica, complicano il lavoro dei progettisti e impongono compromessi stilistici che non sempre vanno a vanno a vantaggio dei piloti. La scelta di Ducati, quindi, secondo me è eccellente».

Perché alluminio, e non carbonio?

Nonostante sia ritenuto estremamente rigido e costoso, il carbonio è una scelta praticamente obbligata per i progettisti di veicoli da competizione che sappiano perfettamente come trarne i massimi benefici. Tra l’altro è più resistente alla fatica del metallo. Quindi si tratta di una scelta anche “flessibile” (nel senso che ormai ci si può fare praticamente di tutto) e relativamente economica, rispetto ai benefici che dà. Questo, ovviamente, vale però solamente quando i costi non sono il primo dei problemi, tipo in MotoGP, appunto.
Al contrario dell’alluminio, infatti, parti in fibra di carbonio di pari qualità e con spessori così sottili non possono essere verosimilmente fabbricate in quantità industriali a costi che le rendano appetibili per produrre qualsivoglia moto di serie.