Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Il motociclante, come ci chiama e si chiama Stefano Disegni, ha una platea. A volte cerca persino l'applauso. A volte basta la considerazione o, perché no, l'ammirazione. Ogni tanto, specie quando svetta sulle auto e sulle code, sa di suscitare invidia. Con un pizzico di vanità ai semafori controlla di sbieco e misura con curata nonchalance l'attenzione altrui: quella dei pedoni come quella dei tipi (e delle tipe, vieppiù) dietro un vetro.
Qualcuno poi, ai limiti del feticismo e del guardonismo spinto, osserva confuso tra i tavolini di un bar quanti sguardi attira e quante persone ferma la sua bella parcheggiata lì d'appresso. Quando poi va a prenderla, con la rapidità di un bradipo, è un minuetto di gesti lenti, quasi carezze: via il cavalletto, segue la vestizione rituale manco fosse un samurai (casco, guanti, giubbe varie), qualche ondeggiamento sulle gambe e sulle molle, poi c'è il check e il click della chiave e quindi l'accensione: la voce che esce sveglia anche i più distratti. Tutti devono capire che la bella che stava lì aspettava proprio voi. Questo più o meno, naturalmente. Si va da una gratificazione propria e più intima, quasi timida, a eccessi di narcisismo degno di maggiori attenzioni terapiche. Dipende. Dal carattere, dall'età, dalla personalità, dalle proprie piccole manie.
C'è una cosa gradevole però che accomuna quasi tutti ed è avere per spettatore un bambino o un anziano.
I bambini - si sa - sono attirati per natura dagli oggetti che si muovono e in particolare da quelli con due ruote. Crescono sognando di inforcarne una a pedali e poi diventare esseri straordinari muovendosi in equilibrio da soli: una sensazione di magia e libertà che non si dimentica e che si rinnova ogni volta. Poi ai bambini piace il rumore: urlano, ridono forte, picchiano e pestano tutto quello che produce un suono. Se passa un oggetto che oltre ad andare su due ruote fa pure rumore si fermano incantati, lo seguono con lo sguardo, lo imitano: «Papà...brum brum». E sorridono con gli occhi spalancati che luccicano facendosi trascinare a fatica dalla mamma (il papà a volte si gira pure lui...). Quel cavallo e quel cavaliere lo affascinano.
Che roba è? Se non ricordo male ne ha parlato anche il biker Pezzali in un suo brano: tenerezza infinita e il piacere di suscitare la gioia di un bambino. Avete mai provato a salutarne uno quando vi guarda passare? Diventa matto, rimane stupito e felice, lo dirà ai «grandi», lo racconterà come un evento. Non cambierei un solo piccolo spettatore alla più grande delle platee. Ai bambini basta poco, peccato che, da lì a qualche anno, non basti mai. Neanche il molto.
E poi ci sono gli anziani. Se non si fa gli scemi, scaricando decibel che fanno ululare gli antifurti a due isolati di distanza, non si fanno penne e accelerazioni bruciagomme in 50 metri scarsi (in questo caso vi prendete maledizioni che fareste bene a toccarvi), i signori non più giovani guardano con attenzione, curiosità e interesse. Molti con nostalgia. Magari sono stati motociclanti pure loro su moto che noi abbiamo conosciuto nelle mostre o nei mercatini o anche solo in foto. Un mondo antico odorante olio e grasso, gomme dure, benzina rossa e miscele tremende, quasi ignoto. Questi se hanno la possibilità di beccarvi fermi domandano e poi raccontano: della loro Vespa GS magari modificata, di sfide con le Lambrette e di gite al femminile, della temibile MV «disco volante» guidata in stradacce e curve con i guanti di pelle fino all'avambraccio, dello Stornello, dell'Alce o del Falcone, con il cilindrone orizzontale e il volano che sembra un'affettatrice da salumiere. Quelli che non hanno ricordi hanno forse rimpianti. C'era una pubblicità sulle riviste specialistiche anni fa: due signori seduti su una panchina che vedono passare una moto e la didascalia «Anni fa avevo detto che ne avrei comprato una, prima o poi» con l'amarezza del troppo tardi legata al tempo che va. Se riuscite, tra gli stress quotidiani e, anche, tra un giro rombante e l'altro avvicinateli: qualche volta raccontano storie di moto da brividi, qualche altra raccontate voi, con pacatezza: magari serve a farli sentire meno soli e parcheggiati. Loro non hanno manco una platea intorno.
Giuseppe Cadeddu