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Abbiamo pensato di creare la rubrica “Correva l’anno…” per esplorare il mondo della motocicletta nel corso degli anni attraverso quella formidabile, storica vetrina internazionale che si chiama EICMA, acronimo di “Esposizione Internazionale Ciclo Motociclo e Accessori”. Una manifestazione che nel maggio del 2014 celebrerà non propriamente il suo centesimo compleanno, ma comunque il secolo esatto dalla prima edizione, che vide la luce proprio il 3 maggio del 1914 come “Salone del Ciclo e Motociclo”, all’interno dell’allora Kursaal Diana di viale Piave, a Milano, oggi hotel di lusso inglobato nella catena Sheraton.
Tra poco più di un anno, insomma, si svolgerà la 72esima edizione del “nostro” Salone, un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati, la cui cadenza annuale venne istituita dal 1925 al 1941 e dal 1946 al 1957: dopodiché il mercato dell’auto in forte crescita causò la crisi di quello motociclistico, costringendo gli organizzatori a saltare l’edizione del 1958 e deciderne poi la cadenza biennale, mantenuta fino al 1998, in alternanza con i Saloni tedeschi di Colonia, Monaco e di nuovo Colonia. Da notare che dal 1939 al ‘93 l’importante manifestazione (ospitata nei padiglioni della Fiera di Milano dal 1952 al 2004, e trasferitasi l’anno seguente nei nuovo polo espositivo di Milano-Rho) si tenne nei mesi di novembre/dicembre, per anticiparla al mese settembre dal ’94 al 2004, e tornare nel 2005 all’appuntamento novembrino. Nella fattispecie dal 7 al 10, per quanto riguarda l’edizione di quest’anno, la 71esima.
Iniziamo dunque a esplorare un po’ di storia dell’industria motociclistica internazionale, partendo dall’EICMA tenutosi dal 16 al 19 settembre del 2003. Dieci anni esatti (al prossimo novembre), durante i quali il mondo è cambiato parecchio, e certamente non sempre in positivo.
Ma come fu, l’EICMA 2003? C’erano tante novità? Quali furono le più importanti? E come andarono le vendite, l’anno seguente? L’EICMA 2003 fu decisamente un Salone frizzante, con tante novità di spicco, sia a livello di idee (leggi prototipi e concept bike) che di mezzi fatti e finiti, pronti per la stagione 2004. Vediamolo.
Altra sorpresa fu la Gilera Ferro 850, bella naked automatica disegnata dallo Studio Marabese, spinta da un bicilindrico a V di 90° da 85 cv. Un progetto intrigante, la Ferro,che rimase nel limbo fino al 2008, per ricomparire con le sembianze dell’Aprilia Mana 850 nel 2008. Ma quel motore venne usato già dal 2006 per lanciare lo scooter più potente del mondo: il Gilera GP800, appaiato lo scorso anno dal “cugino” Aprilia SRV850.
Altro concept apparso a sorpresa ai visitatori di EICMA 2003, ma mai concretizzato, era il futuristico scooter Honda Tamago, (“uovo”, in giapponese), un prototipo a ruote alte sviluppato al reparto R&D Honda romano basato su ciclistica SH150, e caratterizzato dal voluminoso contenitore da ben 65 litri di capacità piazzato tra le gambe del pilota.
Anche la Kawasaki si sbizzarrì con una futuristica concept bike degna del giudice Dredd di “Stalloniana” memoria: la carenatissima sport-tourer ZZR-X, dalle linee studiate per integrare perfettamente moto e pilota, godeva di assetto guida regolabile, spoiler laterali ad apertura variabile e freni a disco interni alle ruote lenticolari.
Decisamente eclatante - specie per i numerosi aficionados del marchio vicentino, acquistato tre anni prima da Ivano Beggio - la comparsa di quella che Aprilia aveva pensato come la Laverda SFC1000 degli anni duemila. Naturalmente colorata di arancione. Questa intrigante supersportiva montava chiaramente il validissimo bicilindrico Aprilia/Rotax a V di 60° “estratto” dalla RSV1000, con oltre 140 cv e quasi 11 kgm di coppia a 7.500 giri. Purtroppo (di nuovo), la cosa finì li.
Altro storico marchio italiano, rilanciato dall’industriale bresciano Roberto Ziletti nel 1999, la nuova Mondial era ancora in attività alla fine del 2003, tant’è che all’EICMA presentò la versione EVO - con sospensioni Öhlins, cambio ravvicinato e svariati particolari di pregio - della Piega 1000, l’ambiziosa superbike stradale che beneficiava addirittura dell’ottimo bicilindrico della Honda VTR-SP2 (nota anche come RC51, ovvero la moto che Colin Edwards portò al titolo mondiale Superbike nel 2002): un privilegio più unico che raro, che Honda accordò al Conte Boselli - nipote del fondatore della Mondial e in società con lo stesso Ziletti nell’operazione di rilancio di cui sopra - il cui nonno nel 1957 aveva fornito a Soichiro Honda una delle Mondial da corsa fresche del mondiale 125 e 250, dando virtualmente inizio alla storia agonistica della Casa giapponese.
Ma oltre alla EVO, Mondial quell’anno presentò anche una interessante versione naked della Piega 1000: la RZ Nuda, una belvetta da 140 cv e 178 kg col telaio a traliccio e il motore in bella mostra, una coppia di faretti polielissoidali anteriori, gran sfoggio di carbonio ed Ergal e tutto ciò che serviva per allettare i palati fini. Non solo: alla Nuda venne affiancata l’ancor più sofisticata ed esclusiva Starfighter RZ, presentata come prototipo ma tuttavia già quotata sui 25.000 euro. Purtroppo, però, queste moto non ebbero futuro, visto che Ziletti dichiarò fallimento a metà del 2004.
Interessante anche il prototipo Yamaha MT-03, simpatica roadster spinta dal noto monocilindrico Minarelli-Yamaha 660, con doppio scarico sotto la sella e ammortizzatore posteriore coreograficamente sistemato sulla destra del motore stesso, in posizione praticamente orizzontale. In questo caso, la MT-03 venne presentata in versione definitiva, praticamente uguale al prototipo, all’EICMA del 2005, e messa in vendita un paio di mesi dopo.
Vediamole, in ordine alfabetico, iniziando ovviamente da Aprilia.
A questa edizione di EICMA da Noale arrivò un nuovo motore, il compattissimo 45.V2 realizzato dall’ingegner Ampelio Macchi. Si trattava di un raffinato bicilindrico a V di 77° che girava a 14.000 giri e pesava solo 34 kg, e che dal 2005 avrebbe equipaggiato, nelle versioni 450 e 550, le prime motard bicilindriche mai costruite (le sofisticatissime SXV) e le enduro RXV, oltre all’ostica MXV 450 da motocross. Un motore da corsa, praticamente, che purtroppo le vicissitudini di Aprilia impedirono di sviluppare anche per il normale utilizzo stradale, decretando presto la fine di queste moto ambiziosissime.
Benelli
Dieci anni fa, lo storico marchio pesarese era ancora proprietà di Andrea Merloni, che nel 2003 aveva finalmente messo in produzione la sua ambiziosa tricilindrica sportiva Tornado Novecento Tre, della quale al Salone settembrino apparve la versione RS. Ovviamente era più ricca come dotazione tecnica, con il motore da 898 cc potenziato a 142 cv, e con frizione antisaltellamento dall’intervento regolabile.
BMW
Nulla di veramente eclatante dalla Casa bavarese, che per festeggiare il suo 80° compleanno volle gratificare (forse) gli amanti del mondo custom/cruiser, segmento in cui aveva esordito nel 1997: allo stand svettava infatti la certamente originale versione Montauk della nota R1200C, naturalmente con motore boxer a doppia accensione, un piacevole doppio faro in verticale, e una forcella (rigorosamente abbinata al Telelever) che in Harley avrebbero definito “wide glide”, per via degli steli distanti tra loro tanto da poter ospitare un largo pneumatico da 150/80x16”, abbinato al 170/80x15” posteriore.
Cagiva Group
Anche Claudio Castiglioni festeggiava il 25° anniversario della sua Azienda, svelando la speciale versione X3 della grintosissima Raptor 1000 motorizza Suzuki V2, disegnata da Miguel Galluzzi. Inoltre venne annunciata la volontà di produrre (cosa che però poi non accadde) 25 repliche della famosa GP500 C594, che quell’anno arrivò terza nel mondiale con lo scontroso quanto veloce John Kocinski. Prezzo dichiarato: 125.000 euro.
Intanto Husqvarna, allora inglobata nel gruppo industriale varesino, approfittava dell’importante palco milanese per festeggiare addirittura i suoi primi 100 anni con la splendida 510 Centennial (500 pezzi, prezzo oltre 18.000 euro!),
Ducati
Sorprese un po’ tutti l’arrivo della ST3, la terza versione della valida Sport Touring che non rappresentava solamente un restyling delle precedenti, ma soprattutto la vetrina per l’inedito motore a 3 valvole per cilindro raffreddato a liquido, con doppia accensione e catalizzatore, progettato con occhio particolarmente ecologico, visto che si iniziava a parlare di Euro 3. Un motore che alla prova dei fatti ci impressionò molto per la sua piacevolezza d’uso e per le sue prestazioni più che soddisfacenti: grazie ai suoi 102 cv dichiarati a 8.750 giri (la coppia era di 9,5 kgm a 7.250), la moto superava infatti abbastanza facilmente i 250 orari indicati, come rilevammo durante il test in Spagna. Ma a Borgo Panigale in effetti, non credevano molto in questa versione del loro motore prediletto, che ritenevano una mosca bianca per Ducati. La ST3 andò in produzione, ma quel motore è rimasto il primo, e a tutt’oggi l’unico “3 valvole” del marchio bolognese.
Honda e Kawasaki
I due colossi nipponici catalizzavano invece l’attenzione degli appassionati rivoluzionando completamente le loro punte di diamante supesrportive, e organizzandone oltretutto il lancio ufficiale, in entrambi i casi negli Stati Uniti (rispettivamente sui circuiti di Phoenix e Homestead – Miami), proprio in contemporanea col vernissage milanese. Sia la CBR1000RR Fireblade da 172 cv – che attingeva dichiaratamente ispirazione dalla formidabile MotoGP RC211V 1000 a 5 cilindri - che la “ignorantissima”, arrapante Ninja ZX10R da 175 cv, segnarono una netta svolta tecnica per entrambe le Case giapponesi, in un periodo in cui le superbike stradali stazionavano nella zona alta delle classifiche di vendita: nel 2004, infatti, le Fireblade 900 e 1000 - accomunate in classifica - figuravano infatti al 5° posto assoluto (tra le moto, naturalmente) con 4.809 pezzi, e della nuova ZX-10R, diciannovesima assoluta ma seconda tra le supersportive da un litro di cilindrata, si immatricolarono 1.823 esemplari.
Ma Kawasaki lanciò il classico sasso nello stagno anche nel segmento naked, lanciando non una nuova Z600, come la moda allora praticamente imponeva e francamente tutti si attendevano, bensì una valida 750 ispirata alla Z1000, quindi con motore a 4 cilindri e a iniezione. E ci azzeccarono alla grande, visto che la Z750 a fine 2004 figurava quarta assoluta nelle vendite, con 5.870 immatricolazioni.
Ma da Akashi stupirono anche i cultori del mondo custom e contemporaneamente quelli dei motori bicilindrici, presentando la VN2000, dotata di un V2 da 2.054 cc, subito decretata regina della categoria cruiser/custom a due pistoni.
Hyosung
Da sottolineare anche l’esordio milanese di due inedite medie cilindrate proposte dalla sud-coreana Hyosung, condividenti il medesimo motore bicilindrico a L di 90° raffreddato a liquido e con testate bialbero ad 8 valvole, da 647 cc e 80 cv: la piacevole naked Comet GT – senza dubbio ispirata alla omologa Suzuki SV, con la quale tuttavia non condivide nemmeno una vite - e la senz’altro originale cruiser Aquila. Due moto oggi ancora in listino, affiancate da altre versioni, anche di cilindrate differenti.
Kymco, Malaguti e Sachs
In bella mostra la versione praticamente definitiva del maxiscooter Xciting 500, con un corposo motore monocilindrico da 43 cv dichiarati, e forcella motociclistica a doppia piastra.
Esordio dunque parallelo a quello dell’omologo scooterone GT della nostra (purtroppo defunta) Malaguti: il corpulento e confortevole Spyder Max dal voluminoso “bagagliaio” sottosella trasversale, spinto dal tetragono monocilindrico Piaggio Master 460 a iniezione da 39 cv incastonato in un solidissimo telaio pressofuso in alluminio, anche qui con forcella a doppia piastra, ma con ruote da 16”.
Ma allo stand del Costruttore bolognese ricompariva anche il mitico “tubone” Fifty 50, in livrea nera ed oro, naturalmente con motore a 2T con o senza cambio, sella scamosciata ad un posto e mezzo, freni a disco e marmittino ad espansione.
Aria di nostalgia, quindi, condivisa con lo storico marchio tedesco Sachs, che interpretava il “tubone” a modo suo presentando un estrosissimo giocattolo denominato Mad Ass, dotato di un cinquantino a 4 tempi con cilindro orizzontale a 4 marce. Tra l’altro, nel marzo successivo Sachs stupì ulteriormente tutta la stampa specializzata, invitata a provare il Mad Ass (“culo pazzo”, per la cronaca) in un luogo che definire “suggestivo” è riduttivo: una miniera di sale a 700 metri di profondità, nei pressi di Lipsia, trasformata praticamente in un grande parco di divertimenti/labirinto sotterraneo!
KTM
Altro importante debutto, all’EICMA 2003, fu quello della sempre più attiva KTM nel mondo delle maxi-naked stradali, seppur con netto anticipo sui tempi di industrializzazione e consegna. Stiamo parlando della arrabbiatissima 990 Duke, col motore LC8 bicilindrico a iniezione a cubatura “piena” di 999,8 cc, che però venne commercializzato nel 2005. Una moto incredibilmente divertente, anticipata però sul mercato dalla non meno esaltante motardona SM950 col motore a carburatori delle maxi Adventure, il cui prototipo in effetti era stato esposto all’EICMA del 2002.
Moto Guzzi
E a Mandello, che aria tirava? Beh, nel settembre 2003 Moto Guzzi presentò a Milano la bella Breva 1100, progenitrice di una nuova generazione di maxi da diporto. Una moto ambiziosa, che vantava l’esclusivo “cardano reattivo compatto” CA.R.C., che riduceva al minimo i saltellamenti e l’effetto sollevamento posteriore in accelerazione. E sotto il cui grosso serbatoio batteva naturalmente il mitico V2 Guzzi a 90° con testate a 2 valvole per cilindro - con 84 cv a 7.800 giri e 8,8 kgm di coppia a 6.000 - con coppa dell’olio e alternatore nuovi e alleggerimenti interni, in particolare a bielle e pistoni, per ridurre le inerzie e godere di maggior prontezza.
Quanto alla interessantissima Griso 1100, presentata l’anno prima all’Intermot di Monaco, venne riproposta anche a Milano, ma si dovette attendere fino a metà 2005 per vederla dai concessionari.
Piacevole anche la versione “Coppa Italia” della naked sportiva V11, in livrea tricolore per celebrare la sua partecipazione - con tanto di kit di racing di derivazione MGS-01 - al Campionato Italiano Naked allora in vigore.
MV Agusta
Ma non furono solo le Case giapponesi a creare scalpore con le loro nuove superbike stradali: la stessa MV Agusta espose alla gran kermesse milanese l’attesa F41000S, sorella gemella della 750 ma con motore - sempre a 4 cilindri - da 952 cc, con 166 cv dichiarati a 11.000 giri e 192 kg di peso a secco. Moto chiaramente ammiratissima della quale, manco a dirlo, era già stata allestita una preziosa versione speciale da 40.000 euro, con aspirazione a geometria variabile, componentistica di alto livello e ben 180 cv: la F4 1000 Tamburini, che sarebbe stata realizzata in 300 esemplari, in evidente omaggio a uno dei nostri più celebri “cervelli” motociclistici, papà della Ducati 916 e di tante altre magnifica motociclette Ducati ed MV: Massimo Tamburini, appunto.
Gruppo Piaggio
Da Pontedera arrivò al Salone il nuovo motore Quasar 250, un brillante monocilindrico da 22 cv discendente del già noto Leader, già dotato di catalizzatore e destinato ad equipaggiare svariate centinaia di migliaia di scooter, Piaggio e non, in giro per il mondo.
Ma la vetrina Milanese segnò anche l’apparizione ufficiale dell’interessante Nexus 500, maxiscooter sportivo marchiato Gilera che tuttavia era già in commercio da pochi mesi.
Spinto anch’esso dal Master da 460 cc a iniezione elettronica da 40 cv, il Nexus godeva di una sospensione posteriore dotata di puntone per la regolare dell’altezza del retrotreno, e sfiorava i 160 km/h. E l’anno seguente, con 2.973 esemplari immatricolati, si piazzò 31° in classifica assoluta, e 11° tra gli scooter.
Suzuki
Se Honda e Kawasaki avevano sfoderato due nuovi pezzi da novanta nel segmento superbike da un litro di cilindrata, Suzuki per la stagione 2004 si era invece dedicata al rilancio delle sue celebri supersport “piccole” (si fa per dire, naturalmente), ovvero le gemelline GSX-R600 e 750, strettamente ispirate all’ultima versione della 1000. Un vero cavallo di battaglia, la 750, per Suzuki, unico costruttore a credere fermamente in questa cilindrata nel segmento delle carenate coi mezzi manubri, fin dal lancio della mitica, leggerissima GSX-R750 del 1985, a lungo mattatrice nelle competizioni per derivate di serie.
Ma nel 2003 arrivò anche l’attesissima Suzuki V-Strom 650, che sarebbe stata disponibile dal successivo mese di novembre al prezzo promozionale di pochissimo inferiore ai 7.000 euro (8.590 il prezzo dell’attuale modello, con ABS). Praticamente identica alla 1000, dalla quale differiva solo per lo scarico a terminale singolo anziché doppio, quella che allora era l’unica antagonista dell’eterna Honda Transalp godette subito di un buon successo commerciale: nella classifica vendite del 2004, anno in cui il best seller fu la Honda Hornet 600 (9.725 immatricolazioni), la V-Strom risultò infatti la 14esima moto più venduta, con 2.074 esemplari immatricolati contro i 3.281 della stessa Transalp 650 (ottava assoluta).
Triumph
Quanto al Made in England, e chiaramente alludiamo a Triumph, il giustamente ambizioso Mr. John Bloor decise di stupire il mondo presentando la moto più “grossa” mai costruita in serie.
E se in Kawasaki si erano illusi di aver appena conquistato il primato della maggior cubatura con la VN2000, ecco arrivare a sorpresa da Hinckey l’incredibile Rocket III (denominazione mutuata dall’omonima BSA di 35 anni prima), mastodontica megacruiser da 320 kg spinta da un motorone a 3 cilindri longitudinale da 2.290 cc (763 cc per pistone!) con in corpo 140 cv, ma soprattutto con la stupefacente coppia massima di oltre 20 kgm a soli 2.500 giri (ma a 1.800 i kgm erano già 18)!
Ben più in sordina, a questo punto, fu l’esordio della bella Thruxton 900, bella café racer basata sulla Bonneville che segnava anche l’aumento di cilindrata del “parallel twin” inglese da 790 a 865 cc, sempre con alimentazione a carburatori, ma con una settantina di cv dichiarati.
Yamaha
E concludiamo con i “3 diapason”, quindi Yamaha, particolarmente prodiga di novità a Milano 2003. Al cui stand venne svelata anche la nuova R1: 172 cv per 172 kg per il rinnovato missile di Iwata, anch’essa dotata di un motore completamente rivisto - sempre a 5 valvole per cilindro - e con l’inedito scarico doppio sotto al codino: a fine 2004 sarebbero stati 4.462 gli esemplari immatricolati (seppur comprendenti anche il modello uscente) della R1, settima moto più venduta in assoluto. Altra novità Yamaha all’esordio milanese, sebbene già provata dalla stampa poche settimane prima, la completamente rinnovata FZ6 Fazer sarebbe arrivata ai concessionari a fine Salone al prezzo di 7.790 euro. Mentre la primavera successiva sarebbe stata commercializzata anche la versione naked. Entrambe le FZ6 erano caratterizzate da un inedito telaio in alluminio, pressofuso e senza saldature, e dal motore quadricilindrico da 600 cc derivato dalla supersport R6, depotenziato a 98 cv a 12.000 giri. Il bilancio commerciale 2004 sarà molto positivo per le due nuove “medie” di Iwata, accomunate al 2° posto assoluto con ben 9.548 unità vendute (con buona prevalenza per la naked).
Nuove anche le XT660R, enduro monocilindrica,e la supermotard “urbana” XT660X: quest’ultima figurerà al 33° posto (1.185 immatricolazioni) nel consuntivo moto 2004, ribadendo il maggior interesse dell’utenza verso la categoria delle “enduro modificate”: la XT660R, infatti, non comparirà tra le prime 50 moto vendute quell’anno.
Ma non finisce qui: al famosissimo Majesty 250, decano degli scooteroni Yamaha, si affiancava infatti il corpulento ed elegante 400, dotato di un robusto telaio bitrave in alluminio pressofuso ed acciaio. Anche il degno e logico anti-Burgman, che montava un nuovo monocilindrico bialbero a 4 valvole da 34 cv alimentato ad iniezione, risultò molto ben accetto dal mercato, visto che a fine 2004, grazie alle 9.152 immatricolazioni, risultò 6° nella classifica vendite scooter, e 8° in assoluto, proprio davanti all’omologo Burgman.
Tutto quanto sopra portò ad un consuntivo commercialeche al 31 dicembre 2004 registrò un aumento delle immatricolazioni di circa il 3,3% rispetto all’anno precedente, grazie alle 17.112 moto vendute, mentre il settore scooter accusò un calo di 3.207 unità.