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Vecchia roccia, anche questa volta pareva avercela fatta e invece arriva la pessima notizia da Ibiza: Angel Nieto è morto. Per la Spagna è una perdita enorme, lui era un personaggio carismatico e un grande protagonista del secolo scorso, dagli anni bui di Francisco Franco fino al grande rilancio economico e sociale del Paese. E per l’intero motociclismo è una leggenda che se ne va. Tredici titoli mondiali nelle piccole cilindrate: per forza, perché la Spagna degli anni Sessanta costruiva soltanto moto di ridotta cilindrata.
Angel aveva fame e classe. La sua vita un romanzo. Lasciò la famiglia e attraversò la Spagna da nord a sud per entrare alla Derbi che aveva solo sedici anni, voleva lavorare nelle moto perché la passione era quella; era sveglio e riuscì presto a farsi inserire tra i meccanici della squadra corse. E quando per caso gli fecero provare una 50, fece subito dei gran tempi e divenne lui il pilota ufficiale. Il più giovane nella storia a conquistare il titolo mondiale della minima cilindrata.
Come pilota era abilissimo, deciso, qualche volta anche spietato. Furbissimo: seppe vincere gare impossibili ingannando l’avversario e qualche volta finì a pugni. Tutti i piloti spagnoli si sono ispirati a lui. Giacomo Agostini gli era amico, e la cosa era semplice perché non furono mai rivali diretti, e poi era facile andare d’accordo con Angel perché era allegro, affettuoso, comunicativo, sempre pronto a scherzare e far festa. Però era tutt’altro che ingenuo, era abile negli affari e capace di coltivare i rapporti di amicizia.
Per tanti anni gli ho fornito le sigarette: lui aveva ufficialmente smesso di fumare, io non ancora ed entrambi facevamo i telecronisti. Tra una gara e l’altra, fuori dalle cabine di commento, scambiandoci le impressioni su quello che era appena accaduto, lui mi chiedeva se per caso avessi una sigaretta in più. Ti lanciava quel suo sguardo furbo, era difficile dire di no ad Angel Nieto. E io gli avrei dato anche l’intero pacchetto: era la leggenda più simpatica del mondo.