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Il responsabile della sicurezza dei GP per conto della FIM (e riferimento per i piloti fin dal 1993) è nato a Civitanova Marche il 9 marzo del 1955; io lo conosco dalla sua prima vittoria in pista (a mie spese), 1974, Misano, SFC Laverda.
Ne ha fatta di strada: il campione del mondo della classe 500 1982 (Suzuki del Team Gallina) oggi è un manager importante del nostro mondo, del massimo campionato velocità. “Ma ragiono ancora da pilota” dice.
Lo chiamo per gli auguri. Franco non è in Qatar, ma in Italia.
“Sì, di solito ai test non ci vado, ma ora sono in partenza: sarò a Losail per i test di questa settimana, tonerò a casa sabato o domenica, poi naturalmente tornerò in Qatar dal 23 per le due gare a cavallo tra marzo e aprile. Tanti tamponi, dici? Credo di essere arrivato al trentasettesimo…”
Contento degli auguri, contento di sentirmi. Uncini si dice soddisfatto dei feed back circa le nuove luci del circuito di Losail: sono passati ai led, molto più potenti, era tutto da verificare, due cosette da sistemare e anche i piloti sono positivi.
“Ora devo fare l’omologazione: hanno preparato una sala comandi dalla direzione gara, possono aumentare o diminuire l’intensità dell’illuminazione. Un gran bell’impianto”.
I primi due GP in notturna, in Qatar, ok; ma il calendario potrà essere rispettato davvero?
“In Portogallo, terza prova, sembra proprio che si riesca a correre. Il Paese è incasinato, ma la nostra bolla è una garanzia: ha funzionato bene nel 2020, abbiamo il favore dei governi, che è la cosa più importante. Certo, si vive fuori dal mondo, solo pista e hotel, solo gruppi omogenei e testati, è dura ma si può fare. In linea di massima per il calendario 2021 sono tranquillo, credo che si possa fare tutto quello che è stato previsto”.
Sono curioso di sentire cosa pensa Franco Uncini dei due massimi protagonisti della MotoGP, Maquez e Rossi: entrambi, per ragioni diverse, in una fase cruciale della loro carriera.
“Marc ci manca, è forte. Gira la voce che si possa presentare al primo GP in Qatar? Posso dire soltanto che al momento figura tra gli iscritti, non è stato già sostituito. La certezza che possa correre fin dalla prima gara non ce l’ho, ma le notizie che arrivano sono positive, sta recuperando la forma”.
Di Valentino Franco è entusiasta, ammira la sua grande voglia e il suo infinito amore per la moto.
“Non ha mai cercato i tempi nei test invernali, come del resto nelle prove libere: lui ha sempre lavorato per le gare, prova, seleziona, e al momento giusto c’è. Non c’è da preoccuparsi se oggi pare in ritardo, è ancora veloce, voglio vederlo in pista e la sua passione è grande”.
Cosa vuol dire ragionare ancora da pilota anche se sei un manager di ormai sessantasei anni? Che Franco Uncini mentalmente resta un pilota, che si immedesima in quel ruolo anche se ora fa un altro lavoro.
E cosa gli resta di una carriera decennale nel massimo campionato della velocità, iniziata nel ’76 con le Yamaha 250 e 350, culminata con il titolo dell’82, passata attraverso il terribile incidente dell’83 ad Assen, conclusa di fatto alla fine della stagione 1985?
“L’entusiasmo per la vittoria, anzi di tutte le vittorie e in particolare di quella del mondiale 1982, con la gioia incredibile di veder crescere il castello, successo dopo successo, fino al titolo”.
Gli chiedo quale moto l’ha impressionato di più. Cita il violento impatto con la Yamaha 750 per la 200 Miglia di Imola, quando era pilota delle categorie intermedie. E poi con la Suzuki RG 653, altra bella belva degli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta. Ma non dimentica la sua prima gara in 500, con la mia RG a Imola per la Coppa delle Nazioni 1978. Io non ero stato selezionato, lui giustamente sì.
“Abbiamo condiviso un bel periodo, gli anni Settanta sono stati davvero speciali. Qualche volta penso che sarebbe bello ricominciare da capo e rivivere di nuovo quell’epoca”.