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La storia di Moto.it comincia 20 anni fa. Ci può raccontare com’è cambiata Dorna, e quali sono stati i passaggi più rilevanti della MotoGP dal 1997 al 2017?
«Io sono in Dorna dal 1992, dunque sono passati 26 anni. Voi siete nati quando noi ancora non immaginavamo nemmeno di arrivare dove siamo oggi, ricordo che proprio in quegli anni, ‘97-98, si parlava di passare dalla Classe 500 alla MotoGP. Proprio dal 1998 (allora eravamo proprietà di Banesto, Banca Spagnola) per noi è cambiato tutto, quando c’è stata l’operazione di management buy out con CVC Madrid. Lì abbiamo cominciato a pensare le cose in maniera diversa. Prima si lavorava anno per anno, senza una visione di medio e lungo termine; ma con il passaggio a CVC Madrid e poi quello successivo del 2006 a Bridgepoint Capital Partner (e dal 2012 anche The Canadian Pension Plan Investment Board), il fatto di essere solidi e pianificare le attività in maniera più strutturata, ci ha portato a un vero cambiamento. Dal punto di vista del campionato i passaggi chiave possiamo riassumerli così: prima quello dalla 500 alla MotoGP, poi quello importante da 250 a Moto 2 e infine da 125 a Moto 3. E l’anno scorso, il nuovo accordo tecnico commerciale con le Case e i team indipendenti della Motogp. E ancora dobbiamo senz’altro menzionare, dopo la morte di Kato, la costituzione della Commissione di Sicurezza, per essere più vicini ai piloti e per avere con loro un dialogo e un confronto sempre aperti».
«L’evoluzione degli ultimi anni è stata fortissima per tre cose insieme: il cambiamento tecnico, l’incremento (soprattutto nell’ultimo anno) del contributo Dorna ai team della MotoGP, e in misura minore anche agli altri, e infine l’accordo con le Case sul prezzo massimo di vendita delle moto. Grazie a tutto ciò abbiamo mantenuto un livello di competitività e di spettacolarità molto alto. Un altro passaggio molto importante è stato quello dalla TV libera alla Pay TV nelle nazioni più importanti. La grandissima parte del budget necessario alle TV era portato dagli sponsor, ma poi tutti quegli spot davano fastidio; oggi in un certo senso siamo noi di Dorna gli sponsor, e giriamo il maggior ricavo come contributo ai team indipendenti, ridistribuendo una parte dei ricavi della Pay TV stessa».
Come si svilupperà la MotoGP, magari guardando ai prossimi 20 anni?
«Io spero di non essere qua tra vent’anni: ne ho 71, e non mi vedo ancora qui tra altri venti... A parte gli scherzi, noi non guardiamo le cose così lontano: quello che posso dire con certezza è che non accadrà nulla di straordinario fino al 2021, grazie all’accordo tecnico che abbiamo stretto con le Case. La cosa più importante nella nostra organizzazione, infatti, è che non sono le singole organizzazioni a poter cambiare le regole, come accade in quasi tutti gli altri ambiti. Qui si cambia solo se c’è un accordo assoluto - unanimità o niente - tra i membri della GP Commission: FIM, IRTA (associazione dei team n.d.r.), MSMA (associazione delle Case n.d.r.) e Dorna. Soltanto allora le cose possono cambiare. Grande stabilità: ecco perché possiamo affermare con sicurezza che fino al 2021 le regole tecniche della MotoGP resteranno queste. Si cambierà il fornitore dei motori della Moto2 nel 2019, da Honda a Triumph, poi cercheremo il modo di ridurre i costi della Moto3. Successivamente vedremo, dipenderà da cosa chiedono i costruttori. Ma di sicuro non modificheremo nulla se non saremo sicuri che non si perderà competitività e spettacolarità. Un’altra cosa certa è che non torneremo più al concetto di libertà assoluta, dove chi ha più soldi poi …spacca tutto. Questa è una mentalità che dobbiamo avere al di là della crisi mondiale, anche se poi va detto che da quando sono qui ho sempre sentito parlare di crisi, anche da chi andava benone. Del resto, abbiamo perso i brand del tabacco e molti si disperavano, ma alla fine tutto si è risolto».
E riguardo alle moto elettriche?
«Le moto elettriche le facciamo, perché abbiamo i diritti e le dobbiamo fare: sarà una categoria in continuo e veloce sviluppo, ma oggi non la vedo assolutamente come sostitutiva della MotoGP, solo complementare. E’ un campionato che vogliamo fare bene, con una ricarica di energia pulita, con gare vere, corte, dove l’obiettivo è quello di spingere al massimo e non di cercare di arrivare alla fine della corsa e consumare meno batteria. Pensiamo di inserire la corsa tra il warm up della MotoGP e la partenza della Moto 3, circa dieci giri al massimo, e di affidare la gestione ai team indipendenti della MotoGP. Dovrà essere un campionato diverso dalla Formula E: noi abbiamo un’idea completamente diversa, non vogliamo gestire un business ma uno sport, non vogliamo fare un giorno speciale per le moto elettriche, il nostro dev’essere un campionato interessante per gli spettatori sul posto e per le nostre televisioni. Diciamo la verità: la Formula E oggi non la guarda nessuno, anche se si dice che è un grande successo. Per questo ci sarà una moto unica (che ancora si deve scegliere, tra una italiana e una americana n.d.r), perché puntiamo sullo spettacolo, sulle gare, sui piloti. Questa è la nostra concezione».
E il motore unico non va contro il principio di dare alle Case la possibilità di utilizzare le corse come acceleratore per lo sviluppo di motori sempre migliori?
«Vogliamo che il motore sia fornito da uno o due fornitori perché se dessimo totale libertà alle Case di sperimentare andremmo sicuramente a togliere spettacolarità alle gare. Vincerebbe sempre chi ha più soldi da investire».
Con l’aumento del numero delle gare siete andati anche alla ricerca di nuovi Paesi in cui correre?
«Noi abbiamo stabilito delle regole, diverse da quelle della Formula 1: non abbiamo mai chiesto a un Paese di ospitare una gara. Corriamo solo dove ci chiedono di andare e dove ci sono le condizioni tecniche ed economiche per farlo, non daremo mai dei soldi ad un Paese per correre lì; prendiamo in considerazione chi ci invita (e non il contrario) e valutiamo se ci sono le condizioni necessarie per correrci. L’unica eccezione sono stati gli Stati Uniti, che avevano un problema di omologazione. Questo ha richiesto il nostro intervento, ci siamo mossi moltissimo per riuscire a trovare il posto corretto in cui correre: Laguna, Indianapolis, Texas….»
«Se, come prevediamo, nel 2018 avremo 19 gare e poi l’anno dopo forse 20, certamente prenderemo in considerazione nuovi Paesi. Abbiamo varie negoziazioni aperte. In Cina stiamo parlando con un signore che vuole costruire un nuovo circuito, sempre che la Cina voglia venire alle nostre condizioni. L’India? Sì, sarebbe interessante, ma ad oggi non ha ancora un circuito giusto, e poi là ci sono grandi problemi con le tasse doganali, che possono essere insopportabili a tal punto da pretendere di pagare il 30% del valore di tutto quello che entra nel loro Paese per poi non restituirlo. Anche in Indonesia c’è un bel progetto, ma per ora le cose procedono lentamente: abbiamo raggiunto un accordo con il loro Governo, ma non c’è il circuito adatto. Stiamo negoziando in South Sumatra, mentre Sentul (dov’era la F1 n.d.r.) lo escludiamo, sarebbe inaccettabile».
Il modo di usufruire dei contenuti televisivi da parte del pubblico sta cambiando rapidamente. I programmi si guardano a comando, senza un palinsesto, e ci si allontana sempre più dall’apparecchio televisivo, sostituito da tablet, pc e smartphone. Tutto questo cambierà anche il format delle gare? Ci state pensando?
«Dobbiamo essere molto attenti, e lo siamo, per capire i cambiamenti in corso. Sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici, tecnologici, sia per quelli commerciali. Il format delle gare nel tempo è cambiato e cambierà ancora sicuramente, ma la cosa più importante è mantenere sempre lo spettacolo. Se ci riusciremo, allora gli spettatori ci seguiranno sempre e con loro anche i contratti commerciali. Tutto cambia in fretta, ma al centro c’è lo spettacolo, il bello della MotoGP è che la gente la vede perché piace. E per questo cercheremo sempre di tutelarlo, che sia sulle TV libere o sulle PayTV. Già oggi, anche le compagnie telefoniche sono sempre più interessate al nostro prodotto. Il mondo sta cambiando velocemente, ma noi siamo sempre là. Pensate solo al fatto che con tutti gli sport che esistono e che vorrebbero un loro canale dedicato, oggi ci sono riusciti solo il calcio (ovviamente), poi la F1 e la MotoGP. Siamo sul podio dei primi tre (in realtà altri sport hanno un canale dedicato, vedi il tennis, ecc. n.d.r.). Dove eravamo nel ’92? Al ventiquattresimo posto. Ancora ci sono quelli che mi dicono “ma io voglio vedere le gare gratuitamente!”. Ma non sono mai state gratuite le gare: prima con la Rai e le TV nazionali pagavano i cittadini attraverso le tasse, poi con le TV commerciali pagavano con gli spot, e la gente si perdeva pezzi di gara a causa di tutti quegli spot. Dieci euro al mese sono tanti? E quanto costa una birra? E poi perché le gare dovrebbero essere gratuite?».
In questi anni la guida della moto è molto cambiata, piloti come Rossi e Márquez sono stati capaci di reinventare stili di guida sempre più efficaci e di adattarsi allo sviluppo dei motori, dei telai e dei pneumatici. Che tipo di pilota vede nel futuro?
«Per me il pilota è sempre al centro. Quello del futuro dovrà poter contare su una sicurezza sempre maggiore, perché se è vero che alcuni riescono a fare la differenza capendo prima come sfruttare meglio gli sviluppi tecnici, poi gli altri gli sono sempre comunque vicini, e questo dimostra che tutte le polemiche che nascono quando introduciamo nuove tecnologie che rendono le gare meno pericolose sono inutili. Lo si è sempre visto: quando abbiamo introdotto il traction control , per molti ci sarebbe stato un peggioramento dello spettacolo; e oggi vediamo invece che lo spettacolo è cresciuto, è meraviglioso, e ad abbassarsi è stato soltanto il numero dei feriti. I piloti restano sempre al centro dello spettacolo, e avremo sempre un Rossi, un Barros o un Mc Williams. La carta d’identità qui non è un elemento di selezione. Il livello dei piloti è altissimo, e il pilota più lento della Moto 3 oggi è un ragazzo che sa andare in moto come una bestia e in pochi anni può arrivare al top della specialità. Qui arriva solo il meglio, anche se non è sempre stato così: ricordo per esempio quando Doohan nel ‘92 si lamentava del comportamento dei doppiati. Erano discussioni. Oggi non è più così. Certamente Valentino ha fatto una cosa straordinaria, ha saputo creare interesse verso il motociclismo anche da parte di un pubblico che prima non era interessato alle nostre gare, e che probabilmente continuerà a guardarlo anche dopo che lui si sarà stancato di correre. Ogni anno facciamo il record, ci sarà un calo, ma i numeri resteranno molto alti».
Vedremo mai nel motociclismo le Case che comprano i circuiti per sviluppare il loro business, come accade nel calcio? Vedremo mai Dorna organizzare sfide tra MotoGP e Superbike, come accade tra Champion’s League ed Europa League?
«No, non potrà accadere mai. Il business nel Motorsport è sempre stato diverso da quello del calcio, che è sempre dipeso troppo dai diritti Tv, e solo recentemente ha compreso che tutto ciò non basta più. Il calcio chiedeva agli sponsor cifre troppo basse, che oggi non sono sufficienti per mantenere in attivo le singole società. Nel Motorsport, invece, già per cominciare non hai bisogno soltanto di un pallone. Ti serve una moto e ti serve un meccanico, che costano parecchio. Quindi fin dal principio le squadre sono abituate a trovare sponsor veri, capaci di sostenere i costi di una stagione».
«L’altra grande differenza con il calcio è che noi qui decidiamo le cose tutti insieme, come spiegavo prima, e questo ci dà un enorme vantaggio rispetto agli altri sport in cui ciascuna federazione e ciascun Paese possono dire la loro parola od organizzare i loro tornei per il proprio business. Noi non vedremo mai una Super Coppa Europea del motociclismo. Che senso avrebbe far correre insieme la MotoGP e la Superbike? Mi lascia molto perplesso quando la FIFA fa incontrare il vincitore della Champion’s League con quello della Europa League, che è fatta da chi non si è classificato per la Champion’s, oppure ne è stato escluso nelle fasi iniziali. Che senso ha? La realtà è che le gare di questo tipo sono assurde, e sono fatte perché interessa vendernee i diritti, ma qui da noi non si fa così. Non c’è nessuno che guida veramente il calcio. Noi non vogliamo copiare nulla dal calcio per come è gestito e raccontato, ci piace solo per lo spettacolo che offre. Qui non ci sono dubbi sul fatto che la MotoGP sia la prima divisione e la SBK la seconda: di un valore straordinario, certo, ma comunque riservata alle derivate di serie. Questo è il valore di una gestione integrale, la nostra, che è fatta prima di tutto da FIM, poi IRTA, poi MSMA e infine noi di Dorna: tutti insieme decidiamo cosa ci serve e cosa no, come e quando farlo. Non esiste nulla di simile nel calcio».
Carmelo Ezpeleta, cosa si sente di garantire per il futuro della MotoGP?
«Fin da piccolo ho una passione immensa per questo mondo. La stessa che ha Rossi per correre in moto, Federer per giocare a tennis o Buffon a calcio. Ed è una cosa che ho portato in Dorna. Qui tutti sanno che noi facciamo sport e non marketing. Dalle prime prove alla gara si fa solo sport, se il risultato è interessante, allora si può vendere, altrimenti smetto di farlo. La griglia è un posto speciale, dove ventitrè persone sono disposte a partire per andare a trecento all’ora cento metri dopo, battagliando tra loro. Non ho mai portato nessun politico a salutare un pilota in griglia: dobbiamo rispettare i piloti, per questo è importante parlare sempre con loro e ascoltarli. I nostri azionisti sanno bene come ci muoviamo, e sono d’accordo per mantenere questo spirito. Starò qui finche gli azionisti lo vorranno: Dorna è un team, dal 1992 sono sempre stato presente a tutte le gare, senza perderne una, soprattutto perché mi piace farlo. Conosco bene la gente che lavora qui, è preparata e saprebbe cosa fare anche se io non fossi più presente nei circuiti. Ogni anno cambiamo qualcosa perché parlando con i piloti nascono nuove esigenze: da quest’anno, per esempio, ogni venerdì alle 16 ci riuniamo e siamo quattordici persone per analizzare l’ultimo GP e immaginare come far meglio. E finiamo sempre per parlare della gara e di quello che è successo, perché prima di tutto siamo appassionati. I piloti corrono le gare, sono il valore delle corse. Salvaguardando la competitività tecnica, continuando a migliorare la sicurezza e mantenendo inalterata la nostra passione, noi, insieme ai piloti, renderemo le gare sempre più interessanti ora e in futuro ».