Casey Stoner compie 33 anni

Casey Stoner compie 33 anni
Una carriera fulminante, un ritiro anticipato entrato nella leggenda, il rimpianto dei fan e un futuro incerto
16 ottobre 2018

Gone Fishin’. Andato a pescare, come sui cartelli che si appendono, più o meno scherzosamente, sulle porte dei negozi come a dire “Torno subito”, è stata la segnalazione sulla tabella al muretto all’ultima gara del 2012. Purtroppo, però, a differenza dell’assenza indicata in quei cartelli, l’addio di Casey Stoner alle gare – alla fine della stagione 2012, appunto – è stato definitivo, gettando nello sconforto tutti i fan della sua guida spettacolare, incredibile nel suo interpretare – qualcuno direbbe piegare, come fossimo all’interno di Matrix – le leggi della fisica.

Stoner non è mai stato un pilota come gli altri. Talento incredibile, ha imparato a guidare la moto di traverso quasi prima di camminare. Da allora, come è successo per altri sportivi della sua levatura, è stato gestito, spinto, sottoposto ad una pressione incredibile da una famiglia che ha sacrificato tutto, ha scommesso tutto su di lui e sulla sua velocità, facendo una vita da zingaro che lo ha portato ad approdare al Motomondiale.

Quella vita di sacrifici, proseguiti quando è arrivato in un mondo spietato come quello delle corse professionistiche, ha forgiato un carattere scontroso, diffidente, geloso dei propri spazi. Una volta, uno dei responsabili della comunicazione che ebbe a che fare con Casey, lo descrisse fra il serio e il faceto con un “Non è che Stoner ogni tanto si incazzasse. Stoner è nato incazzato”. E proprio questa sua personalità fortissima, almeno nella sua proiezione verso l’esterno, è stata quella che ha diviso gli appassionati. O lo si amava, spesso attribuendo a lui e solo a lui tutti i meriti dei suoi successi, o lo si odiava, sminuendolo e spostando sul pacchetto tecnico il reale merito dei suoi due titoli iridati in classe regina.

Casey Stoner nel 2002 con l'Aprilia di Lucio Cecchinello
Casey Stoner nel 2002 con l'Aprilia di Lucio Cecchinello
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Ma Stoner naturalmente non ha debuttato in MotoGP. Passato dalla sua Australia alla Gran Bretagna, Casey fa due gare in 125, viene notato da Lucio Cecchinello e dal suo team GiVi-LCR, e corre con loro, con l’Aprilia, nel 2002 e 2003. La vittoria arriva al secondo anno, facendo comparire un “blip” sul radar di KTM, che lo ingaggia per l’inizio della sua avventura nella velocità. Con la ottavo di litro austriaca Stoner sale sei volte sul podio e vince una gara, poi torna all’ovile: il team di Cecchinello, ormai una seconda famiglia, dove torna per correre con la 250. Vince cinque volte, fa podio altre cinque, e si gioca il titolo contro Pedrosa.

Dal 2006 Casey passa in MotoGP con la RC211V privata del team LCR. Pronti, via: alla seconda gara, in Qatar, è in pole position. Alla terza, in Turchia, è sul podio. Va forte, ma cade tantissimo, tanto che il soprannome "Rolling Stoner" gli si appiccica addosso, e da quell’anno la sua diffidenza e la sua convinzione, probabilmente giusta, di essere sottovalutato dai media e dai partner tecnici raggiungono vette quasi paranoiche.

Stoner sulla Honda RC211V del team LCR
Stoner sulla Honda RC211V del team LCR

Durante la stagione, il padre, ancora manager determinato, spietato e rude come solo gli australiani sanno essere, bussa a tutte le porte cercando una sella ufficiale per Casey. Porte che però restano quasi tutte chiuse. Un po’ perché alcune squadre sono già al completo, un po’ perché non tutti gradiscono un pilota – o un compagno di squadra – scomodo come Stoner; ma anche perché le richieste economiche del padre sembrano del tutto sproporzionate al suo valore. Alla fine, quando anche la porta Yamaha si chiude, Stoner accetta il ripescaggio Ducati, che fa il colpaccio e se lo porta a casa per il tradizionale "pezzo di pane".

Stoner festeggia con il team il titolo iridato
Stoner festeggia con il team il titolo iridato

In Ducati però ci vedono lungo, e quando nel 2006 Stoner conquista tre vittorie in quattro gare lo bloccano con un bel contratto triennale. L’avventura con Ducati è fatta di amore e odio: mentre i suoi compagni di squadra falliscono inesorabilmente in sella alla Desmosedici, lui vince il primo titolo iridato per sè e per la Casa di Bologna. Però il progetto non va avanti, la moto non viene sviluppata quanto la concorrenza, e anche Stoner non può fare i miracoli. Continua a vincere, ma sempre meno e con più fatica. Arrivano i dissapori con Ducati e lo sponsor, la fuga in Australia per i problemi di salute, e a fine 2010 Stoner torna a ritrovare Livio Suppo in Honda.

A Tokyo Casey trova di nuovo un team disposto a credere in lui oltre ogni ragionevole dubbio. Shuhei Nakamoto, manager pragmatico e astuto, sa quanto vale Stoner e passa volentieri sopra alle sue idiosincrasie nei confronti degli impegni pubblici.
Il primo titolo è frutto di un dominio quasi uguale a quello visto con la Ducati, e il 2012 sembra un’altra passeggiata trionfale. Fino a quando, dopo aver smentito con rabbia le illazioni, Stoner dopo quattro gare annuncia un ritiro che lascia tutti di stucco durante la conferenza stampa a Le Mans. Poi la brutta caduta americana, il titolo che vola via, e un addio che per questo sa ancora più di incompiuto.

La vita di Stoner dopo le gare “vere” prosegue con serenità. Relax, una famiglia che finalmente può godersi, qualche gara con le auto e, ogni tanto, un giro sulla Honda MotoGP, perché Nakamoto continua – a ragione – a portarlo in palmo di mano per le sue doti di velocità. Poi qualcosa va storto, perché quando nel 2015 Pedrosa si fa male e Stoner si offre di sostituirlo per una gara, Nakamoto preferisce declinare l’offerta, e Casey non la prende bene. Poi la 8 ore di Suzuka e la bruttissima caduta causata da un guasto tecnico. E a fine stagione, prevedibilmente, Stoner se ne va sbattendo la porta.

Meno prevedibile il suo ritorno in Ducati, nelle vesti di collaudatore e testimonial. Ma anche in questo caso, l’amore non dura tantissimo. Sarà l’allergia di Stoner per gli eventi pubblici, sarà che Casey non si sente ascoltato come ritiene di meritare durante il suo lavoro di collaudo, fatto sta che le ultime notizie parlano di un divorzio con Ducati ormai praticamente ufficiale.

Oggi Stoner compie trentatré anni (è nato il 16 ottobre del 1985) e vive serenamente in Australia con la moglie Adriana e i due figli. La sua storia con il mondo della MotoGP è finita? Lo risposta la conosce solo Casey. Certo è che le due ruote a motore continuano ad attrarlo. E la nostra sensazione, anche se l’ipotesi di un rientro viene smentita sempre più nettamente, è che prima o poi lo rivedremo in sella. Nel frattempo, tanti auguri Casey!