Ciao Sic. Le parole di Nico Cereghini, Lucchinelli e Cadalora

Ciao Sic. Le parole di Nico Cereghini, Lucchinelli e Cadalora
Nico Cereghini e Marco Lucchinelli ricordano con parole commosse Simoncelli. Luca Cadalora aggiunge la sua analisi della caduta
22 ottobre 2011

Punti chiave


NICO CEREGHINI


Il silenzio, e anche la preghiera per chi crede in un disegno superiore. Ma è impossibile tacere se tutti ti chiedono una parola su Marco Simoncelli e il suo terribile incidente. Perché la verità è che tanti vogliono sapere di lui, della sua carriera e della sua morte, perché questo è un dramma che ha colpito proprio tutti.
A chi me lo chiede, io dico che Marco era un giovane uomo pieno di vita e di passione, un romagnolo cresciuto a pane e motori; ed era anche il talento più esplosivo del nostro motociclismo. Genuino, passionale, spontaneo in tutti i suoi gesti e nelle sue parole, si era saputo conquistare uno stuolo di tifosi. Gli volevano tutti bene. E adesso ci pare impossibile persino il pensiero: il pensiero che non vedremo più nel paddock i suoi capelli esagerati, non sentiremo più le sue battute ironiche e i suoi famosi “Dio bo’”. Per noi che siamo stati soltanto dei suoi amici saranno giornate piene di angoscia. E possiamo soltanto immaginare come soffriranno quelli che gli erano più vicini, come la sorellina Martina, la mamma ed il papà, la sua ragazza Kate. E tutto il team Gresini che stravedeva per lui, e Carlo Pernat che gli faceva da procuratore, e Paolo Beltramo che si sentiva un suo fratello maggiore, e Valentino che andava a girare alla cava con lui, e tutti gli altri e sono tantissimi che lo hanno accompagnato ridendo in questi ultimi anni. Con lui si rideva, ci si divertiva. E io personalmente mi tengo stretto il ricordo, tra gli altri, di quella volta, quando avevo appena espresso un parere sulla 125 disputata in soli 5 giri (a Donington, 2009) e l’avevo trovata tanto divertente da suggerire per il futuro un taglio drastico a tutte le corse di quella cilindrata; e lui era rientrato di corsa nello studio di Fuorigiri dal quale era appena uscito, e aveva afferrato il microfono e mi aveva sgridato in diretta: “Dio bo’, ma qui stiamo parlando del campionato del mondo, da un ex-pilota questa cosa non me la aspettavo proprio!”. Brillante, spontaneo, senza alcuna soggezione. E sempre interessante da ascoltare.

Sul suo terribile incidente posso soltanto sperare che lui non si sia accorto di nulla. Che dal “Dio bo’” gridato nel casco quando ha sentito partire definitivamente il retrotreno della sua Honda sia passato direttamente al buio, senza soffrire. E’ un pensiero al quale mi aggrappo con fiducia. Guardando le immagini che ci provocano tanto terrore, penso che la sua generosità lo abbia portato a tentare un disperato controllo anche quando ormai era troppo tardi; poi penso che la sua moto abbia preso una traiettoria casuale e sciagurata che lo ha lanciato verso il centro pista, e infine che Colin e Valentino non abbiano proprio potuto evitarlo. Una concatenazione di eventi imprevedibili e molto sfortunati. Il nostro è uno sport pericoloso, si è lavorato tanto sulla sicurezza per ridurre il rischio, piste e abbigliamento dei piloti sono stati evoluti nella direzione giusta; ma annullare del tutto questo rischio è impossibile. Marco ha pagato il prezzo più alto e una sola consolazione resta valida per noi: stava facendo quello che amava e niente altro lo avrebbe fermato.
Ho raccolto in queste ore le parole di Marco Lucchinelli e di Luca Cadalora.

MARCO LUCCHINELLI

“Ho passato con Marco due intere giornate poche settimane fa, al Legend Italian Tour organizzato da Dainese. Con lui sono andato in moto dal lago Maggiore fino a Torino, abbiamo piegato anche forte dove più o meno si poteva, e abbiamo sgommato insieme sulle piste dell’aeroporto. Il tondo più preciso, naturalmente, lo ha fatto lui. Abbiamo mangiato insieme, c’era anche Kate, abbiamo riso tanto e ci siamo conosciuti meglio. Ci assomigliavamo in tante cose, io mi rivedevo in lui: nella passione per la moto, nella capacità di divertirsi davvero. Credo che fosse un timido, in profondità; eppure era facile entrare nel suo cuore e allora lui sapeva aprirsi con entusiasmo. Molti fan volevano la sua firma, volevano fare una foto con lui ed io pensavo che dopo un po’ si sarebbe tirato indietro. Dopo una mezz’ora io ero già stufo. Invece lui era tutto il contrario, non si negava a nessuno. Adesso sono così angosciato che non trovo altre parole”.

LUCA CADALORA

“Ero dalla parte di Supersic anche quando gli spagnoli hanno sollevato il caso della sua presunta pericolosità. Ho subito pensato che quando uno va forte allora è visto con fastidio. Un gran talento in via di maturazione, così vedevo Marco. C’è sempre l’anno delle esagerazioni, per i grandi campioni; e subito dopo arriva la stagione della raccolta. Tra noi spesso diciamo che l’importante è venir fuori dal primo, e Marco invece non ce l’ha fatta. Adesso tutti vogliono sapere come è accaduto, perché cercare le spiegazioni serve a rassicurarci, però io credo che sia stata una concatenazione di eventi molto sfortunati e rari: lui, sbilanciato sulla moto e appoggiato all’asfalto, ha costituito una sorta di terza ruota e la moto si è comportata come un sidecar, direi, non come una moto classica. Tornando verso l’interno della curva. Credo anche che senza l’intervento dell’elettronica Simoncelli sarebbe caduto prima, quasi subito, venendo proiettato all’esterno e lontano dagli altri piloti. Invece è andata diversamente. Ho guardato e riguardato le immagini: mi pare sia stato urtato dalla moto di Edwards, dalla sua ruota anteriore, che lo ha in qualche modo fermato nella scivolata; e poi probabilmente la ruota anteriore della Ducati di Rossi lo ha colpito alla base del casco sfilandolo dalla sua testa così violentemente da strappare il cinturino sottogola. Tutto in pochi decimi di secondo e quando le moto erano ormai fuori controllo. Adesso ci resta soltanto un grande dolore”.


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