Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
È successo che ho risposto al telefono e, come al solito, la Anto mi ha fatto ridere. È successo che ho detto di sì, che alle cose che ti piacciono solo di sì bisogna rispondere. E come conseguenza di queste due cose è successo che io, Moreno Pisto, anni 38 quasi 39, con acciacchi vari e record sportivi collezionati solo negli spogliatoi dei peggiori campi di terza categoria, dopo le qualifiche del Mugello ho premiato come testimonial di Tissot, timekeeper della MotoGP, Valentino Rossi. Valentino - NoveTitoliMondiali -TheGreatestofAllTime - Rossi. Come sia capitato ancora non l’ho capito. Lo sto scrivendo prima del GP di Misano per cercare di comprenderlo, tipo psicoanalisi. Vi parlerò di cose che quindi sembreranno non azzeccarci nulla come i bulletti, i drogati (di passione ma non solo), i colpi di fortuna e una figura di merda con Ezpeleta, il gran capo della Dorna. Bene, partiamo dall’inizio.
Che ho 38 anni quasi 39 l’ho già detto. Sono nato a Taranto, città che pare una balena spiaggiata in riva al mare. Bella ma bella, eppure in difficoltà. C’ho vissuto poco e tornato tanto. Ho cambiato 8 città nei primi 10 anni di vita perché mio padre lavora in banca e in quegli anni per fare carriera dovevi trasferirti. Io lo seguivo. Ogni anno arrivavo in una città diversa, cercavo di ambientarmi tra la diffidenza dei compagni di scuola che mi prendevano in giro perché non parlavo come loro, trovavo un modo per farmeli amici, e appena riuscivo a farmi accettare e ad ambientarmi bum!, dovevo ripartire e ricominciare daccapo. Erano i tempi in cui i terroni erano terroni, non c’erano ancora i migranti.
Fino ai 16 anni non ho avuto grandi passioni. Poi a 16 anni una professoressa di inglese mi fa scoprire Bukowski. Io lo leggo e penso: scusate, ma mi avete sempre detto che la letteratura sono Pascoli e Manzoni, e invece anche questa lo è? Perché se è così anch'io poso leggere un libro e anche io - soprattutto - posso provare a scrivere. Così mi appassiono alla cattiva scrittura e quando mi iscrivo a filosofia decido di propormi come collaboratore a un giornale. Abitavo a Montecatini Terme. A Montecatini c’erano le sedi locali di due testate storiche: la Nazione e Il Tirreno. La Nazione era l’istituzione, il quotidiano che vendeva di più. Il Tirreno era quello un po’ più da battaglia. E secondo voi quale scelgo io? Il Tirreno, chiaro. Non è che uno cambia 8 città in 10 anni e poi sceglie la strada più facile, evidente no? E questo è stato un colpo di culo. Perché alla Nazione i giornalisti erano tutti seduti, rassegnati, stanchi, categoria che poi ho imparato a conoscere bene, tromboni che credono di aver capito tutto e alla lunga ti fanno solo un po’ di compassione. Al Tirreno invece c’è una squadra di cronisti affamati. Io seguo quello che fa la cronaca nera, tale Alessandro De Gregorio: texani ai piedi, piombinese, alto e spigoloso, uno che mi fa capire subito una cosa. Una cosa fondamentale. Avete presente quando si dice che in provincia non succede mai niente? Ecco, non è vero. Se cerchi e scavi, succede di tutto. Con lui indaghiamo su tentati omicidi, omicidi, estorsioni, rapine. I marescialli dei Carabinieri e i Commissari di polizia ci odiano perché troviamo le notizie che loro vorrebbero nascondere, i carabinieri e i poliziotti semplici invece diventano nostri amici e ci passano quelle notizie. Io divento amico anche di trans, mignotte e spacciatori perché le notizie si trovano anche così e quasi ogni giorno buco la Nazione, ovvero trovo notizie che loro non hanno. E capisco che il giornalismo mi piace, mi piace assai.
Mi laureo. Salgo a Milano per fare un master. Entro a Panorama. Da qui alla sezione attualità di Donna Moderna. E mi specializzo nelle interviste. Perché? Perché a me i personaggi che intervisto dicono delle cose che agli altri non dicono. Facevo parlare i carabinieri e gli spacciatori, figuriamoci se mi imbarazzavo coi famosi... Jovanotti per la prima volta mi parla del presunto tradimento che aveva subito (e Il Corriere della Sera mi dedica una pagina intera), la Hunziker mi confessa che non faceva sesso da un anno, la Parietti che si sarebbe voluta fare Patty Pravo. E a me Style, allegato del Corriere della Sera, mi propone un contratto a tempo indeterminato. Uno che ha cambiato 8 città in 10 anni può dire di no a un cambiamento? No, non può. Però nove mesi dopo mi chiamano per un colloquio. Un nuovo magazine sta per nascere. Si chiamerà Riders. Ora, il Corriere era il Corriere, la Rizzoli era la Rizzoli. Riders era un giornale nuovo, con un format nuovo (motociclismo e lifestyle), di una Casa editrice che era appena uscita da una crisi enorme (la Rusconi). Anche qui il dilemma era: scegli la sicurezza o scegli la sfida? La sfida, ovvio. Ed e così che entro nel mondo moto.
A Riders, tra cambiamenti vari (miei e del magazine stesso), c’ho fatto 11 anni. L’ultimo, da direttore. E nel penultimo numero che ho firmato prima di passare a Moto e Automoto.it, chi era il protagonista? Valentino Rossi. Per la prima volta tutto il mondo che ha creato, dalla vicenda tasse a oggi, quindi la VR46, la Academy, il Ranch, è stato raccontato come mai era stato fatto. Come è potuto succedere che l’esclusiva l’ho avuta io? Perché nel mondo moto i miei carabinieri e spacciatori sono sempre stati gli uffici stampa, i manager, altri colleghi e così via, con i quali ho sviluppato rapporti di amicizia e di stima. Come, per esempio con Antonietta Montes, pierre di Tissot.
Anto è una forza, negli anni mi ha ospitato in vari eventi e vari circuiti. Mi ha visto passare da redattore a direttore, nei vari viaggi stampa organizzati dal suo brand abbiamo condiviso cene (in posti straordinari), vip village e situazioni assurde. Una riguarda anche il gran capo della Dorna, Carmelo Ezpeleta. Eravamo in albergo a Valencia. Io e lei avevamo le camere sullo stesso piano, prendiamo l’ascensore insieme per andare a dormire e ci accorgiamo che né la mia né la sua tessera funzionano per aprire le rispettive porte, si erano smagnetizzate. Allora torniamo indietro e in fondo al corridoio troviamo Carmelo Ezpeleta che sta cercando di entrare nella sua stanza senza riuscirci. Passandoci davanti, in inglese gli dico: «No, le carte non funzionano. Bisogna andare a cambiarle al primo piano», dove era la reception. Lui mi guarda stranito e si rigira a tentare di aprire la sua porta. Io rientro in ascensore con Anto e appena schiaccio il bottone per scendere mi rendo conto della figura di merda: avevo tradotto primo piano non con first floor ma con first plane. A Ezpeleta quindi avevo appena suggerito di andare a cambiare la tessera sul primo aereo! Ecco perché mi aveva guardato come fossi un pazzo.
Con Anto, su questa cosa, ancora oggi ridiamo come due cretini. Ed è per tutta una serie di scene del genere che quando ci vediamo o parliamo io e lei fatichiamo a restare seri. Quindi, quando mi ha chiamato per chiedermi se potevo essere il testimonial scelto da Tissot per premiare i piloti che avrebbero fatto la pole di Moto2, Moto3 e MotoGP al Mugello abbiamo riso un’altra volta. Ero da poco diventato brand manager di Moto.it, il sito leader di moto in Europa, e per lei era l’occasione giusta per farlo. Io ho accettato, dispiacendomi un po’ però, perché Anto proprio in quell’occasione non ci sarebbe stata: era a casa con una gamba ingessata e non avrebbe potuto assistere alla scena. «Se non mi mandi le foto secondo per secondo ti ammazzo» mi fa. Io le rispondo che si sarebbe persa il momento in cui l’orologio Tissot mi sarebbe caduto sul pavimento sfracellandosi al suolo davanti a telecamere di svariati Paesi. Cosa probabilissima, conoscendomi.
Fatto sta che il sabato mattina partiamo per Firenze in treno da Milano io, Stefano Carrara, brand manager di Tissot, il loro social media manager Simone, e un’altra ospite, anche lei, per caso, una giornalista amica dall’inizio della mia carriera, Gea Scancarello. Andiamo al Vip Village dell’autodromo, che affaccia sopra il rettilineo di partenza del circuito. Pranziamo. Poi ci portano nella stanza dove i commissari prendono i tempi delle varie gare, naturalmente con apparecchiature Tissot. Lì ci spiegano come fanno a registrare ogni singolo secondo, come fanno ad assicurare una precisione al millesimo del millesimo. Io ascolto ma la mia testa pensa soltanto: occhio a non far cadere gli orologi durante la premiazione, occhio a non far cadere gli orologi... Poi guardiamo le qualifiche, da cui si capirà chi farà la pole, ergo chi dovrò premiare. In Moto3 il tempo migliore lo fa Jorge Martin. In Moto2, Mattia Pasini. Mattia, uno dei piloti che in questi anni ho potuto frequentare più volte, anche al Ranch di Valentino durante gli scatti e i servizi fatti per il numero monografico. Questa cosa doveva insospettirmi. Infine ci mettiamo a guardare le Q2 della MotoGP. E dove? Nell’Hospitality Yamaha. E chi fa la pole? Sì, lui, Valentino Rossi, non proprio un pilota da qualifica. Oltretutto al Mugello, la sua pista...
La gente nell’hospitality applaude, il mio telefono squilla, è Anto. «Non ci credo!, premierai Vale! Ma ti rendi conto?!». È un cerchio che si chiude. È un altro colpo di culo. L’ultima volta lo avevo visto al Ranch dopo l’intervista per la copertina, adesso lo ritroverò per dargli una targa e un orologio. Perfetto, meglio di così non poteva andare. Tutto torna. La conferenza stampa è alle 16:30. Noi dobbiamo essere lì alle 16, il personale della Dorna mi spiega cosa succederà: io starò seduto in prima fila, quando chiameranno i piloti dovrò alzarmi, mettermi al lato della scaletta, aspettare che scendano dalla pedana, poi prendere targa e box con dentro l’orologio, tenerli con una mano sola (una sola mano?, mi agito), oltretutto la sinistra, perché con la destra sarò impegnato a stringere la mano del pilota. Non faccio in tempo a pensare che la possibilità che mi cada l’orologio non è così remota, anzi probabilissima, che il personale Dorna mi fa: «Ah, mentre tieni la targa e l’orologio con una mano e l’altra la dai al pilota devi pure guardare davanti a te, poi a sinistra e poi a destra sorridendo in favore delle telecamere e dei fotografi». Olé. E poi magari faccio anche il cubo di Rubik con i piedi? Vorrei fare questa battuta ma la ragazza della Dorna è già andata via.
Entrano i giornalisti, i fotoreporter, i video, la sala si riempie e poi entrano i piloti. Valentino è al centro del tavolo. Mi vede seduto in prima fila, allarga gli occhi come dire: che ci fai qui davanti?, alza una mano, ride e mi saluta. Il primo a essere annunciato è Martin. Con lui va tutto bene. Io mi alzo, tac, mi tengo di lato, taac, prendo targa e box, taaac, lui mi anticipa, prende la targa e taaaac mi libera la mano sinistra di un peso, permettendomi una certa scioltezza. Foto frontali, foto a destra, foto a sinistra e via. Poi è il turno di Mattia Pasini. Mattia se ne frega del copione e appena scende dalla scaletta mi abbraccia e prende direttamente lui la targa, facilitandomi il tutto. Alla fine sta a Valentino. Che Vale è Vale, si riconosce dai dettagli. Mi dà un cinque, ci abbracciamo. Mi fa: «Caaazzo, non mi aspettavo che ci fossi tu qui». Prendiamo tutto, andiamo al centro e mentre ci fanno le foto, sorridendo e quindi a denti stretti, ci parliamo a bassa voce: «Oh, allora come va?» fa lui. «Bello, bellissimo il lavoro che abbiamo fatto insieme, è stata una figata, proprio una figata è venuta». Io intervallo le sue frasi con: «Sì», «Figata», «Fantastico», «È venuto proprio bene». Foto a destra. Foto a sinistra e poi torniamo a sedere. Poi c’è la conferenza. Domande, risposte in inglese maccheronico dei piloti tipo il mio “first plane”, poi mi rialzo e li raggiungo in pedana per la foto finale di rito.
Io e Vale ci riabbracciamo e ci salutiamo. I colleghi giornalisti rumoreggiano, alcuni rosicano, io più che altro penso che alla fine in tutta questa operazione nessun orologio è stato maltrattato e che non dovrò ripagare o scusarmi di alcun danno. E che alla fine, sono felice. La vita ti fa cambiare, strade, città, lavori, passi anni a farti accettare fino a quando non capisci che vai bene così come vieni, non c’è un dritto o uno storto, ci sei tu con i tuoi pregi e i difetti che sono il risultato del tuo vissuto, che non bisogna mai prendersi troppo sul serio e mai avere paura dei cambiamenti, anzi sfruttarli per innovarti ed evolverti, innovando ed evolvendo anche i luoghi che calpesti e le persone che trovi. E che bisogna dire più sì che no, perché dicendo di sì ti butti, sbagli, sbagliando impari più cose, magari rischi e rischi anche di essere ridicolo ma solo rischiando di essere ridicolo puoi essere brillante, aprirti alle possibilità e alle opportunità e magari partire a cercare notizie in strada tra spacciatori e carabinieri e arrivare a premiare Valentino Rossi. Valentino - NoveTitoliMondiali - TheGreatestofAllTime - Rossi.