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Alex Crivillé, oggi cinquantenne, è stato il campione del mondo della classe 125 nell’89 e poi della 500 dieci anni dopo, nel 1999: con sei vittorie e naturalmente con la Honda, che ha portato in gara per dieci stagioni sino al ritiro, alla fine del 2001, per vari problemi fisici.
Da qualche tempo lo spagnolo propone una serie di video sul sito di Marca, dove racconta aneddoti della sua carriera e spazia fino all’attualità dei GP. Nel capitolo “Giacomo Agostini, la leggenda del cavaliere”, Alex ipotizza tra le altre cose che un solo pilota potrebbe eguagliare i quindici titoli mondiali di Ago: Marc Márquez..
“Giacomo Agostini - analizza Crivillé - ha vinto quindici titoli mondiali ed è la leggenda della moto, poi c’è Ángel Nieto con i suoi 12+1. A un certo punto abbiamo pensato che Valentino Rossi potesse anche raggiungere Giacomo, ma oggi l’unico pilota che lo può eguagliare, e addirittura superare, anche se non è facile, è Marc Márquez. Adesso lui è a quota otto, però è giovane e potrebbe arrivare a quindici. Ma va ricordato che una volta si potevano conquistare due titoli in una stagione ed ora ciò non è possibile, correndo in una sola categoria. Ma se la fortuna sarà dalla sua parte, Marc potrebbe farcela”.
Ma correre in due categorie oggi sarebbe possibile? Ha domandato allora l’intervistatore con una certa ingenuità.
“Correre in due categorie sarebbe pazzesco, perché il feeling delle moto è totalmente diverso e c'è una altissima competitività in tutte le classi. Però Marc è giovanissimo, ha 27 anni, e fino a 37 o 38 un pilota può dare il meglio di sé.
Se fate i conti, Marc ha ancora dieci anni molto buoni davanti, e quindi potrebbe superare Giacomo. Le gare oggi sono molto complicate, ma statisticamente ci starebbe”.
Con le moto e l'elettronica di oggi, è stata la domanda successiva, Giacomo Agostini avrebbe vinto anche più titoli? Oppure meno?
“Credo che avrebbe vinto lo stesso. Quando un pilota è un fuoriclasse, come nel caso di Giacomo e Ángel, o Marc o Jorge (il nome di Valentino qui non esce n.d.r.), vince sempre. Vincerebbe con il "due tempi o il "quattro", con o senza elettronica.
I top rider vanno forte con tutte le moto, anche moto complicate come le MotoGP”.
Che differenze ci sono tra una MotoGP di oggi e una 500 di vent’anni fa?
Crivillé sottolinea che tutto è diverso e i confronti sono complicati. L'anno scorso ha girato a lungo con una MotoGP e la verità è che la MotoGP va molto più forte, e senza l’elettronica non si potrebbe sfruttare al cento per cento.
“Una volta era diverso e tutto era più semplice. Avevamo la telemetria, ma non tutti i parametri sui quali devi intervenire oggi. Dal primo turno di prove fino al giorno della gara, adesso non si fa altro che cercare il migliore set-up”.
A questo punto l’intervista si è concentrata su Ago, che Alex definisce un grande campione, un mito, un grande uomo dentro e fuori la pista, un gentleman della MotoGP. Poi ricorda la stagione 1990, quando dopo aver conquistato il titolo della 125 con la JJ Cobas passò in duemmezzo proprio sulle Yamaha del team Agostini, di fianco a Cadalora. Crivillé è ancora grato ad Ago per l'opportunità che gli diede, ma qualche ombra affiora: pensa di averlo deluso un po’ in termini di risultati, ma la stagione fu negativa anche per ragioni tecniche, comunque utile per fare esperienza prima di passare di classe. Nel 1991 lui continuò in 250 tornando con Cobas, poi la 500 sulle Honda.
“Ricordo - sottolinea Alex - che all'epoca abbiamo attraversato situazioni difficili, io venivo dal titolo della 125 e credevo di poter vincere subito anche in 250. È stata una stagione con molte cadute, in un solo fine settimana, mi pare fosse a Laguna Seca, sono caduto sette volte: prima sono rimasto senza freni, poi una gomma fredda... Comunque è venuto Giacomo e ha detto 'Ehi, smettila. Forse devi pensare a chiuderla qui, se continui così finirai per farti male’. Ero testardo e non mi importava, ho continuato a tirare e tirare. Avevo bisogno di fare esperienza e di trovare un buon feeling con quella Yamaha”.
E poi come è andata?
“La cosa buona è stata che a metà stagione è intervenuto Kel Carruthers, ha lavorato sulla messa a punto della mia moto ed è allora che i risultati cominciarono ad arrivare. In Ungheria, me lo ricordo bene, ho lottato per il podio ed ero quarto o quinto duellando con Luca Cadalora. Ora, guardando freddamente quel 1990 con le Yamaha, credo di aver imparato molto anche in quella stagione. Ho imparato che devi essere positivo, devi avere una buona squadra tecnica, devi allenarti, devi sapere come finire le gare”.