Dietro le quinte della MotoGP: Ramon Forcada

Dietro le quinte della MotoGP: Ramon Forcada
E’ un tecnico sopraffino, un uomo dalla grandissima esperienza e dalla passione viscerale: parlare con Ramon Forcada è un vero piacere. Dal 2008 è il capotecnico di Jorge Lorenzo | G. Zamagni, Valencia
7 novembre 2013

Punti chiave


VALENCIA – E’ un tecnico sopraffino, un uomo dalla grandissima esperienza e dalla passione viscerale: parlare con Ramon Forcada è un vero piacere. Nel motomondiale ha iniziato a lavorare nel 1989 e da allora ha ricoperto tutti i ruoli più importanti, fino ad arrivare in Yamaha assieme a Jorge Lorenzo nel 2008. Con Jorge ha già conquistato due titoli (2010 e 2012), è in lotta per il terzo (“siamo ancora “vivi”, ma le possibilità di riuscirci sono minime”) e secondo molti è lui il vero segreto dei risultati di Lorenzo.


Nome e cognome?
“Ramon Forcada”


Nato dove e quando?
“Moià (Barcellona), 24 maggio 1957”


Quando hai iniziato a lavorare nel motomondiale?
“Nel 1989, mi occupavo dei motori Cobas di Alex Criville, nell’anno che vinse il titolo della 125”


Poi dove hai lavorato? Facci un breve riassunto.
“Già nel 1990 ho ricoperto il ruolo di capotecnico, nel ’93 e nel ’94 ho lavorato per la Showa, poi dal ’95 sono sempre stato capotecnico in 250, 500 e MotoGP. In Yamaha sono arrivato nel 2008, con Lorenzo”.

Il mio lavoro adesso consiste nella messa a punto del telaio e dell’elettronica, non ci “sporchiamo” più le mani come una volta

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Quanto è cambiato il tuo lavoro?
“Tantissimo. Prima la squadra, il capotecnico e i meccanici facevano i motori e i telai, soprattutto finché ci sono stati i 2T. Quando nel 2002 – lavoravo con Alex Barros – sono arrivati i propulsori 4T, eravamo sempre noi a fare le teste dei motori, ma con l’era dell’elettronica è cambiato tutto, i controlli della centralina sono diventati più importanti della meccanica. Dal punto di vista “manuale” noi non facciamo più niente, perché i motori sono punzonati e perché a casa c’è un team che si occupa solo di quello. Il mio lavoro adesso consiste nella messa a punto del telaio e dell’elettronica, non ci “sporchiamo” più le mani come una volta. Sicuramente per noi era più bello prima: il periodo più affascinante è stato quello della NSR 500 2T. Adesso la difficoltà è nella gestione delle gare, specie in situazioni complicate, come può essere quello del “flag to flag”.


Ma il capo tecnico fa ancora la differenza?
“E’ tutto il “pacchetto” a fare la differenza, oggi come allora. E’ fondamentale avere una buona comunicazione con il pilota, devi capire esattamente quello che gli serve. Lui ti trasmette le sue sensazioni, tu devi trovare la strada per mettere a punto la moto che gli consenta di guidare come piace a lui. E’ quello il nostro lavoro: non preparare la moto perfetta, ma dargli una moto che assecondi le sue caratteristiche, il pilota non deve adattarsi, ma guidare come sa. Ogni pilota ha le sue esigenze: per esempio, se dai la M1 di Lorenzo a Rossi non va bene, perché guidano in modo molto differente”.


Lo sai che molti tifosi di Rossi sostengono che se al suo box ci fossi tu al posto di Burgess, Valentino andrebbe molto più forte?
“Non so, non leggo i giornali o quello che dicono i tifosi… Ripeto: il nostro compito è quello di provare a dare a Jorge una M1 adatta alle sue caratteristiche”.


E quali sono le caratteristiche di Lorenzo?
“Jorge odia quando la M1 si muove. Tutti, dall’esterno, ci dicono che la nostra Yamaha è la più stabile, ma per Jorge si muove sempre troppo: a lui piace che la moto sia “pulita” in entrata e in uscita, che non “pompi”, che sia ferma in staccata, che gli permetta così di tenere un passo veloce, ma soprattutto costante. Se la M1 si comporta così, allora riesce a fare la differenza, altrimenti fatica: per lui è inconcepibile una moto che si muova tanto, per esempio, come quella di Marquez, per Jorge la moto non si deve mai scomporre”.


E’ sempre stato così?
“Sì, fin dal 2008. All’inizio, ovviamente, ha dovuto un po’ adattarsi alla MotoGP, poi, però, da allora il suo assetto di base è sempre stato abbastanza simile, con i naturali aggiustamenti di ciclistica ed elettronica”.


Lorenzo, nonostante sia già un campione straordinario, riesce a migliorarsi continuamente: fino all’anno scorso faticava in partenza e nei primi giri, dove adesso è praticamente imbattibile. Per me è stupefacente, per te?
“Lui pensa sempre qual è la strategia migliore. Nella MotoGP di oggi se perdi all’inizio non riesci più a recuperare, anche se magari hai un passo superiore: per questo ha lavorato per diventare velocissimo nei primi giri. Non credo che sia una cosa “costruita”, piuttosto gli viene naturale: capisce cosa bisogna fare per vincere le gare e lo fa”.


Secondo me - e secondo la maggior parte del paddock – la Honda è superiore alla Yamaha; tu cosa ne pensi?
“Cosa vuol dire superiore? Tutte le moto hanno delle caratteristiche, solitamente se guadagni da una parte perdi dall’altra: è fondamentale trovare sempre un buon compromesso. Sicuramente la Honda è più avanti nel cambio “seamless”, che utilizza già da tre anni, mentre noi solo da qualche GP. Storicamente loro fanno motori più potenti: ma siamo sicuri che Jorge con quel propulsore, sicuramente meno dolce e più cattivo del nostro, si troverebbe bene? Quanto gli darebbe fastidio questa caratteristica se guidasse una Honda? Non si può sapere. Sembra che adesso loro abbiano fatto un passo in avanti nella strategia elettronica, ma la verità è che in pista ci sono 4 Honda e solo Marquez è in lotta per il titolo, così come ci sono 4 Yamaha e solo Lorenzo è ancora matematicamente in corsa. Quindi è sempre il “pacchetto” che fa la differenza, anche se non si può nascondere che la Yamaha debba migliorare. Per esempio in frenata: lo sappiamo benissimo, il difficile è come fare per rendere la M1 più competitiva sotto questo aspetto”.


Te lo aspettavi Marquez così forte?
“Sinceramente sì, perché aveva già fatto vedere in 125 e in Moto2 il suo valore. In fondo, anche Lorenzo aveva fatto come lui al debutto in MotoGP, con la differenza che Jorge si fece male nel 2008 quando cadde”.

 

Il problema principale di Valentino è l’età, come è ovvio che sia


Invece ti aspettavi Rossi così in difficoltà?
“Il problema principale di Valentino è l’età, come è ovvio che sia: non è che a 34 anni non si possa più vincere, ma si fa più fatica ad adattarsi a certi cambiamenti. Lui, come Jorge peraltro, non è capace di modificare troppo la sua guida: come ho già detto, non può prendere la moto di Lorenzo e andare forte, così come Jorge non potrebbe essere altrettanto veloce con la M1 di Valentino. Adesso, poi, la Yamaha è evoluta seguendo le indicazioni di Lorenzo e Rossi si è trovato una M1 non troppo diversa rispetto a quella che aveva lasciato nel 2010, ma adattata per esaltare la guida di Jorge: è normale che faccia più fatica a trovare il set up ideale”.


Qual è la tua opinione sulla Ducati?
“Dall’esterno si fa fatica a capire, ma io che so quanto è difficile raggiungere certi livelli, mi è spiaciuto che la Ducati sia stata criticata così tanto. Io non sono un “ducatista”, non ho mai avuto una Ducati nel mio garage, ma mi sembra che sia stato fatto uno sforzo incredibile per dare il meglio al pilota: purtroppo i risultati non sono arrivati, ma la colpa non è di nessuno, se non del livello altissimo della MotoGP. Faccio un esempio: il cambio Yamaha andava benissimo, ma abbiamo dovuto introdurre il “seamless”, che in termini cronometrici non dà alcun vantaggio, ma lo devi avere se vuoi stare dietro alla Honda”.


La MotoGP va sempre più verso restrizioni tecniche: cosa ne pensi?
“Da tecnico vorrei più libertà possibile: secondo me sarebbe anche meno costoso”.


Come ti immagini la gara di domenica?
“Senza troppe sorprese: il nostro “jolly” l’abbiamo già pescato a Phillip Island. In ogni caso siamo pronti…”.