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Sentenza durissima e sconcertante per Andrea Iannone. Accusato di doping lo scorso dicembre, a seguito di verifiche effettuate durante il GP della Malesia, il pilota abruzzese è stato protagonista di un iter lungo, farraginoso e apparentemente non del tutto logico.
Oggi arriva la sentenza: la Federazione Internazionale condanna Andrea Iannone a una squalifica di 18 mesi, che decorrendo dal 17 dicembre 2019, gli permetterebbe di tornare in sella non prima del 16 giugno 2021. Naturalmente scontato il ricorso al TAS, dal quale però è abbastanza improbabile arrivino decisioni prima dell'estate - il costante posticipo dell'avvio del Mondiale 2020 giocherebbe in questo caso a favore di Andrea, ma data la sentenza non ci sono più certezze.
Il merito della sentenza è infatti abbastanza curioso: si ammette la contaminazione alimentare (e quindi la totale accidentalità e non volontarietà dell'assunzione del Drostanolone, sostanza identificata nelle urine di Iannone) ma si punisce il pilota per non aver controllato la lista delle sostanze proibite. Una sentenza durissima - che di fatto stroncherebbe la carriera di Andrea - apparentemente del tutto incoerente con il resto.
Amareggiata naturalmente la reazione della squadra, che ha appena rilasciato una dichiarazione per bocca dell'AD di Aprilia Racing Massimo Rivola: “La sentenza ci lascia sconcertati per la pena inflitta ad Andrea ma anche molto soddisfatti nelle sue motivazioni. I giudici hanno riconosciuto la totale buona fede di Andrea e la inconsapevolezza nella assunzione confermando la tesi della contaminazione alimentare. Per questo la pena inflitta non ha alcun senso, alla luce delle motivazioni scritte dagli stessi giudici Andrea avrebbe dovuto essere assolto, come sempre è capitato agli altri atleti contaminati, ma questo quadro ci lascia tante speranze per il ricorso che auspichiamo sia molto veloce. Rivogliamo Andrea in sella alla sua Aprilia RS-GP, saremo al suo fianco fino alla fine di questa vicenda e lo sosterremo nel suo appello”.