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SILVERSTONE – Le piste, è banale, non sono tutte uguali, ce ne sono di più facili e di più difficili, ma anche di fronte a questa ovvietà assoluta si fa fatica a capire come un pilota possa fare tanta fatica ad adattarsi a un tracciato. Non un pilota qualunque o al debutto, ma un nove volte campione del mondo come Valentino Rossi e un tre volte iridato come Dani Pedrosa. Eppure è proprio quello che accade a Silverstone, dove Rossi e Pedrosa ammettono, senza problemi e con apprezzabile onestà, di avere grandi difficoltà di guida.
“Qui l’anno scorso non avevo corso – racconta Pedrosa –: i due turni di libere mi sono serviti per adattarmi al circuito, riprendere i punti di frenata, le marce da utilizzare. Diciamo che era quasi la moto a portare in giro me e non viceversa”.
Stupefacente. Ma ancora nulla rispetto a quanto dichiarato da Valentino Rossi.
“Questa è una pista molto difficile e perdo tantissimo in alcuni punti: devo darmi una svegliata. Il grande distacco che c’è con gli altri piloti Ducati (1”8 rispetto ad Hayden, 1”1 da Barbera, NDA) è dovuto a una questione di guida e in 2-3 punti del tracciato perdo una vita rispetto a loro. Questo è un
Rossi: Il grande distacco che c’è con gli altri piloti Ducati è dovuto a una questione di guida
tracciato molto largo, molto lungo e molto veloce, con 4-5 curve “cieche”: se non metti le ruote esattamente dove le devi mettere, perdi tanti decimi”.
Poi, come aggiunge Andrea Dovizioso, “nel pomeriggio, a causa del forte vento, era davvero pericoloso e per fare il tempo bisognava prendere grandi rischi”. E ancora: sia Pedrosa sia Rossi non erano a posto con la messa a punto della moto e questo spiega – in parte – il grande distacco dai rispettivi compagni di squadra. Rimane comunque stupefacente che due tra i più forti piloti al mondo facciano fatica a interpretare un tracciato che, seppure modificato, è rimasto “vecchia” maniera: un'ulteriore conferma che i nuovi circuiti, tutti molto simili, appiattiscono un po’ i valori e contribuiscano in qualche modo a togliere spettacolo. Piste come Spa-Francorchamps, Monza (vecchia maniera), Nurburgring (quello da oltre 20 km), Assen (quella vera, non quella di adesso), Hockenheim, Imola (quella di 15 anni fa) non esistono più, sostituiti da circuiti molto più “piatti” ed omologati, privi di punti dove si riesca a fare ancora la differenza.
Silverstone, nonostante tutto, è ancora uno di quei circuiti lì, perché, come ha spiegato bene Valentino, è largo, veloce, lungo e con punti da imparare perfettamente per riuscire a essere veloci: ecco quindi, che diventa quasi normale che due fuoriclasse assoluti come Rossi e Pedrosa, che qui hanno corso un anno in meno rispetto ai rivali (Valentino saltò il 2010, Dani il 2011), siano più in difficoltà a trovare le giuste traiettorie.
Per il resto, la prima giornata di prove, non così significativa, perlomeno nel turno sull’asciutto, ha fatto emergere differenti giudizi sul nuovo asfalto. Drastico, come suo solito, Stoner: “Questo è un tracciato bellissimo, ma è stato rovinato dal nuovo asfalto: il grip, anche sul bagnato, non è male, ma le buche sono addirittura aumentate”. Di parere opposto, Rossi e Dovizioso, d’accordo nel dire: “Qui ci sono sempre state tante buche, ma rispetto all’anno scorso la situazione è nettamente migliore”.
Anche la nuova gomma anteriore Bridgestone che sostituisce definitivamente la vecchia fa discutere i protagonisti. Secondo i piloti Yamaha: “La nuova gomma è nettamente migliore: si scalda prima ed è più efficace, in definitiva più sicura”. Secondo i piloti Honda, invece: “La nuova gomma è troppo morbida di carcassa, si schiaccia troppo in frenata: in definitiva è più pericolosa”. Secondo i piloti Ducati: “Tra vecchia e nuova cambia pochissimo, anzi, il comportamento è praticamente identico”.