Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Era il CEO delI’IRTA, International Racing Team Association, che aveva fondato alla metà degli anni Ottanta. Britannico, era un uomo di potere che si faceva notare sia per la taglia fisica sia per i modi autorevoli. Ma era stato un coraggioso e appassionato sindacalista dei piloti.
Aveva iniziato da meccanico e poi da pilota privato alla fine degli anni Settanta, quando la FIM era un monumento all’immobilismo, la sicurezza era zero, i piloti prendevano premi miserrimi. Si presentò ai colleghi con una proposta: voi mi date il 10 per 100 dei premi di gara (che era poca cosa) e io faccio la battaglia a organizzatori e FIM. Pubblicava regolarmente un bollettino: chiesto questo, ottenuto quello, insisto qui, mollo là. Ascoltava e combatteva senza scoraggiarsi facilmente.
Furono in tanti a lottare con lui, da Kenny Roberts a Barry Coleman fino a Tino Brenni, il ticinese presidente della federazione svizzera che diede la scalata alla FIM fino a sfiorarne la presidenza. Con Brenni avremmo fatto più in fretta, questo è chiaro, ma restano i meriti di gente coraggiosa come Mike Trimby che hanno rivoluzionato il nostro motociclismo.
Nel tempo l’IRTA di Trimby è cresciuta fino a legarsi strettamente alla Dorna, il giro economico è aumentato, Mike non era più quella figura romantica degli anni Ottanta. Ma resta la sua eredità. “Le case motociclistiche possono lasciare in ogni momento - diceva - ma le corse non possono esistere senza le squadre”.
Aveva 74 anni, lascia la moglie Irene alla quale va l’abbraccio della redazione.