Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Succede sempre così quando arriva un’innovazione. Noi motociclisti ci vantiamo spesso di essere quelli che pensano diversamente, che non si chiudono per forma mentale dentro un’automobile, e via discorrendo. E poi ci troviamo ad essere i più conservativi di tutti.
Come per tante altre novità (l’ABS, il controllo di trazione, il cambio automatico… continuiamo?) anche per l’aerodinamica, le prime apparizioni di appendici sulle carenature hanno fatto gridare allo scandalo. Nessuno si è mai lamentato dei fori sulle carenature delle Honda NSR 250GP (e poi sulla CBR 900RR) di inizio anni 90, o delle piccole pinne che adornavano cupolini e carenature Kawasaki. E nemmeno delle winglets della Desmosedici GP10 di Hayden e Stoner: ma quando Ducati ha… esagerato, stampando due bei profili alari sulla GP15 (e modificando l’impatto estetico a cui siamo tutti abituati) c’è stata una vera e propria sollevazione popolare.
Oggi, a quattro anni e diverse revisioni regolamentari di distanza, alle appendici aerodinamiche ci abbiamo fatto il palato.
E come largamente previsto, le alette hanno iniziato a spuntare sulle moto di serie. Ed è così che Ducati, giustamente, celebra il proprio sforzo innovativo con una bella mostra dedicata all’innovazione aerodinamica sulle proprie MotoGP. A presentarla, fra gli altri, Edoardo Lenoci, il Responsabile sviluppo aerodinamico per la Casa di Borgo Panigale.
Con lui avevamo già parlato un paio d’anni fa, come potete vedere nel video che vi riproponiamo sopra. Questa volta abbiamo però approfittato per soddisfare qualche curiosità… collaterale. Nella fattispecie, freschi di qualche chiacchierata a riguardo, abbiamo voluto capire quanto ci si spinga nella personalizzazione del pacchetto aerodinamico per ciascun pilota, e quanto siano percettibili le ottimizzazioni aerodinamiche dichiarate dai produttori di caschi e tute di pelle.
Insomma, si vedono tutti questi effetti o stiamo parlando di benefici assolutamente marginali?
«Assolutamente si, vediamo già in galleria del vento tutti gli effetti e il comportamento dei singoli capi d’abbigliamento. Magari, ecco, non arriviamo a “sentire” gli effetti della rugosità superficiale di una tuta di pelle piuttosto che un’altra, ma la conformazione del casco, e il raccordo fra questo e la gobba della tuta sono effetti assolutamente visibili e ottimizzabili nel pacchetto della moto».
Quindi, in un contesto di regolamento sempre più restrittivo, dove si va a cercare ogni minimo vantaggio, tenete in considerazione anche questo per ogni singolo pilota?
«Si e no. Nel senso che non andiamo a cercare un’ottimizzazione di questo tipo in funzione di un guadagno prestazionale, ma interveniamo nel caso ci sia un problema di comfort del pilota - come del resto stiamo già facendo in ottica di comfort termico. E’ più importante mettere li pilota in grado di rendere al meglio per tutta la durata della gara, piuttosto che guadagnare qualche chilometro all’ora in termini di velocità di punta. Tra l’altro, un miglioramento del Cx del complesso moto/pilota tende a generare portanza, che è l’effetto esattamente opposto a quello che cerchiamo con i profili alari, quindi…».
In effetti, non molto tempo fa la Desmosedici GP era considerata un vero e proprio forno per il pilota, mentre da diversi anni non sentiamo più parlare di calore da parte dei piloti Ducati. Ma quanto ci si spinge allora nella personalizzazione?
«Facciamo i profili a inizio anno, così come si fa per la posizione di guida: il pacchetto aerodinamico viene omologato sul pilota, quindi Andrea e Danilo possono scegliere quello che preferiscono fra le nostre proposte. Anche perché, avendo corporature molto diverse, è naturale che le esigenze non siano le stesse, ma non arriviamo a tenere in considerazione aspetti di dettaglio come il profilo del casco, a meno che non ci sia un problema».
Ma quindi il pilota ormai passa ore e ore in galleria del vento?
«In realtà no. Abbiamo i profili, i calchi dei nostri quattro piloti (sia MotoGP che Superbike) che utilizziamo per i nostri studi, come vedete nei profili esposti qui alla mostra. Quindi possiamo andare in galleria del vento quando vogliamo, anche se il pilota non è disponibile».
Allora è vero che la ricerca dell’aerodinamica pesa ormai in maniera rilevante sul budget delle corse?
«Macché. Pensate che il nostro reparto aerodinamico conta cinque persone, me compreso, e come ha detto Dall’Igna ai tempi del reclamo per il “cucchiaio”, pesa circa per l’1,5% sul budget totale del reparto corse. Ci si immagina chissà cosa, mentre in realtà, tanto per dire, il software che utilizziamo per le nostre ricerche è un prodotto open source».
Il che ci dà la misura - ma questo lo diciamo noi - di quanto siano capziose le obiezioni della concorrenza che, come ha fatto giustamente notare l’AD Claudio Domenicali in conferenza, ha prontamente mutuato tutte le soluzioni “sdoganate” da Ducati, dai profili alari al cucchiaio. Che sia Domenicali che Lenoci, per inciso, continuano a ribadire serva a raffreddare la gomma posteriore.
Quindi, lo sviluppo al momento è… personalizzato ma non troppo?
«Diciamo di sì, ovviamente si va sempre avanti. I nostri strumenti diventano sempre più potenti, basta pensare a quanto si siano potenziati e raffinati gli algoritmi che utilizziamo nei nostri calcoli aerodinamici, e nell’aerodinamica ci sono ampi margini di miglioramento che è sempre più difficile trovare altrove».