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Abbiamo imparato molto dagli spagnoli.
Nel loro campionato PreGP ti confronti coi migliori talenti di 14/16 anni provenienti da ogni parte del mondo
Perché la Spagna ha sfornato così tanti campioni negli ultimi 10 anni?
«In Spagna a 14 anni guidano una moto da GP e a 16 sono pronti per il Mondiale! Ho cercato di portare in Italia questo approccio, abbiamo inserito i migliori giovani nel Team Italia proprio per farli crescere rapidamente con le moto giuste. Abbiamo imparato molto dagli spagnoli. Nel loro campionato PreGP ti confronti non a caso coi migliori talenti di 14/16 anni provenienti da ogni parte del mondo (Giappone, Inghilterra, Australia, USA e ora anche Italia). E, se sei forte lì, sei già pronto per il Motomondiale. Ce lo dimostra proprio Romano Fenati».
Cosa si può fare in Italia?
«Abbiamo portato la PreGP in Italia, per far correre i giovani sui nostri circuiti che sono anche più belli di quelli spagnoli. Misano, il Mugello, Vallelunga sono palestre incredibili per i ragazzi, che vengono seguiti da me e da altri ex del Mondiale, come Romboni, Locatelli e Migliorati».
Ci sono altri giovani in grado di ottenere grandi risultati a breve?
«Sì. Oltre ad Antonelli, ci sono altri ragazzini velocissimi, come Mazzola, Rinaldi, Pagliani e Fuligni (questi ultimi tre inseriti nel Team Italia gestito da Gabrielli). Il mio lavoro è di coordinatore: li seguo e cerco di farli crescere nel migliore dei modi, sia in pista che ai box. Devono formarsi anche il carattere. Ho creato anche una mia squadra, la GT Racing, per aiutare Simone Mazzola, un ragazzino che ha del talento e può fare molto bene».
Non trovi che ci sia troppa pressione su questi ragazzi? Penso a Fenati, ma anche ad Antonelli.
«Sì, sia da parte dei media che delle stesse famiglie che stanno loro troppo addosso. E hanno richieste eccessive, sono pur sempre degli adolescenti. Per questo li seguiamo nel modo migliore possibile, avvalendoci con la FMI dei migliori professionisti del CONI. I piloti hanno delle tabelle di allenamento che devono seguire anche a casa, noi monitoriamo tutto. Poi sul campo di gare li assistiamo nei box insieme al team. E lasciamo fuori i genitori. Cerchiamo di fare in modo che resti lo spazio necessario allo studio, in particolare devono imparare l’inglese. È fondamentale».
Su quali campi ti rechi per scoprire i nuovi talenti?
«Come tecnico federale vado a vedere sia la PreGP che la minimoto. Ma è la prima che dà i riferimenti migliori. Abbiamo accantonato la SP 125 che ormai non è più una scuola adeguata, guardiamo alla PreGP. Qui sta crescendo bene il piccolo Bulega, pensare che suo padre Davide correva con me! C’è un bel ricambio alle porte».
Quali sono le difficoltà maggiori che incontri?
«Il problema maggiore sono i soldi. Di giovani bravi ce ne sono, ma pochissimi hanno le possibilità di correre. Dobbiamo aiutarli noi. Ora si parla, giustamente, di Fenati, ma dietro c’è un grandissimo lavoro per aiutarli, supportarli e portarli agli alti livelli di un Mondiale».
Passiamo alla Moto3. Come la vedi, tu che sei uno dei grandi specialisti delle piccole cilindrate?
«La Moto3 è molto formativa. È giusto che affianchi la GP 125, perché hanno prestazioni molto vicine. Ora la 125 è di poco superiore, ma è a fine sviluppo, mentre le Moto3 hanno grandi margini di miglioramento».
Parlaci di Romano, che tipo è?
«È un ragazzo in gamba. Non dice parolacce, sa ascoltare, non ha gesti di stizza. Gli siamo stati vicino per aiutarlo a crescere. Fenati ha fatto la scuola Honda HIRP, dove ha ricevuto una buona formazione e ha imparato le prime regole di comportamento. Agli inizi aveva un carattere un po’ “caldo”. Gli ho fatto da maestro, sono stato duro su certe cose per aiutarlo a comportarsi nel modo giusto dentro e fuori la pista. Ho passato molto tempo con lui, anche in trasferta. E ci siamo divertiti tanto, una condizione fondamentale quando hai solo 14 anni».