Filippo Preziosi: "Scelte coraggiose, ma non impossibili"

Filippo Preziosi: "Scelte coraggiose, ma non impossibili"
“Visivamente non sarà molto differente da quella dei test di Valencia, anche se cambia radicalmente: rispetto alla precedente versione, di fatto, è rimasto invariato solo l’avantreno e il posteriore” afferma l’ingegnere | G. Zamagni
11 gennaio 2012

Punti chiave

MADONNA DI CAMPIGLIO – La “giapponesizzazione” della Ducati, iniziata la scorsa estate con un lavoro incessante, sta per essere completata, ma solo il 31 gennaio, nei test in Malesia, si potrà vedere la nuova Desmosedici. “Visivamente non sarà molto differente da quella dei test di Valencia, anche se cambia radicalmente: rispetto alla precedente versione, di fatto, è rimasto invariato solo l’avantreno e il posteriore” afferma l’ingegnere Filippo Preziosi, anche lui sotto l’effetto “giapponesizzazione”: molte meno informazioni rispetto al passato, massima attenzione a non svelare nessun segreto.

“E’ stato un anno molto impegnativo, ma durante il 2011 abbiamo raccolto tante informazioni, seguendo un programma coerente di test conclusosi a Valencia con il debutto di quelli che molti hanno definito come GP0. Quelli in Spagna sono stati giorni molto importanti per definire la moto che, proprio in questi giorni, stiamo assemblando a Borgo Panigale: debutterà in Malesia, dove, naturalmente, ci sarà anche la Desmosedici di Valencia, che in questo momento è la nostra moto di riferimento e servirà ai piloti per fare dei paragoni. La nuova Ducati è stata definita per avere un range di regolazioni ciclistiche che pensiamo ideali, perché le prove fatte nel 2011 ci hanno spinto verso regolazioni al limite ed eravamo arrivati a utilizzare la moto nella parte più estrema delle sue regolazioni, senza la possibilità di soddisfare i piloti. I test di Valencia sono stati fondamentali: i piloti partiranno con regolazioni mediane rispetto alle possibilità. Adesso, naturalmente, viene il difficile, perché una moto da corsa ha infinite possibilità di regolazioni, ma una sola è quella vincente. E’ una sfida molto impegnativa: generalmente, da quando si comincia a progettare un prototipo, alla realizzazione per la prima gara, passano due anni.

Noi abbiamo forzato i tempi, percorrendo un percorso che si può svolgere con successo. Sono state fatte scelte coraggiose, ma non impossibili. La Ducati ha dimostrato con i fatti di vincere le sfide impossibili: abbiamo corso e vinto con i due cilindri, quando sembrava che i quattro cilindri fossero i motori ideali per le competizioni, abbiamo sfidato i giapponesi in MotoGP, nonostante siamo una piccola Casa europea. Sappiamo benissimo che quello che stiamo per fare è difficile, ma abbiamo una squadra forte, con due campioni del mondo e siamo flessibili: arrivare in Malesia con una moto completamente nuova lo può fare solo un’azienda piccola e snella come la nostra. E’ chiaro che i giapponesi utilizzano da 30 anni la tecnologia del telaio perimetrale e, quindi, è una sfida difficile. Inoltre loro partono da un buon vantaggio e stanno lavorando per aumentarlo: sono colossi, ma anche noi non ci fermiamo.

I nostri progettisti hanno appena finito la nuova Desmosedici, ma stanno già pensando agli sviluppi futuri: i primi arriveranno nei test di Jerez di marzo, gli altri subito dopo. L’obiettivo è definire nei test una base solida per utilizzare le gare in modo appropriato, sfruttando anche il nuovo regolamento che ci consente di fare qualche test in più durante l’anno con i piloti ufficiali, senza dover sacrificare la domenica, come invece è accaduto nel 2011. Personalmente sono abituato a vedere il lato bello delle cose: quello del 2011 è stata l’unità del gruppo, pur con prestazioni agli antipodi da quelle che ci si aspettava”.

La Ferrari ha ingaggiato un tecnico solo per interfacciarsi con il costruttore di gomme: sarebbe importante averlo anche in Ducati?
“In un campionato monomarca, la gomma diventa ancora più importante di prima e stravolge la progettazione: adesso bisogna costruire la moto attorno allo pneumatico. Le Bridgestone sono particolari, perché devono resistere a sollecitazioni mostruose, ma Carmelo Ezpeleta (numero uno della Dorna, nda) ha fatto una scelta corretta, ingaggiando un pilota come Capirossi che conosce perfettamente il comportamento di una MotoGP e delle Bridgestone. Già si vedono i primi effetti e Loris sta spingendo il costruttore giapponese verso una direzione consona, con una reazione da parte della Bridgestone nuova rispetto al passato: già in Malesia ci saranno delle nuove coperture”.
 

A Sepang vedremo una moto laboratorio o la versione definitiva? Che Desmosedici avranno i team satelliti?
“No, non sarà una moto laboratorio. Per svilupparla abbiamo analizzato i dati, i commenti dei piloti, i set up utilizzati durante l’anno per capire la migliore configurazione possibile da realizzare. Abbiamo fatto una serie di prove per capire i parametri medi: è cambiato il telaio, il serbatoio, il supporto, il motore, nel senso che abbiamo fatto degli adattamenti per poterlo sistemare all’interno del telaio nella posizione più opportuna. Su questa moto introdurremo delle novità, che però non stravolgeranno il concetto. Per quanto riguarda i team satelliti, la filosofia della Ducati è quella di fornire l’ultima moto provata, quindi quella dei test di Valencia, leggermente modificata”.
 

Si è sempre detto che nelle moto è il pilota a far la differenza, quindi si poteva pensare che bastasse ingaggiare Rossi per vincere. Così non è stato: significa che, anche nelle moto, non è il pilota a fare la differenza?
“Credo che il motociclismo sia lo sport motoristico dove il pilota ha l’impatto più grande: Stoner ed Elias guidavano più o meno la stessa moto, ma c’era una differenza di tre secondi al giro. Il pilota fa la differenza a 360°: noi non abbiamo fatto di tutto per ingaggiare Valentino perché pensavamo che salendo sulla moto avrebbe risolto tutti i problemi, ma, viceversa, perché eravamo convinti che con la sua esperienza, con le sue capacità di vittoria, con il suo gruppo ci desse le informazioni per realizzare una moto più competitiva e prestazionale. Comunque andrà a finire questa sfida, c’è già un aspetto positivo: la Ducati partecipa alle gare per aumentare le sue conoscenze per la produzione e adesso ne abbiamo di più. I risultati purtroppo negativi del 2011 con un pilota di così grande talento ci hanno spinto a una serie di scelte coraggiose e interessanti tecnicamente: quindi oggi la Ducati vale più del 2011 e, paradossalmente, abbiamo conoscenze che le Case giapponesi non hanno”.
 

Ma la famosa L a 90° Ducati è cambiata?
“Questa è una domanda ricorrente, alla quale risponderò solamente quando Shuhey Nakamoto (vicepresidente di HRC, nda) dirà quanto è l’angolo del quattro cilindri Honda… La Ducati non ha punti tecnici di orgoglio e, di volta in volta, sceglie quella che è la soluzione migliore per essere competitivi”.


La cilindrata sarà più vicina a 900 o a 1000 cc?
“Rispondo come facevano i tecnici della Rolls Royce quando veniva chiesta la potenza delle loro vetture: sarà sufficiente! In ogni caso, già la potenza delle 800 era elevata e in molti circuiti con le 1000 non si userà mai il gas completamente spalancato”.

Come si prepara la Ducati a convivere con l’idea che questa sarà la moto di Rossi?
“Io non credo che questa sarà la moto di Rossi: lui ha detto ai progettisti come si comportava la Desmosedici, non come costruire quella nuova. La moto che correrà nel 2012 sarà una Ducati a tutti gli effetti, quella che noi riteniamo più giusta per provare a vincere, esattamente come accadeva in passato”.


Nel 2011 la differenza con Honda e Yamaha era molto grande: quando pensi di riuscire a colmare il divario?
“Sicuramente nel 2011 il gap era importante anche perché siamo stati costretti a utilizzare i week end di gare come test e non in funzione della prestazione. E’ però impossibile rispondere a questa domanda: noi abbiamo lavorato duro ma, sicuramente, lo hanno fatto anche gli altri e molto dipenderà dalla qualità del lavoro svolto. Dare però per scontato che durante l’inverno siamo stati più bravi di Honda e Yamaha sarebbe da presuntuosi…”.
 

Da mesi in Ducati lavorate giorno e notte, senza pausa, senza giorni di ferie: non c’è il rischio che la mancanza di risultati immediati porti a uno scoraggiamento generale?
“Sicuramente i risultati sono un grande collante, ma non ci aspettiamo che i risultati siano subito buoni. Siamo abituati a soffrire, il 2011, sotto questo aspetto, ci ha temprato: l’esempio da seguire è quello di Nicky Hayden, un campione del mondo che nonostante tante volte si sia ritrovate in posizioni che non gli competono, ha sempre continuato a lavorare con grande professionalità e dedizione”.


Ezpeleta ha detto che vede un futuro con moto CRT al massimo da un milione di euro: cosa ne pensi?
“Dipenderà dal regolamento. E’ una sfida difficile: da una parte è indispensabile ridurre i costi, dall’altra le Case devono giustificare un investimento importante con un ritorno tecnico adeguato. Bisogna trovare un giusto compromesso”.
 

Dai Filippo. Dicci che moto vedremo in Malesia…
“Visivamente non sarà molto diversa da quella dei test di Valencia: il telaio sarà perimetrale in alluminio, il forcellone in carbonio con capriata rovesciata, la carenatura del tutto simile. Ma, in realtà, è stato fatto un lavoro incredibile e si può parlare di una Desmosedici completamente differente: le sole componenti uguali a quelle della GP0 sono l’avantreno e il gruppo della ruota posteriore, tutto il resto è stato riprogettato. Il telaio, come avveniva in passato, è stato completamente sviluppato e disegnato all’interno del reparto corse, poi realizzato da fornitori esterni”.
 

Settimana prossima la Ducati proverà tre giorni a Jerez: con che moto? E con quali piloti?
“Ci saranno Franco Battaini e Carlos Checa: proveranno la moto più interessante da provare”.


“Domo arigato” Nakamoto-san, pardon: molte grazie, ingegner Preziosi!
 

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