Honda “Production Racer”, un primo bilancio

Honda “Production Racer”, un primo bilancio
Come si comporta la nuova moto sviluppata da HRC appositamente per la neonata categoria “Open”? Dopo 4 gare Cristian Gabarrini (HRC) trae un primo bilancio del progetto RCV1000R
9 maggio 2014

Punti chiave

 La Honda RCV1000R, la nuova moto sviluppata da HRC appositamente per la neonata categoria “Open”, rappresenta una delle principali novità tecniche del Campionato del Mondo MotoGP 2014.

Una delle quattro “Production Racer” sullo schieramento è portata in pista dal Team GO&FUN Honda Gresini, affidata a Scott Redding: un progetto interessante, considerato che il pilota inglese è debuttante in MotoGP - unico tra i quattro piloti che hanno a disposizione la RCV1000R - e dispone di un pacchetto tecnico con componenti differenti dalla concorrenza, con sospensioni Showa e impianto frenante Nissin (come il compagno di squadra Bautista, che dispone però della Honda RC213V “Factory”).

Dopo quattro Gran Premi è possibile iniziare a stilare un primo bilancio del progetto: vediamo perciò nel dettaglio con Cristian Gabarrini, responsabile per HRC dell’intero programma RCV1000R, qual è stato finora il lavoro svolto sulla moto e qual è il tipo di relazione intrapresa con i team.

«Il mio ruolo prevede sostanzialmente due funzioni - spiega Gabarrini - Nella prima fungo da collegamento tra l’attività in pista e gli ingegneri HRC che lavorano in sede: tutto ciò che concerne eventuali problematiche che possono presentarsi, anche di affidabilità, o richieste da parte dei team riguardanti miglioramenti di qualsiasi tipo, passano attraverso me, senza altri intermediari. La seconda è un supporto ai team relativamente al lavoro di set-up: durante i weekend di gara sono disponibile a fornire un aiuto ai capitecnici per confrontare i dati e capire più velocemente la direzione da intraprendere».

Avviene uno scambio di informazioni tra i quattro piloti in sella alla RCV1000R?
«C’è uno scambio, ma viene ovviamente filtrato dal sottoscritto per questioni di correttezza nei confronti dei fornitori dei team: il Team GO&FUN Honda Gresini, ad esempio, è l’unico ad utilizzare freni Nissin e sospensioni Showa, per cui da parte di HRC c’è ovviamente un riserbo da questo punto di vista per evitare un travaso di informazioni confidenziali».

Può essere fatto un primo bilancio del progetto Honda “Production Racer” dopo i primi quattro Gran Premi della stagione?
«Direi che il bilancio finora è abbastanza positivo: la prima fase più critica - quella in cui una moto completamente nuova viene portata in gara e nella quale spesso emergono problematiche di affidabilità che difficilmente è possibile verificare in fase di test - è stata superata abbastanza agevolmente. Questa importante fase si è concentrata fondamentalmente nel corso dei primi due test dell’anno, ed è stata anche agevolata dalla gran mole di informazioni a disposizione, avendo quattro piloti in pista, dopodiché abbiamo iniziato a concentrare i nostri sforzi sul miglioramento della moto e sulla ricerca della direzione da seguire per il set-up, per tutti i quattro piloti. Sono inoltre stati apportati degli upgrade a livello di tarature elettroniche, secondo quanto concesso dal regolamento. In questo momento stiamo svolgendo un lavoro più specifico, pilota per pilota, con l’obiettivo di valutare quelle che sono le esigenze comuni. Se una lamentela o una richiesta giunge da tutti i piloti, è evidente che si tratta di una caratteristica della moto che va migliorata o comunque adattata».

Episodi di questo tipo, con richieste simili da parte di tutti i piloti, sono già accaduti?
«Sì, sul fronte dell’elettronica: siamo perciò intervenuti nella direzione indicataci in maniera più o meno simile da tutti i team, fornendo loro degli upgrade che sono stati apprezzati da tutti i nostri piloti. Dal punto di vista del set-up non c’è ancora una convergenza così uniforme, ma ciò è dato dal fatto che i piloti hanno uno stile di guida e caratteristiche completamente diverse. Basti pensare a Redding, costretto a stare in moto in una posizione differente essendo molto più alto e pesante rispetto a Hayden o Aoyama. Suppongo comunque che nel giro di qualche gara inizieranno a sovrapporsi anche le esigenze a livello di regolazioni di assetto».

Parlando di elettronica, nello specifico che tipo di lavoro è stato fatto?
«Il software a disposizione delle moto ‘Open’ offre un certo numero di possibilità di intervento per ogni area - traction control, freno motore, curve di coppia, ecc.: se viene richiesta un’ulteriore regolazione ‘extra’ da parte di un team e la Dorna la ritiene sensata, l’upgrade viene distribuito a tutti. Per il momento non abbiamo avuto l’esigenza di aggiungere qualcosa, perché per ora il potenziale di base del software riesce a fornirci ciò di cui abbiamo bisogno. In HRC abbiamo però adattato ciò che avevamo a disposizione alle nostre esigenze specifiche, in particolare per quanto riguarda la gestione del freno motore: tra i vari modi in cui è possibile gestirlo, abbiamo individuato quello più adatto».


Redding è l’unico debuttante in sella alla RCV1000R: come sta procedendo secondo la tua esperienza il suo apprendistato?
«Innanzitutto, è un pilota con un approccio molto positivo: è molto aperto ad ascoltare i consigli della sua squadra, in primis, e di HRC. Sta lavorando molto sul suo stile di guida perché arriva da una categoria dove la potenza è molto limitata, per cui è portato ad ottenere una maggior velocità di percorrenza in curva, quando in realtà per la MotoGP occorre un compromesso che consenta di rialzare la moto il prima possibile e aumentare la superficie di appoggio della gomma, in maniera da non rovinarla e per sfruttare di più l’accelerazione del motore. Del resto, questo è un aspetto sul quale tutti i piloti in arrivo da una categoria minore devono lavorare. Scott inoltre è molto alto e pesante, per cui ha bisogno di un set-up specifico, influenzato anche dal fatto che frena molto forte e molto tardi».

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