Intervista a Dani Pedrosa: "Mi sento più forte che mai"

Intervista a Dani Pedrosa: "Mi sento più forte che mai"
Da metà del 2012 è il pilota più in forma della MotoGP e dal GP di Indianapolis in poi ha sempre vinto quando è arrivato al traguardo. Il “nuovo” Pedrosa è diverso: più combattivo, più determinato, più convinto | G. Zamagni
18 marzo 2013

Punti chiave


SEPANG – Da metà del 2012 è il pilota più in forma della MotoGP e dal GP di Indianapolis in poi ha sempre vinto quando è arrivato al traguardo, sbagliando solo a Phillip Island, nell’estremo, disperato e coraggioso tentativo di battere Casey Stoner e strappare il titolo a Jorge Lorenzo. Ma anche in quella caduta, Dani Pedrosa ha dimostrato di essere cambiato, di essere un “nuovo” pilota: in passato, mai avrebbe fatto un azzardo del genere, ma si sarebbe accontentato di un piazzamento, di una prestazione buona ma non eccellente. Il “nuovo” Pedrosa è diverso: più combattivo, più determinato, più convinto delle proprie possibilità. Insomma, un pilota più forte.
“Credo che quest’anno Dani abbia una grande opportunità di conquistare il titolo” ha detto Shuhei Nakamoto, numero due esecutivo della HRC, durante la presentazione ufficiale della squadra. Lo sa anche Pedrosa. E non si nasconde.


Allora Dani, in questo momento sei il pilota da battere.
«Diciamo che ho iniziato il 2013 un po’ come ho finito il 2012, continuando il buon lavoro della passata stagione. Mi trovo bene con la moto e per questo riesco a guidare meglio».

 

E’ sicuramente un momento positivo, la moto mi piace più che in passato. Mi sento più forte di sempre

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Ti diverti ancora a fare il pilota?
«Sì, sempre. Anzi, più di prima, perché mi sento bene, ho un buon feeling con tutto e tutti, sono a mio agio con la squadra. E’ sicuramente un momento positivo, la moto mi piace più che in passato. Mi sento più forte di sempre».

 
Quando è iniziata questa svolta?
«Già l’anno scorso: è vero che da metà campionato in poi ho cominciato ad andare più forte. Le vittorie danno fiducia, morale, non solo al pilota ma a tutta la squadra, alle persone che ti stanno intorno. L’esperienza del successo ti fa fare ancora il meglio, ti dà una spinta particolare».


Nella sua biografia, “Open”, il tennista Andre Agassi racconta che il sapore della vittoria è qualcosa di speciale, ma è la rabbia di una sconfitta che ti dà una carica particolare per battere il tuo avversario nella partita successiva. E’ così anche per te?
«No, per me è esattamente il contrario. E’ vero, quando perdi stai male, ma io cerco di rimuovere le sconfitte: se mi fermo a pensare al passato mi viene subito in mente quello che ho vinto. Naturalmente, quando un rivale ti batte cerchi di capire cosa è successo, studi come hai perso la gara, ma quello che ti fa vivere per andare più forte è il feeling, il sapore, la sensazione che ti dà una vittoria: lavori solo per quello tutti i giorni».


Quindi la vittoria è un’ossessione, ci pensi giorno e notte, ogni minuto della tua giornata?
«No, non è proprio così. Quando sono a casa, rilassato, non penso ai GP o a battere un avversario. Ma basta una qualsiasi sfida, magari una serata con i kart con gli amici e subito provi a vincere, a fare meglio di tutti, qualsiasi sia la cosa che stai facendo. Non lo fai apposta: credo sia una cosa interiore».


Il motociclismo è solo uno sport di velocità, o conta anche la tattica?
«E’ uno sport anche di tattica, ma molto personale. Non la puoi programmare, decidere il giorno prima, come avviene per esempio in F.1: solo qualche volta, nelle moto, quello che hai pensato il sabato si verifica anche la domenica. Il più delle volte, le situazioni cambiano, devi adattarti alla situazione».


Stoner entrava in pista e “sparava” subito il tempone, la domenica spingeva senza sosta dal primo all’ultimo giro: cambieranno le gare dopo il suo ritiro?
«No, si continuerà a spingere dal primo all’ultimo giro. Anche perché sono le gomme a richiederlo».

 

Quindi più che di una “tattica Stoner” si deve parlare di una “tattica Bridgestone”?
«Le gare sono cambiate tanto negli ultimi anni: adesso non è più come prima, quando il rendimento della gomma calava dopo dieci giri. Inoltre, quando il livello è più alto, quando la rivalità è più stretta, come sta accadendo in questo momento, ci vogliono più giri per riuscire a fare la differenza. Qualche anno fa, facevi la differenza andando veloce negli ultimi 10 giri, poi negli ultimi 12, poi 14… Adesso devi sempre dare il massimo dallo spegnersi del semaforo fino alla bandiera a scacchi».

 

Dani, si è sempre discusso molto sul tuo peso; si può sintetizzare che il tuo fisico sia stato un vantaggio in 125 e in 250, ma rappresenta uno svantaggio in MotoGP?
«In 125 non avevo nessun vantaggio, perché c’era un peso minimo di moto+pilota. In 250 può darsi che, in certe circostanze, mi abbia dato un piccolo vantaggio, però, effettivamente, in MotoGP è sempre stato piuttosto difficile per me, perché queste moto hanno bisogno di braccia e gambe lunghe, che ti consentono uno sforzo maggiore. Non sono mai stato un pilota alto, non so bene che vantaggi hai, però credo che sia così…».


Guardando quanto avvenuto nei test, ci sono quattro piloti che possono vincere un GP e, forse, lottare per il mondiale: tu, Lorenzo, Marquez e Rossi. Sei d’accordo?
(l’intervista è stata fatta a Sepang, a fine febbraio. Dopo i test di Austin, Dani avrà cambiato idea? NDA) «Direi che al momento siamo in due che possiamo giocarci un GP, io e Lorenzo. Rossi e Marquez non lo so: dipenderà dal livello del campionato».

 

Direi che al momento siamo in due che possiamo giocarci un GP, io e Lorenzo. Rossi e Marquez non lo so: dipenderà dal livello del campionato

Ma la rivalità con Lorenzo, quindi con un altro pilota spagnolo, alza il livello della sfida?
«Non conta la rivalità con un pilota spagnolo, è importante solo quella per il campionato. In questo momento siamo io e lui in lotta, ma non cambierebbe se ci fosse un altro pilota di un’altra nazione. E, soprattutto, conta la voglia di essere campione».

 
Perché Pedrosa non ha ancora conquistato il titolo della MotoGP?
(ci pensa un attimo, anzi più di un attimo). «E’ una risposta un po’ troppo lunga: ma il passato è il passato, non ci voglio pensare».


Hai sempre corso con la Honda: non ti è mai venuta la voglia di cambiare Marca?
«Ci pensi quando hai dei problemi sulla tua moto e non capisci bene il valore del tuo avversario che guida una Marca differente. E’ successo, per esempio, nel 2008, nel 2009, nel 2010, quando la Yamaha era più competitiva della Honda : avevo la curiosità di capire come andava l’altra moto».


Ma per te sarebbe una nuova sfida correre con un’altra moto?
«Sinceramente, non è una sfida che sogno».
 

Stoner si è ritirato a soli 27 anni, Lorenzo dice che non andrà avanti a lungo; quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Non faccio più programmi, vivo più alla giornata. In questo senso, ultimamente sono cambiato: non ero così prima».


Solo nello sport o anche nella vita di tutti i giorni?
«Anche nella vita di tutti i giorni. Prima programmavo ogni cosa, anche fuori dalle corse, ma adesso ho capito che conta moltissimo il feeling che hai in quello specifico momento, cosa ti rende felice. Devi cercare quello che ti fa stare bene e se non sei soddisfatto provare a fare altro. Non è facile, perché la vita è frenetica e ci sono tanti cambiamenti, non è sempre uguale per tutta la vita: per stare bene, devi riuscire ad adattarti».


Torniamo alla MotoGP: non trovi che le gare siano un po’ troppo noiose?
«E’ tanto che non guardo una gara da fuori…».

 

Lorenzo e Pedrosa, Brno 2012
Lorenzo e Pedrosa, Brno 2012


Ma da dentro com’è?
«Da dentro la vivi come uno sport con tanti obblighi per le troppe regole per renderla più interessante per gli sponsor e per la TV. Il rischio è di esagerare: si arriverà a impedire, per esempio, i sorpassi nelle curve a destra…».

 
A proposito di questo, nel 2013 viene introdotta una sorta di “patente a punti”, con possibili sanzioni dopo alcuni ricambi. Come la vedi?
«Non so ancora esattamente come funzionerà, però non sono completamente d’accordo. Credo che chi sta in direzione gara, non deve dare un cartellino rosso a qualcuno solo perché ha preso prima, per esempio, 5 cartellini gialli: così, hai meno responsabilità, mentre chi è in direzione corsa non dovrebbe avere paura di prendersi la responsabilità di decidere immediatamente, anche se può essere una decisione difficile. Ma devo informarmi meglio, prima di giudicare».


Dani, c’è una domanda che ti viene sempre fatta e alla quale non ne puoi più di rispondere?
(anche in questo caso ci pensa un po’, prima di rispondere. Poi ride). «No, non me ne viene in mente nessuna. Ma se mi viene fatta, te lo dico…».

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