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Dunque Jorge Lorenzo alla Ducati per il 2017. Ed è una gran bella cosa in primis per la Ducati, che cercava un top rider e non era scontato che lo trovasse; e poi anche per lui che con una mossa centra tre obiettivi: trova una moto competitiva più o meno quanto la sua attuale, incassa 25 milioni di euro in due anni, e infine si libera di un compagno di squadra ingombrante. Ma Lorenzo che pilota è? Ne approfittiamo per ripercorrere la sua lunga carriera: sono quindici stagioni, con questo 2016, che Jorge prende parte al mondiale. Non tutti si ricorderanno esattamente com’è andata.
Cominciamo col dire che, come quasi tutti i piloti della sua generazione, Jorge s’è fatto una decina d’anni di motorette, dalle piccolissime alle piccole fino alle medie, prima di esordire nel massimo campionato. A soli quattro anni, ed era il 1991, disputava il suo primo torneo di mini cross e l’anno dopo passava in sella a una minomoto. Essendo un isolano, è nato a Palma di Maiorca il 4 maggio del 1987, fu iscritto nel ‘93 a quel che c’era a portata di mano, il campionato minicross delle Baleari. Il talento sbocciò subito: per tre anni di seguito fu lui il campione. La famiglia Lorenzo era composta da mamma Maria, la sorellina Laura e il padre Josè Manuel, detto Chico, che era un grande appassionato, gestiva una pistina locale e in tutti i modi incoraggiava il suo bimbo perché diventasse un pilota; purtroppo la sua autorevolezza fu forse eccessiva, il rapporto tra i due Lorenzo è sempre stato parecchio complicato, e anche recentemente, quando Jorge dice bianco, allora Chico dice nero. Dopo i tre titoli locali, il nostro si decise a prendere il traghetto: in poco più di sette ore da Palma si arriva a Barcellona, con le corse vere combattute nel continente.
Il suo primo torneo nazionale fu la Coppa Aprilia, classe 50 con la RS: esordio nel 1997, a soli dieci anni, e vittoria l’anno dopo. Nel 1999 passò sulla RS 125, ma l’ambizione era quella di correre il campionato spagnolo e così per la stagione 2000, quando ancora non aveva tredici anni, ottenne dalla Federazione motociclistica spagnola una deroga speciale per correre con la 125, classe che concluse diciassettesimo. Da lì, una carriera molto rapida: nel 2001 eccolo nel campionato europeo classe 125, sesto in classifica finale e quarto nel campionato spagnolo.
E’ a questo punto che lo nota Gian Piero Sacchi, allora responsabile del gruppo Piaggio con tutti i suoi marchi, che lo fa esordire nel mondiale 125 con l’assistenza del team Caja Madrid Derbi racing. Lorenzo debutta a Jerez de la Frontera il 4 maggio 2002, giorno del suo quindicesimo compleanno e quindi appena raggiunta l’età minima per correre nel motomondiale in quel periodo. Gli tocca perdere, oltre ai primi due gran premi di Suzuka e Welkom, anche le prove del venerdì. La domenica stabilisce naturalmente il record di precocità per la 125, e chiude la gara ventiduesimo con il 48, il numero che aveva preso dal suo manager Daniel Amatriaìn. Avrebbe scelto l’attuale 99 sette anni dopo, a partire dalla stagione 2009 in MotoGP.
E’ nel 2003 che tutti lo notiamo. Sfrontato, Jorge fa il duro ma è soprattutto un timido. Sul podio della 125 succhia il lecca lecca dello sponsor Chupa Chups, sorride poco e fa la faccia più imbronciata che può. Per apparire ancora più pericoloso, sul casco mette il soprannome che vuole passare alla storia: “para fuera”. Come dire che lui è tanto superiore da sorpassare i rivali all’esterno. La prima vittoria arriva in Brasile al Jacarepagua, il 20 settembre 2003, e a fine stagione è dodicesimo salendo sul podio anche in Malesia. Molto meglio gli va nel 2004: sempre con la Derbi 125 vince in Olanda, poi in Repubblica Ceca e infine anche in Qatar: a Losail taglia il traguardo insieme al Dovi, il fotofinish non basta, la vittoria gli viene assegnata con la discriminante del giro veloce. Lorenzo è quarto in classifica finale, e il campione è proprio Andrea Dovizioso. Bilancio delle tre stagioni in 125: 46 gare, quattro successi, nove podi in totale, tre pole e tre giri veloci. E a quel punto passa in duemmezzo con il team Fortuna.
Nella stagione 2005 eccolo su Honda, con sei podi e il quinto posto finale. Jorge sta prendendo le misure alla maggior potenza. Con la 250 si scorda i sorpassi all’esterno, ma sembra sempre molto aggressivo: in Giappone, dopo l’incidente all’ultima curva che causa la caduta di Alex De Angelis (in lotta con Pedrosa per il successo), è squalificato per condotta irresponsabile e quindi costretto a saltare la successiva tappa malese. Il sanmarinese, che già era stato abbattuto da Lorenzo a Barcellona, non la prende bene. “A lui – disse all’epoca- sembra non importare che ci si possa far molto male”.
Poi l’Aprilia e i suoi primi due titoli mondiali. Otto vittorie nel 2006, e dieci pole position. Quell’anno se la gioca con Dovizioso fino all’ultimo GP ed è il secondo più giovane iridato nella storia della classe media: 19 anni e 178 giorni contro 19 anni e 18 giorni del recordman Dani Pedrosa. E l’anno dopo Jorge fa ancora meglio: con nove successi è il campione del mondo con una gara di anticipo. Una curiosità di quella stagione che rivela qualcosa del suo carattere: ad ogni pole (e sono nove) corrisponde puntualmente la vittoria. Come dire che quando è convinto di vincere parte per farlo, e allora diventa molto difficile batterlo. Resta il mistero di come incappi periodicamente in certe giornate storte. A quel punto comunque Lorenzo non ha più nulla da dimostrare in duemmezzo e lo chiamano in MotoGP nel team Fiat-Yamaha. Bilancio delle tre annate in 250: 48 gare, diciassette vittorie, altri dodici podi, ventitre pole e quattro giri veloci.
L’esordio con la M1 va raccontato nei dettagli perché come arriva in Yamaha al fianco di Valentino Rossi, anno 2008, mette davvero paura: si comincia in Qatar e il maiorchino stabilisce la pole, poi in gara è secondo solo a Stoner; si va a Jerez per il secondo round ed è ancora pole, quindi il terzo posto in gara dietro a Pedrosa e Rossi. Terza gara all’Estoril e questa volta, dopo la solita pole del sabato, la domenica arriva addirittura la vittoria, di misura su Pedrosa e con Rossi staccato. Il giorno dopo Jorge si precipita a Barcellona e si fa operare di fasciotomia per rimediare ai fastidi della sindrome compartimentale. Tutto di corsa. La meraviglia è generale: era da anni che non si vedeva un esordiente così forte nella top class, ma Jorge è Jorge, è veloce, convinto e sembra non precludersi nulla. Invece subito dopo, come una doccia fredda, arrivano le cadute, tante e tutte rovinose. In Cina si spezza entrambe le caviglie ma riescono a metterlo sulla moto per raggiungere stoicamente il quarto posto; nelle prove di Barcellona vola via, picchia forte la testa, si temono danni che fortunatamente la TAC esclude; a Laguna Seca, primo giro, un violento high-side lo butta giù di nuovo spezzandogli il piede sinistro. Cade anche al Mugello, per fortuna senza fratture, poi a Misano e Indy torna sul podio, ma alla fine è soltanto quarto con Rossi campione. Resta il miglior esordiente dell’anno, ma finita la stagione si scoprirà che tutte quelle cadute hanno lasciato una traccia profonda, che Jorge ha avuto paura ed ha pensato addirittura al clamoroso ritiro.
Nel 2009 Jorge si migliora: parte bene, vince la seconda e la quarta gara, poi fa una bella serie di podi prima di vincere ancora due volte. Nel box Yamaha hanno eretto il famoso muro, i rapporti tra i due piloti sono formalmente tesi, il sorpasso subito da Rossi, alla penultima curva della gara di Catalogna, diventa antologia e forse brucia ancora oggi. Alti e bassi. La caduta a Jerez quando era quarto, quell’altra a Donington sulla riga bianca, poi ancora a Brno, da leader, per resistere a Rossi. Lorenzo rovina a terra anche in Australia al primo giro, quella volta travolto da Hayden, però tutte le volte che conclude è sul podio, tranne in Malesia (quarto); quel giorno piove poco prima del via, e dopo i due giri di riscaldamento lui sbaglia i tempi e deve partire da fondo schieramento.
Il primo titolo in MotoGP, terzo per lui, arriva al termine della stagione 2010: con nove vittorie e sempre sul podio (tranne due quarti posti), mai a zero, è campione del mondo con tre gare di anticipo quando ha soli 23 anni. In classifica precede Dani Pedrosa, poi il compagno di squadra Valentino Rossi che è stato fermo sei settimane per la doppia frattura alle gambe rimediata al Mugello, quarto Casey Stoner all’ultima stagione in Ducati. Velocità, regolarità impressionante, stile sulla moto: ormai Jorge Lorenzo è nell’Olimpo della classe al top.
Il resto è storia recente, che quasi tutti voi avete seguito direttamente. Nel 2011, Ben Spies con lui e Rossi in Ducati, Jorge è secondo con tre vittorie e il campione è Stoner sulla Honda. Il finale di stagione è triste perché in Australia il 99 si fa male nel warm-up (anulare mano sinistra) e deve saltare gli ultimi tre GP.
Nel 2012 il pronto riscatto: campione del mondo con sei vittorie, sempre puntuale al secondo posto quando non vince, due soli ritiri. Jorge è anche il primo spagnolo a vincere due titoli nella top class. Poi le due stagioni dominate da Marquez. Nel 2013 è secondo dietro al 93 per soli 4 punti e nonostante ben otto vittorie. Ricorderete i fatti d’Olanda: ad Assen cade in prova, riporta la frattura scomposta della clavicola, ottiene l’ok dei medici, corre ed è quinto; ma la tappa successiva in Germania cade ancora nelle libere, la placca si piega e lui deve saltare la gara. Il 2 maggio 2013 il circuito di Jerez gli aveva intitolato una curva, rinominando "curva Lorenzo" la svolta numero tredici del tracciato.
Il 2014 scatta all’insegna della sfortuna. In Qatar cade al primo giro quando era in testa, ed è decimo in Texas dopo aver scontato il ride-trough per quella clamorosa partenza anticipata, poi più avanti è soltanto tredicesimo ad Assen, nella gara rocambolesca vinta da Marquez tra cambi moto e scrosci d’acqua. Lorenzo non ha troppa fortuna quando le condizioni meteo sono incerte: a Valencia scommette sull’aumento della pioggia, azzarda un cambio moto anticipato e gli va male. Alla fine è terzo in classifica, con due sole vittorie.
Del 2015 vi sarete già fatti una vostra idea: è lui il campione del mondo dopo l’epilogo più discusso della storia. Anche l’anno scorso non ha brillato nelle prime gare, prima per via dell’interno del casco che si sposta in Qatar (quarto al traguardo), poi per la bronchite patita ad Austin (ancora quarto). Dopo la gomma sbagliata in Argentina (quinto), arrivarono però i quattro successi consecutivi. E alla fine, con sette vittorie, il campione fu lui. Per la terza volta in MotoGP.
Bilancio ad oggi nella top class: tre titoli, 141 gare, 36 pole, 27 giri veloci, 99 podi totali e già 41 successi. Nelle vittorie dietro soltanto a Rossi, Ago e Doohan; e davanti a Stoner, Hailwood, Lawson.