Jorge Lorenzo promette: migliorerò anche il carattere

Jorge Lorenzo promette: migliorerò anche il carattere
Nella lunga intervista il neo campione della MotoGP si confessa: il difficile rapporto col padre, il passaggio dal cross alla velocità, la carriera, il trionfo e il carattere... | G. Zamagni
12 ottobre 2010


SEPANG – La festa per il titolo mondiale si è protratta fino a lunedì mattina in un locale di Kuala Lumpur. Tutti, ma proprio tutti i presenti sono finiti in piscina, mentre gli uomini di Lorenzo, i suoi meccanici, i suoi amici, chi gli sta vicino è stato “rapato” a zero da Jorge in persona. E’ lunedì sera quando Lorenzo, il nuovo campione del mondo della MotoGP, si presenta nella hall del Pan Pacific, l’hotel dell’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, dove pernottano tutti i piloti durante il GP. Il viso è rilassato, ma anche “provato” da una notte lunghissima durante la quale, giustamente, il pilota della Yamaha si è liberato di qualsiasi paura e inibizione.

«Quando abbiamo cantato “We are the Champions” (questo, per la verità, è successo domenica pomeriggio in sala stampa, nda) è stato un momento molto bello: quando diventi campione del mondo devi essere diplomatico, ringraziare un sacco di gente, ma quello che tutta la squadra vuole e quello che voglio io è fare cose che non fai normalmente. E questo lo abbiamo fatto a Kuala: passato un po’ di tempo, ho cominciato a rendermi conto di quello che avevo fatto».

Lorenzo ripercorre un po’ la sua carriera, svelando come è arrivato al mondiale.
«Non è stata una carriera facile, con tanti problemi esterni alle gare. Prima con mio papà: è stato difficile dirgli che non poteva più venire ai GP: ma era inevitabile, altrimenti ci saremmo “ammazzati”. Quello è stato un periodo veramente difficile, ma necessario. Ed è andata bene, perché poi ho conquistato due titoli in 250 (2006 e 2007, nda). Poi c’è stata la separazione con il manager Amatriain (traumatica. Amatriain è stato coinvolto anche in questioni di droga e ancora oggi, di tanto in tanto, bussa alla porta di Lorenzo per ricattarlo, nda), qualche infortunio, anche se, per la verità, sono stato fortunato, perché non mi sono mai fatto troppo male. Sono cresciuto più velocemente di quanto mi aspettassi e ho sempre avuto la fortuna di trovarmi al posto giusto nel momento giusto. Maiorca (dove Jorge è nato e cresciuto, nda) è un’isola molto piccola e chi corre in moto arriva al massimo al campionato spagnolo, non al mondiale. Io a 10 anni correvo con la moto da cross, ma un giorno sono stato da un concessionario molto famoso di Maiorca; il nipote correva nella coppa Aprilia 50, che si disputava in tutti i circuiti di Spagna. C’erano solo 15 iscritti e il campionato aveva bisogno di piloti, per questo chiedevano ai concessionari di portare nuovi ragazzi. Io, però, ero talmente piccolo che non avevo l’età per iscrivermi, ma mio papà era d’accordo perché io corressi. Così, lui è andato a Barcellona da Amatriain con un dvd dei miei allenamenti: Amatriain, però, gli disse che non c’era più posto e non sembrava intenzionato a guardare il dvd. L’ha fatto quasi per caso e quando l’ha visto è rimasto così impressionato che il giorno dopo ha chiamato mio padre e gli ha detto: torna a Barcellona, firmiamo un contratto. Mi accordo con lui e ogni anno cresco, fino ad arrivare a conquistare una gara del campionato d’Europa. A quel punto, sono stato contattato da Gianpiero Sacchi (ai quei tempi responsabile dell’attività Derbi, nda): c’erano vari piloti, ma alla fine sono stato scelto io. Ho vinto 4 gare con la Derbi, poi la 250, poi è arrivata la Yamaha: ho sempre avuto la sensazione che sono stato fortunato nella scelta dei momenti».

Lorenzo spiega come da ragazzino per lui la 125 valeva la 500.
«Per me Aoki, Ueda o Cecchinello valevano come Doohan: erano tutti eroi, indipendentemente dalla cilindrata. Per me conquistare il titolo della 125 sarebbe stato il massimo e quando ho vinto quello della 250 avevo già ottenuto più di quanto mi potessi aspettare. Ma avevo solo 19 anni, non potevo certo smettere di correre, anche perché faccio quello che amo; così ho continuato e domenica ho ottenuto il mondiale MotoGP, che è molto più importante di quello della 250».

Jorge conferma di aver lavorato molto su se stesso. E fa una promessa.
«Normalmente il pilota cerca di migliorare le sue prestazioni in pista, ma non fuori. Io ho per forza dovuto migliorare questo aspetto: all’inizio mi comportavo come mio papà, molto freddo, mai sorridente. Questo non piace alla gente e, soprattutto, tu non sei felice. Le persone ti vogliono sorridente, devi dedicargli tempo, sentimento e qualche volta dire grazie. Questo l’ho imparato nella vita tutti di giorni, ma spero di migliorare ulteriormente».

Parola di Campione del Mondo.

 

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