Kenny Roberts: “Farei una MotoGP con un motore italiano”

Kenny Roberts: “Farei una MotoGP con un motore italiano”
Il tre volte campione del mondo della 500 ha sempre avuto il pallino di costruire moto da corsa. Quando ci ha provato non raccolse granché, ma ora dichiara: vorrei la tecnologia giapponese e un motore italiano
5 gennaio 2021

Kenny Roberts è stato un pilota meraviglioso, tuttora ha il gusto della guida di traverso su terra, specialità nella quale ha dominato gli States, ma non si è mai accontentato della guida: costruire moto da corsa è sempre stata la sua passione e un suo hobby.

Molti anni fa eravamo con Maurizio Tanca in California per dei test a Laguna, e in una giornata libera decidemmo di andare a trovare Kenny nel suo ranch di Modesto. Lui non c’era, non c’era proprio nessuno, solo tante moto e motorette sparse intorno alla casa. Ma era tutto aperto, potevamo forse rinunciare alla curiosità di sbirciare nel suo grande garage? Certo che no.

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Ricordo che tra coppe, tute e vecchie cose, in un disordine notevole, c’erano diverse moto autocostruite per girare sugli ovali sterrati intorno alla casa: una Yamaha 550 trasformata in dirt, un telaio segato a metà, forcelle e ammortizzatori, camere d’espansione, un motore quattro cilindri due tempi aperto su un banco. Kenny non si accontentava mai di quello che già esiste.

Vinti i suoi tre titoli mondiali consecutivi della classe 500, l’ultimo nel 1980, Roberts ne ha conquistati altri quattro da team manager con Kocinski (1) e con Rainey (3) utilizzando come Agostini le 250 e le 500 Yamaha. Dopo di che è diventato un costruttore: nel ’97 con la Modenas 500 e il figlio Kenny jr insieme a Bayle e poi Waldmann, nel 2003 in MotoGP con la Proton cinque cilindri, che nel 2005 passò al motore KTM e nel 2006 a quello Honda. I risultati non sono stati così eclatanti fino all'ultimo anno, nel 2006. Fino a che il californiano si stancò. Oggi dice che avrebbe dovuto essere più furbo, ma era più interessato ai progetti che al denaro.

Mi piaceva migliorare la guida dei miei piloti - ha detto nel corso di una intervista al canale YT MotoStarr - cercando soluzioni inedite. Mi rivolsi anche ai tecnici della F1, quando iniziai con la Modenas, anche perché facevo base in Gran Bretagna: ma gli ingegneri della F1 faticano a focalizzarsi sulle necessità delle moto e le cose non hanno funzionato. Noi puntammo sul tre cilindri, più leggero e agile del quattro, anche perché non volevamo copiare la Yamaha”.

Kenny ha fatto qualche confidenza all’intervistatore: Modenas era il partner tecnico malese, ma un incidente in elicottero costò la vita al boss della casa e tutto diventò più difficile. L’obiettivo era di fare un moto e di venderla, ma i Malesi erano più concentrati sulle auto. Poi, quando arrivò l’era della MotoGP e del quattro tempi, il marziano decise di costruire anche il motore: progetto e realizzazione furono velocissimi.

“In sei mesi eravamo pronti con il nostro cinque cilindri, la Proton era generosa con le risorse e il motore era ottimo, già superiore a quello Suzuki che usava mio figlio”.

L’avventura durò soltanto tre anni. Ma oggi, se dovesse costruire una MotoGP, a chi si rivolgerebbe Kenny?

Ai Giapponesi per la tecnologia e agli Italiani per il motore - ha risposto Roberts- ma sarebbe molto difficile trovare i mezzi finanziari adeguati”.