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Kenny Roberts è stato un pilota meraviglioso, tuttora ha il gusto della guida di traverso su terra, specialità nella quale ha dominato gli States, ma non si è mai accontentato della guida: costruire moto da corsa è sempre stata la sua passione e un suo hobby.
Molti anni fa eravamo con Maurizio Tanca in California per dei test a Laguna, e in una giornata libera decidemmo di andare a trovare Kenny nel suo ranch di Modesto. Lui non c’era, non c’era proprio nessuno, solo tante moto e motorette sparse intorno alla casa. Ma era tutto aperto, potevamo forse rinunciare alla curiosità di sbirciare nel suo grande garage? Certo che no.
Ricordo che tra coppe, tute e vecchie cose, in un disordine notevole, c’erano diverse moto autocostruite per girare sugli ovali sterrati intorno alla casa: una Yamaha 550 trasformata in dirt, un telaio segato a metà, forcelle e ammortizzatori, camere d’espansione, un motore quattro cilindri due tempi aperto su un banco. Kenny non si accontentava mai di quello che già esiste.
Vinti i suoi tre titoli mondiali consecutivi della classe 500, l’ultimo nel 1980, Roberts ne ha conquistati altri quattro da team manager con Kocinski (1) e con Rainey (3) utilizzando come Agostini le 250 e le 500 Yamaha. Dopo di che è diventato un costruttore: nel ’97 con la Modenas 500 e il figlio Kenny jr insieme a Bayle e poi Waldmann, nel 2003 in MotoGP con la Proton cinque cilindri, che nel 2005 passò al motore KTM e nel 2006 a quello Honda. I risultati non sono stati così eclatanti fino all'ultimo anno, nel 2006. Fino a che il californiano si stancò. Oggi dice che avrebbe dovuto essere più furbo, ma era più interessato ai progetti che al denaro.
“Mi piaceva migliorare la guida dei miei piloti - ha detto nel corso di una intervista al canale YT MotoStarr - cercando soluzioni inedite. Mi rivolsi anche ai tecnici della F1, quando iniziai con la Modenas, anche perché facevo base in Gran Bretagna: ma gli ingegneri della F1 faticano a focalizzarsi sulle necessità delle moto e le cose non hanno funzionato. Noi puntammo sul tre cilindri, più leggero e agile del quattro, anche perché non volevamo copiare la Yamaha”.
Kenny ha fatto qualche confidenza all’intervistatore: Modenas era il partner tecnico malese, ma un incidente in elicottero costò la vita al boss della casa e tutto diventò più difficile. L’obiettivo era di fare un moto e di venderla, ma i Malesi erano più concentrati sulle auto. Poi, quando arrivò l’era della MotoGP e del quattro tempi, il marziano decise di costruire anche il motore: progetto e realizzazione furono velocissimi.
“In sei mesi eravamo pronti con il nostro cinque cilindri, la Proton era generosa con le risorse e il motore era ottimo, già superiore a quello Suzuki che usava mio figlio”.
L’avventura durò soltanto tre anni. Ma oggi, se dovesse costruire una MotoGP, a chi si rivolgerebbe Kenny?
“Ai Giapponesi per la tecnologia e agli Italiani per il motore - ha risposto Roberts- ma sarebbe molto difficile trovare i mezzi finanziari adeguati”.