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E’ la moto che Valentino lasciò alla fine del 2003 per passare alla Yamaha, per mettersi in sella alla M1. Fu una specie di azzardo, una scelta che in seguito Rossi stesso ha definito “coraggiosa ma un po’ stupida”: perché la RC211V era una meraviglia, stupenda nella tecnica e nella guida. Anche se al primo approccio, scendendo dalla NSR 500 due tempi da campione del mondo, Rossi l’aveva bocciata: probabilmente lì era ancora grezza, meno esplosiva nell’erogazione della potenza. Ma molto presto il 46 si era convinto dell’eccellenza del progetto.
Nella stagione del debutto (2002), Valentino vinse ben undici GP, nel secondo anno le vittorie furono nove, cinque i secondi posti e due i terzi: sempre sul podio, tanto superiore che a Phillip Island, penalizzato di dieci secondi per un sorpasso in regime di bandiere gialle, dai 5” di vantaggio su Capirossi passò clamorosamente ai 15”.
Una nota particolare: quella scritta Repsol sulla carenatura rischiò di costare cara, al Dottore: nel dicembre del 2002 un gruppo terroristico che ce l’aveva con la compagnia petrolifera spagnola inviò dei pacchi bomba a vari giornali spagnoli (e all’ufficio di Iberia a Malpensa). Successivamente arrivò la rivendicazione con minacce esplicite a Rossi, “testimonial di Repsol”. Cosa non vera, Repsol era il main sponsor di HRC, ma scattò comunque un piano di protezione del pilota.
Non fu certo a causa della moto, che Rossi lasciò la Honda portandosi via pure tutta la squadra e mettendo in ginocchio il colosso giapponese. Fu piuttosto per una serie di tensioni che esplosero al momento del rinnovo del contratto per il biennio 2004-2005. Valentino non si sentiva abbastanza apprezzato e del resto per Honda era un pilota ingombrante. “Vinceremo anche con un anonimo pilota giapponese!” Tuonò nell’ottobre 2003 il presidente Honda Fukui. Andò diversamente, ma la moto era fantastica.
RC sta per Racing Cycle (moto da competizione), 211 per sottolineare che è la prima MotoGP Honda del XXI secolo, V per il cinque cilindri a V. Per la precisione di 75.5°, con tre cilindri anteriori e due posteriori e totali 990 cc del limite consentito. La fasatura big bang, eredità della NSR 500, garantiva rotondità e quindi aderenza costante al pneumatico posteriore. I cilindri derivavano dal V4, in particolare dalla RC45 vincitrice nel mondiale superbike 1997: camera di combustione molto simile, come pure le misure di alesaggio e corsa.
HRC cercò la massima centralizzazione delle masse per migliorare agilità, guida e maneggevolezza. La RC211V aveva un terzo della benzina sotto il sedere del pilota, forcellone molto lungo. Non espresse subito tutto il suo potenziale: la potenza massima era limitata a 220 cavalli e la messa a punto era problematica. Nel 2002 la RC211V più veloce fu quella di Ukawa con i 324,5 km all’ora al Mugello. Al termine del ciclo, nel 2006, la potenza era aumentata come la punta massima: Casey Stoner segnò 334 km all’ora sempre sulla pista toscana.
Dopo i primi due titoli piloti conquistati da Valentino Rossi nel 2002 e nel 2003, il terzo titolo arrivò con Nicky Hayden nel 2006. Dieci piloti hanno guidato la RC211V: in ordine alfabetico Alex Barros, Max Biaggi, Toni Elias, Sete Gibernau, Nicky Hayden, Marco Melandri, Dani Pedrosa, Valentino Rossi, Makoto Tamada e Tohru Ukawa. Per un totale di 48 GP vinti, tre titoli piloti e quattro titoli costruttori.