La MotoGP sbarca in America

La MotoGP sbarca in America
Cielo azzurro terso, 25 °C ventilati: benvenuti in California. Laguna Seca è un mito per molti appassionati di moto e la pista vecchia maniera aiuta a rendere unica questa tappa | G. Zamagni, Laguna Seca
22 luglio 2011

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LAGUNA SECA – Cielo azzurro terso, 25 °C ventilati: benvenuti in California. Laguna Seca è un mito per molti appassionati di moto e la pista vecchia maniera aiuta a rendere unica questa tappa. Così come il paddock, completamente differente da quelli europei: meno barriere, meno formalità, più moto, anche quelle del campionato AMA SBK e SS, più piloti in giro. E tanti miti americani da pelle d’oca: qui la Yamaha, come ad Assen, sfoggia le carenature bianche-rosse per celebrare i 50 anni di corse, e per l’occasione ha riunito i campioni del passato, Kenny Roberts, Wayne Rainey (che abita a due passi dal circuito), Eddie Lawson. Da brividi. E quando il vecchio Kenny, classe 1951, si infila la tuta e fa qualche giro di pista con la M1 viene la pelle d’oca. “Non avevo mai provato queste 4T, se non una volta a Valencia il motore Honda 5 cilindri: gomme e freni sono davvero impressionanti”.

Altri due passi e ti imbatti in Kevin Schwantz, sempre con la Suzuki nel cuore. “Avete visto cosa ha fatto Bautista al Sachsenring? Io dico che la moto non è poi così male”, afferma convinto. Poi la butta lì, perché in mente ha sempre l’idea di fare un team: “Forse andrebbe gestita un po’ meglio”.
Ti aggiri per i box e incontri Jeremy Burgess, lo storico capo tecnico di Valentino Rossi, costretto a saltare gli ultimi due GP per un grave problema familiare: come suo solito, ti stringe la mano con il sorriso sulle labbra e ti invita a parlare di moto. Dentro al box Ducati si sta stretti, perché gli uomini di Borgo Panigale, con uno sforzo titanico, hanno portato due GP11.1 e due GP11, mentre nel garage a fianco, quello di Nicky Hayden, ci sono due Desmosedici vecchie e una nuova. Fai due chiacchiere con qualcuno della Ducati e scopri che nelle libere Valentino userà solo la GP11.1: davvero? Ma allora, cosa sono state portate a fare le vecchie? Vedremo domani. Intanto, Vitto Guareschi dice: “E’ un bene che sia tornato Burgess, mette un po’ d’ordine nel lavoro dentro al box”.

Con i piloti si chiacchiera cercando di rispettare gli orari europei, per permettere ai giornalisti di lavorare. Il primo a parlare è Dani Pedrosa, arrivato a Laguna mercoledì sera. “Dopo la gara del Sachesenring avevo male dappertutto, adesso è importante recuperare a livello muscolare. Gioco di squadra? Io spero di stare davanti, come è successo in Germania, così non do fastidio né a Stoner né a Lorenzo…”.

Poi tocca al campione della Yamaha. “Dopo le ultime due gare credo che Stoner abbia addosso un po’ più di pressione: questa pista mi esalta, ma qui vanno forte in tanti. Sarà un’altra sfida durissima”.

Alle 14 tutti i piloti si ritrovano per parlare del Giappone; prima, però, gli ufficiali HRC sono stati chiamati a colloquio da Shuehei Nakamoto, responsabile in pista della Casa giapponese: ha chiesto ai suoi “dipendenti” di non prendere una decisione affrettata, di aspettare quantomeno il responso – previsto per il fine settimana – dell’indagine fatta fare da Carmelo Ezpeleta, numero uno di Dorna, da un’ente italiano. Siamo in dirittura di arrivo di un braccio di ferro che vede da una parte i piloti (e tutti quelli che lavorano nel paddock) e dall’altra Honda e Dorna: in questo momento è difficile dire chi la spunterà, ma è chiaro che se i piloti rimarranno compatti, avranno il coltello dalla parte del manico.

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