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Pubblicato da Loris Reggiani su Mercoledì 30 agosto 2017
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Trent’anni esatti. Era il 30 agosto 1987 – anche se a noi “anta” sembra ieri – e il mondo era molto diverso, sia in generale che motociclisticamente parlando. Si correva ancora il Gran Premio della Germania Ovest, le categorie del Continental Circus erano ancora quattro, dalla 80 alla 500 passando per 125 e 250, e tutte rigorosamente a due tempi. Di elettronico c’erano si e no l’accensione e il contagiri.
Allora Aprilia era una piccola casa italiana, con un bel (recente) passato fra Cross e Trial, che stava muovendo i primi passi nella velocità. Impegnata da un paio d’anni fra campionati Italiano, Europeo e Mondiale, l’AF1 250 – la sigla RS era ancora da venire – era spinta dal bicilindrico in tandem Rotax con ammissione a disco rotante. Un motore considerato da molti antiquato, in un’epoca in cui le rivali erano già tutte a V, per lo più monoalbero, e con ammissione lamellare.
L’Aprilia andava forte ma non era facile da guidare, perché l’erogazione era brusca rispetto ai più evoluti V2 della concorrenza. Ma Reggiani era forte davvero, perché aveva imparato tanto da Angel Nieto in quel 1981 dove con la Minarelli era arrivato in scia al fenomeno spagnolo, e poi si era affinato negli anni successivi.
Nel 1985 arriva in Aprilia, fa due podi e chiude sesto il Mondiale. L’anno dopo le aspettative sono alte, ma Loris resta vittima di un brutto incidente stradale, salta mezza stagione e il bilancio è orribile: zero punti in classifica e conseguenze fisiche che Reggiani si porta dietro per tutta la carriera (è stato costretto a spostare il cambio sul lato destro della moto perché aveva perso quasi del tutto la mobilità della caviglia sinistra).
Il 1987 parte male: tre ritiri di fila. Poi si accende la luce: secondo al Salzburgring e a Rijeka, un’accesa rivalità con il debuttante della quarto di litro Cadalora, qualche passo falso poi di nuovo secondo a Donington e terzo ad Anderstorp. E poi, finalmente, Misano per il Gran Premio di San Marino.
La gara è tesa: Reggiani parte terzo in griglia dietro a Cadalora e Wimmer (allora in Yamaha, poi diventerà una delle bandiere di Aprilia con delle velocissime AF1 private) ma tutto gira bene e la corsa è un assolo del binomio italiano. Negli ultimi giri il muretto di Reggiani è muto, il suo capotecnico se ne va dentro al box per la tensione, per la paura che qualcosa si rompa e rovini il sogno, ma stavolta la sfortuna si distrae e “Reggio” taglia il traguardo primo.
E’ la prima vittoria di Reggiani in 250, ma soprattutto la prima affermazione per Aprilia nella velocità. Il patron Ivano Beggio è al settimo cielo e intensifica ancora di più l’impegno nelle corse: verrà premiato con il primo titolo mondiale - in 125 - solo cinque anni dopo, nel 1992, con Alessandro Gramigni. E poi, due anni dopo, con Max Biaggi inizierà l’epoca delle invincibili RS, che domineranno 125 e 250.
Ma intanto, Reggiani ha fatto la storia. E’ a lui che si deve la prima affermazione dell’Aprilia nel Motomondiale, con quella gara tutta passione e manico, con una moto fatta da tecnici con gli attributi che sapevano quel che facevano. Era un mondo diverso, come dicevamo in apertura, dove l’iniziativa e la competenza avevano tanto spazio – uno spazio che nel Mondiale di oggi forse non c’è quasi più. Se sono passati trent’anni ma non abbiamo dimenticato quella vittoria e le emozioni di quel giorno ci sarà un perché.