Marquez, un ragazzo semplice e sincero

Marquez, un ragazzo semplice e sincero
Pochi nel paddock conoscono Marc Marquez come Emilio Perez de Rozas: il giornalista di “El Periodico” fa per moto.it un ritratto umano (e non solo) del sette volte campione del mondo. “Lui è esattamente come appare, nessuna finzione”
30 novembre 2018

Quello che fa soffrire di più Marc Márquez è che nessuno pensa che lui sia proprio così com’è. Nessuno crede che quello che sta di fronte a loro sia il vero Marc Márquez. Tutti vogliono aggiungere qualcosa in più, renderlo in qualche modo “altezzoso”, ma è un grosso sbaglio, perché lui è un ragazzo semplice ed estremamente sincero in tutto quello che fa.

 

Così accade che, quando dice che sta costruendo una casa accanto a quella dei suoi genitori, perché Mama Roser continui a preparare i suoi gustosi maccheroni, molti sostengono che è una bugia, che vuole andare ad abitare ad Andorra,per non pagare le tasse. Ma non è affatto così. Quando lui dice che vuole celebrare il settimo titolo, 'Livello 7', con la sua gente, la sua famiglia, la sua squadra, i suoi amici, i suoi vicini di casa per le strade di Cervera (Lleida), c’è qualcuno che vorrebbe che saltasse sul balcone dal municipio con la bandiera dei "prigionieri politici per la libertà". Marquez dice che quello che vuole è solo passare inosservato e anonimo per una settimana, c’è chi sostiene che dice così solo per avere più attenzione su di lui.

 

Eh no, non è così. C’è solo una cosa che a Marc Márquez piace più che allenarsi e correre in moto: stare con la famiglia, divertirsi con gli amici, essere uno qualunque in qualsiasi angolo della Catalunya, in Spagna, nel mondo. Ma tutto questo non lo può ottenere, perché questo ragazzo, a soli 25 anni, è già una leggenda dello sport spagnolo, a livelli di campionissimi come Rafa Nadal, Miguel Indurain, Pau Gasol, Andres Iniesta e Fernando Alonso: inevitabilmente, Marc viene ogni giorno analizzato, spiato, osservato e perseguito da molti fan, alcuni molto discreti, altri molto meno.

 

C’è un aneddoto, accaduto l’anno scorso, che chiarisce perfettamente come vive questo nuovo mito dello sport spagnolo, non solo per i suoi titoli, ma anche per i suoi sorrisi e la sua immagine positiva, per le sue azioni spettacolari in pista, i suoi incredibili salvataggi e, soprattutto, quella determinazione e quel coraggio che lo rendono un pilota unico, tanto che una volta il britannico Cal Crutchlow ha commentato: «Se chiunque di noi provasse a imitarlo, andremmo tutti a terra e ci faremmo molto male».

 

Torniamo all’aneddoto: quel giorno Márquez prese un aereo per Bologna per partecipare al GP d'italia al Mugello. In coda con lui all’imbarco, c'era una squadra di ginnastica ritmica composta da ragazze tra i 15 e i 17 anni, che durante il volo, tutte, nessuna esclusa sono andate in prima fila da Marc per fare una foto con il campione della MotoGP.


 

Ovviamente, tutto questo ha creato una gran confusione durante il volo: le ragazze si sono scambiate le foto fatte e hanno commentato quello che si erano detti con Marc. Mentre aspettavamo le valigie, gli ho chiesto come era andato il viaggio e lui mi ha detto che tutti erano stati molto, molto gentili e rispettosi con lui. Marc mi ha raccontato di aver scherzato con una di loro, chiedendogli cosa pensava di fare con la foto che aveva appena scattato, forse temendo – è una mia supposizione - che non ne avrebbe fatto un uso solo privato. «La cosa incredibile – Emilio – è che mi ha detto “Farò quello che ho fatto negli ultimi anni con queste foto: mi ha mostrato il suo telefono pieno di mie foto scattate in molti luoghi, anche dove non avrei mai pensato di essere stato fotografato: aeroplani, bar, ristoranti, in coda al cinema, negozi ... è stato fantastico! Emilio, mi hanno fotografato e filmato ovunque, dappertutto"».

 

La vita di Márquez, quindi, non ha segreti per nessuno, anche se è limitata alla sua professione, alla sua passione, alla sua voglia di allenarsi sempre più forte ogni giorno e, soprattutto, di competere al limite. Sempre nel limite. Marquez dice assolutamente la verità quando afferma di non pensare pensa, di non guardare, di non analizzare i suoi “numeri”, nonostante siano da primato, essendo davanti ai più grandi campioni della storia del motociclismo come pole position, giri veloci in gara, podi, vottorie e titoli mondiali , superando i piloti americani come Kenny Roberts o Freddie Spencer che fino al suo arrivo in MotoGP (2013) erano quelli che possedevano certi record battuti da Marc.

 

Ogni volta che Marquez ottiene qualcosa che nessuno ha realizzato – per esempio vincere un GP passando dalla Q1, impresa che prima di lui non aveva mai fatto nessuno – e glielo fai notare, è il primo ad essere sorpreso: «Beh, che curiosità, un altro dato da aggiungere», commenta come se non gli importasse un granché. Beh, è proprio cosi: non gli importa. A lui interessa soltanto il risultato finale dopo 19 GP, raggiungere l'obiettivo di essere campione del mondo e portare la Honda a essere la migliore moto della MotoGP.

 

Tutti dovrebbero sapere chi è Genís Cuadros, l'allenatore fisico di Márquez sin da quando era bambino. Se il mondo conoscesse questo allenatore tanto particolare, integro, trasparente, naturale, capirebbe meglio l’idiosincrasia, lo stile di vita che guida il cinque volte campione del mondo della MotoGP. Cuadros, che fabbrica personalmente alcuni degli attrezzi più particolari che servono per la preparazione fisica di Marc, è una persona tanto semplice che sembra impossibile che sia uno dei segreti del grande campione catalano. Invece è così.

 

E’ così con tutto ciò che ruota attorno a Marquez, sia dal punto di vista familiare - con mamma Roser, papà Julià, suo fratello Alex, Jose Luis Martinez, il suo 'sparring' in pista, campione di motocross che è sempre al suo fianco e si allena con lui ogni giorno, lo stesso Cuadros ed Emilio Alzamora, il suo manager – sia dal punto di vista professionale, ovvero la sua "famiglia nei circuiti", guidata dall'ingegnere (e amico) Santi Hernández, il suo il capo meccanico Carlos Liñán e, nella scorsa stagione, con Alberto Puig, il nuovo direttore sportivo HRC.

 

Queste due famiglie, che rappresentano non solo due stili di vita e due ambienti che permettono al sette volte campione del mondo di vivere come gli piace, a tutta velocità e al riparo da tutto e tutti, gli permettono di affrontare la vita sportiva come più gli piace, allenandosi duramente, molto duramente (secondo alcuni di loro "con troppi rischi") e competere al più alto livello.

 

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Quando non si è mai soddisfatti, si ha la possibilità di essere migliori ogni giorno

Ed è lì, nella competizione pura, in particolare sulla griglia della MotoGP, che i rivali soffrono l'intensità, la passione e la determinazione con cui questo ragazzo di Cervera vive le corse, sempre 345 km/h. L'anno scorso, Márquez è caduto 28 volte, quest'anno 23: all'inizio della stagione, aveva promesso che sarebbe caduto molto meno. «Questo almeno è il mio obiettivo, , vedremo se ho imparato». A fine anno gli è stato fatto notare che è scivolato solo cinque volte in meno del 2017, lui ha risposto scherzando come al solito: «Sono come le banche, riduco solo l'1%».

 

Sì, perché Marc fa tutto con un sorriso, che, come ho detto all’inizio, non è qualcosa che si impone, non è falso, ma assolutamente autentico. «Se cado, è perché la mia moto, la nostra Honda, richiede di essere guidata al limite. E anche perché abbiamo ancora parecchi problemi con l’anteriore, che spero saranno risolti per la prossima stagione, visto che dobbiamo sempre andare con uno pneumatico più duro degli altri: per noi è un limite».

 

Da almeno un paio d’anni, da quando nel 2015 ha perso il titolo (avrebbe potuto conquistarne sei su sei…) per la sua testardaggine, si ha la sensazione che Marquez sappia esattamente quello che sta facendo: non a caso, l'85% delle sue cadute sono avvenute in prova, commettendo solo due gravi errori. «La caduta del Mugello, dove sono stato stupido e ho sbagliato clamorosamente e la scelta errata della gomma posteriore a Valencia, GP che si è concluso con me a terra e le scuse fatte a tutta la squadra appena sono entrato al box».

 

Márquez sta benissimo dov’è, ma anche su questo punto molti credo che stia fingendo. Non è così: Márquez non ha intenzione di cambiare squadra, moto, ambiente. È vero che nel "paddock" della MotoGP, nel micromondo di 2.000 abitanti, in tanti, anche persone più che competenti, che considerano un vero campione quello che vince con moto differenti. Ecco perché ci sono molti – troppi - che spingono Marquez a cambiare motocicletta. «Penso che chi lo dice, lo propone o lo scrive, lo faccia per la curiosità di sapere, di vedere, di capire cosa Márquez potrebbe fare con un'altra moto. La verità, però, è che io non sento la necessità di lasciare la Honda».

 

Non ci sono soldi a sufficienza che possano far cambiare idea a Marquez, anche se la Red Bull (KTM) e Phillip Morris (Ducati) farebbero pazzie per assumerlo. Allo stesso modo, non c’è una sfida che possa fargli cambiare idea. «Fin dall'infanzia, dal momento che, a tre, quattro e cinque anni, correvo e vedevo Mick Doohan e Alex Crivillé con questa Honda, ho sognato di arrivare in questa squadra. Perciò io sono dove ho sempre sognato di essere, alla Honda, nel team Repsol: non ha senso cambiare. Ho tutto ciò che voglio, ciò che chiedo e ciò di cui ho bisogno per essere competitivo. Finché la Honda mi darà una moto vincente, non cambierò».

 

E’ vero che Marquez ha visto che: «ci sono quattro moto pronte per conquistare il titolo, aspirare sempre al podio e anche alla vittoria. Honda, Yamaha, Ducati e Suzuki hanno tutto per vincere. E, in questo senso, ho la sensazione che con una di queste quattro moto, un buon team tecnico e un'intera fabbrica che ti supporta, potresti aspirare alla vittoria in tutti i GP e, perché no, al titolo. Ma io sono già in uno di quei marchi e, quindi, non devo cambiare».

 

Alcune persone pensano che l’arrivo al suo fianco del cinque volte campione del mondo di Maiorca Jorge Lorenzo, renderà il campione catalano ancora migliore, più competitivo, più veloce e più incisivo nella prossima stagione. «So che quando dico che, il prossimo anno, vedremo un Marquez ancora migliore, è difficile per le persone credermi. So benissimo qual è il livello di Marc, che non solo ha vinto il titolo piloti, ma ha permesso alla Honda di conquistare il titolo costruttori e al team Repsol Honda quello delle squadre, so quello che ha dimostrato in questa stagione, ma so anche che nella tua testa sa già come fare per migliorare ancora. Marc sa che per vincere l'anno prossimo, per battere Lorenzo, deve fare ancora un passo in avanti: sono convinto che ce l’abbia ben chiaro in mente», dice Alberto Puig, il suo “capo” nei circuiti.

 

Emilio Alzamora, scopritore e manager del campione catalano, non lo dice, ma è convinto che sarà così, che il suo allievo sarà ancora migliore l'anno prossimo. «Il motivo? Molto semplice: Marc è la persona più umile che conosca, l'atleta più semplice che ci sia e, soprattutto, un pilota che crede di avere ancora molto da migliorare e da imparare. Quando uno ha già vinto tutto e ha segnato un'era - perché siamo tutti d'accordo sul fatto che questo è quello che Marc ha fatto ed è riconosciuto da tutti - potrebbe vivere di rendita. Marc no, è aperto a ogni tipo di consiglio, di analisi e, soprattutto, passa la giornata osservando gli altri piloti, imparando da loro, cercando di capire come può progredire ulteriormente. Quando non si è mai soddisfatti, si ha la possibilità, in effetti, di essere migliori ogni giorno. Questo, naturalmente, è un obiettivo difficile da raggiungere quando si è già a un livello così alto come Marc, ma Marc non guarda dove sei, ma dove stai andando: pensa di avere ancora molte cose da correggere, migliorare, imparare».

 

Marc Márquez è quello che nessuno conosce, quello che molti credono non esista, che sia falso e costruttivo. Invece è autentico. E’ quello che in aereo accontenta tutti i suoi tifosi con un “selfie”, ma poi nella sua intimità teme di essere sfruttato per la sua gentilezza, per la sua disponibilità, per il suo desiderio di compiacere le persone che lo seguono, che teme di fare del male, lui a loro o loro a lui. Ma Marquez sa che questo è il pedaggio da pagare per essere uno dei migliori atleti che ha dato alla luce lo sport spagnolo, essere il campione del mondo di uno sport dove i suoi campioni strisciano sull’asfalto – nel caso di Marc non solo con il ginocchio, ma anche con il gomito e.. il sedere – a 350 km/h.

 

di: Emilio Perez de Rozas

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