Morbidelli: “La MotoGP è tutta un’altra cosa”

Morbidelli: “La MotoGP è tutta un’altra cosa”
Alla vigilia del debutto nella massima cilindrata, Franco racconta a Moto.it le sue emozioni, le sue speranze, i suoi obiettivi. "Non c’entra niente con tutte le altre moto, è completamente differente e la Honda è piuttosto complicata. Marquez ci ha detto che bisogna cadere per trovare il limite"
15 marzo 2018

LOSAIL – Sereno, motivato, molto metodico in tutto quello che fa: Franco Morbidelli è pronto al debutto in MotoGP. Il suo inverno non è stato facile, con qualche caduta di troppo («Ma Marquez ci ha detto di fare così, che bisogna cadere per capire dove si può arrivare…»), apparentemente più faticoso del previsto, ma sempre in crescita. E questo è importante, perché Franco, da sempre, affronta le novità con calma, senza l’ansia del cronometro. Perlomeno durante l’inverno.


Allora Franco, partiamo dall’inizio: sei salito sulla MotoGP e…?

«… ed è stato divertimento puro! Un’esperienza per certi versi shoccante: tanta potenza, tanta prestazione da tutti gli elementi, non solo dal motore. Gomme, freni, elettronica, telaio, sospensioni: è tutto incredibile».


Non c’entra niente con qualsiasi altra moto usata prima?

«No, è tutta un’altra cosa. E’ talmente oltre che non è una moto, è MotoGP! Ci sono degli aspetti che vengono estremizzati, limiti che si allargano in maniera incredibile. C’è molto più grip, la moto frena in una maniera pazzesca: se vai piano, può sembrare perfino facile. A un certo livello di guida sembra perfetta, il paradiso motociclistico. Poi bisogna capire il modo per farla andare forte: lì vengono fuori i problemi, perché magari uno ha un’idea di velocità che non è quella adatta per fare andare forte una MotoGP».


Ecco, bisogna capire come farla andare: dal primo test a oggi, è cambiato tutto il tuo approccio alla MotoGP?

«Completamente. Adesso sento la moto molto più mia, posso spingere in vari aspetti, ma ancora non la sto guidando come va guidata e non sto sfruttando il vero potenziale in alcuni punti e in altri lo sfrutto troppo, quindi “scavallo”».


Quali sono?

«In staccata, forse perché ho ancora i riferimenti della Moto2, freno troppo in là, e sono costretto a rallentare molto, facendo poca velocità a centro curva. Sono uno spigolatore, addirittura troppo. Uno pensa: “salgo su una MotoGP, spigolo e sono a posto”, ma non è così. Le gomme, rispetto a quelle della Moto2, hanno una grandissima “performance”, quindi anche a centro curva devi fare molta velocità».


E’ la prima volta che sento dire: “spigolo troppo”.

«E’ così, lo vedo chiaramente dai dati, confrontando i miei con quelli di Marquez e Pedrosa del 2017. Io non so come si guida una MotoGP, so come si pilota una Moto2: la Honda ha un metodo di guida diverso, bisogna farselo entrare in testa il più velocemente possibile. Ecco perché è utilissimo avere a disposizione i dati di Marquez e Pedrosa».


Tu sei uno che fa le cose con calma, passo dopo passo: è una tua caratteristica, ti viene naturale?

«Cerco di lavorare con metodo, ogni volta che faccio un passo cerco di ragionare su quello che faccio, in modo da assimilarlo, per poi partire dallo scalino che ho raggiunto: credo sia importante nelle moto. Può capitare che uno faccia un giro veloce, ma senza capire il perché. Noi facciamo delle gare, dei campionati: a me piacciono i piloti che sono davanti in classifica a fine campionato, non in un turno di prove libere».


D’accordo. Ma guardando il cronometro o la posizione in classifica, non ti viene la frenesia di fare un giro tirato, anche se sono solo test?

«Sì, ti viene, ma bisogna lavorare con calma: se sei lontano, significa che non stai facendo le cose giuste e devi imparare a guidare in Qatar una MotoGP».


E’ così diversa che è come se tu non avessi mai corso su questa pista?

«La pista è quella, ma il comportamento che devi avere sulla moto con gas e freno cambia tantissimo: è come se sei a casa tua, ma con il bagno al posto della cucina, con un altro tavolo…».


Ma la Moto2 è propedeutica per la MotoGP?

«Secondo me sì: è un campionato che aiuta molto a sviluppare le abilità di guida, ma anche la capacità di messa a punto, come lavori con il team. Sì, è una buona scuola».


Rimaniamo in Moto2: chi sarà il tuo successore?

«Vedo bene Bagnaia, sta andando molto forte: è veloce, costante. Ma vedo bene anche Pasini. Sarà importante essere costanti, fa la differenza in Moto2. Anche Mir andrà forte: non c’è dubbio, bisogna vedere quanto sarà costante».


E di Nakagami cosa mi dici?

«Si è presentato in MotoGP in maniera fantastica, sta andando forte: è stato il “rookie” più veloce dell’inverno».


Come ti immagini il tuo campionato?

«Spero e mi auguro che sia un campionato in crescita: è importante. La Honda è una moto poco intuitiva, ho bisogno di tempo per assimilare tutte le cose, ma non si sa quanto tempo, se sono bastati i test o no, se su un’altra pista si riparte da zero. Bisogna congelare nel mio cervello tutto quello che ho imparato fino adesso in MotoGP. Più vai avanti e più le cose vengono naturali: questo mi dà un po’ di sollievo. Sai che se metti a posto un certo aspetto, ne sistemi tanti altri».


Rossi continuerà a correre per altri due anni: cosa ne pensi?

«Non mi sorprende: basta vedere come si allena, la fame che ha ancora. E’ normale che vada avanti e fa bene a tutto lo sport».


Sai che si dice che fra qualche anno farà un team e il pilota sarà Franco Morbidelli.

«Sarebbe bellissimo correre per un team di Valentino. Ma questo riguarda il futuro, adesso lui fa il pilota, poi chissà… sicuramente sarebbe una storia bellissima correre per il suo team»

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