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Lucido, ma feroce, maturo nonostante i suoi sedici anni. Di meteore nella storia delle corse in moto se ne sono viste tante, ma Pedro Acosta sembra uno che ha già messo tutti d’accordo: diventerà un campione. A Losail ha messo nel sacco una vittoria partendo dalla pit lane, ma a frenare gli entusiasmi era stato lui stesso: “Avevo alle spalle molti giorni di test in quel circuito, se valgo davvero qualcosa lo vedremo in Europa, su piste dove non ho avuto modo di correre con moto del mondiale”. Ma non c’è stato niente da aspettare, visto che Pedro Acosta ha vinto subito, già alla prima a Portimao.
Lo ha fatto conducendo una gara da vecchia volpe delle corse, restando quasi nascosto all’inizio e senza perdere mai il passo dei primi, seguendo Foggia in ogni traiettoria e, poi, affondando l’attacco dello squalo. E’ così che lo chiamano: squalo. Perché lui è un figlio del mare e, come ha raccontato lo stesso, anche figlio della fame. Non quella dettata dalle umili origini, ma quella di vittorie. “Mio babbo è un pescatore - ha raccontato ai microfoni di Sky - ma ha un amore grande per le moto e nei fine settimana, spesso, andava a girare. Poi un suo amico ha aperto una scuola per giovani motociclisti e mio padre mi ha iscritto, ma, lo dico senza vergogna, ero veramente scarso”.
Mezzo racconto, per affermarsi non solo come pilota, ma anche come personaggio: c’ha messo poco a vincere, ci ha messo ancora di meno a farsi voler bene. Partendo dalle radici, ammettendo di aver dovuto lavorare tanto per far venire fuori un talento che, invece, voleva restare nascosto. Ma c’era. La prova definitiva è arrivata, laddove ce ne fosse stato ancora bisogno, proprio domenica sui saliscendi di Portimao, quando Acosta ha guadagnato diversi metri in percorrenza a Dennis Foggia, affiancandolo e tirando una staccata al limite nella curva immediatamente successiva, riportando poi la moto alla corda quasi contro le leggi della fisica. La ferocia e, poi, la lucidità di spingere con lo spirito di un funalmbolo nella consapevolezza che la moto del Team Leopard andava messa a distanza per evitare che la maggiore velocità e la scia permettessero a Foggia di restituire lo sgarbo. Manovre che non si vedono ogni fine settimana e che, inutile predicare ancora cautela, dimostrano che quel 37 è già una certezza. Non solo per il 2021, non solo per la Moto3.