Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
La gara di Valencia, oltre al quinto titolo mondiale di Jorge Lorenzo e le (inevitabili) polemiche seguite ha segnato la gara dell’addio di Bridgestone al Motomondiale. Dall’anno prossimo il fornitore unico degli pneumatici sarà Michelin, a cui toccherà l’ingrato compito di non far rimpiangere gli pneumatici giapponesi, arrivati ad un livello di evoluzione davvero invidiabile dopo qualche stagione più incerta. Ripercorriamo rapidamente la storia – e i primati – di Bridgestone nei quattordici anni di lavoro nella MotoGP.
L’ingresso del colosso giapponese nel Mondiale MotoGP è avvenuto nel 2002, nel bel mezzo di una realtà che era di fatto un monogomma Michelin dal momento che la resistenza di Dunlop era stata ormai piegata, con sprazzi di competitività solo su asfalto bagnato. Dapprima montata solo sulle Honda private del team Pramac e sulle Proton del team di Kenny Roberts, poi utilizzata da Kawasaki, Suzuki e finalmente Ducati dopo il clamoroso cambio di fornitore alla vigilia della stagione 2005, le Battlax slick hanno conquistato una (fortunata) pole position già nel Gran Premio d’Australia, alla prima stagione, ad opera di Jeremy McWilliams sulla Proton.
Abbiamo dovuto attendere il 2003 e la pista amica di Rio per il primo podio, ad opera di Makoto Tamada e la Honda RC211V del team Pramac. Lo stesso pilota che le porterà alla vittoria, l’anno successivo, sempre sul tracciato di Rio. Più versatili per necessità rispetto alle Michelin (che potevano contare su una logistica più favorevole sui tracciati europei e quindi sulla possibilità di realizzare gomme su misura da usare la domenica) le Bridgestone si imposero inizialmente sui circuiti extraeuropei, per poi iniziare a fare paura dappertutto già nel 2006.
Il 2007 fu l’anno della consacrazione. Complice la necessità di punzonare gli pneumatici già il giovedì, la strategia di Michelin degli pneumatici Just-in-time è diventata di colpo impraticabile. Bridgestone conquistò al termine di quella stagione il suo primo titolo iridato con Casey Stoner e la Ducati, convincendo Valentino Rossi a fare pressioni per ottenere la parità di gomme. Mossa che fruttò a Rossi il sesto titolo iridato, e spinse gli organizzatori della MotoGP a passare ad un campionato con fornitore unico degli pneumatici, nello specifico appunto con Bridgestone.
I regolamenti monogomma a volte portano a rallentamenti o addirittura blocchi dello sviluppo – in assenza di avversari gli stimoli possono calare – ma non è stato il caso della MotoGP con Bridgestone. Pur con diverse direzioni intraprese dallo sviluppo anno dopo anno, l’azienda giapponese ha costantemente migliorato il prodotto. Storicamente forte di un anteriore estremamente prestazionale, Bridgestone ha evoluto le gomme prima verso un innalzamento delle prestazioni; successivamente, nel 2012 ha virato verso una maggior sicurezza e prevedibilità nel comportamento degli pneumatici affrontando nel frattempo sfide come il passaggio dalle 800 alle 1000,
La cosa non ha pregiudicato il miglioramento delle prestazioni: le gomme hanno continuato ad offrire prestazioni elevatissime, permettendo un costante miglioramento dei record sul giro grazie ad uno sviluppo che non si è mai arrestato e ha dato vita ad innovazioni quali il pneumatico anteriore asimmetrico.
Bridgestone: i numeri dal 2002