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SCARPERIA – Livio Suppo, Team Principal HRC, continua a ostentare ottimismo. «La moto non è assolutamente un disastro: anche al Mugello, Marquez è stato molto competitivo prima di cadere e Pedrosa ha fatto una bella gara» è la tesi di Suppo. I numeri, però, sono contro di lui: 5 vittorie Yamaha su 6 GP disputati, solo tre podi (una vittoria e un secondo posto di Marquez, un terzo di Crutchlow) su 18 disponibili, 52 punti in meno del 2014 nella classifica costruttori, 154 punti in meno totalizzati complessivamente dai due piloti ufficiali. Se non bastano i numeri a certificare le difficoltà della Honda, ecco le parole – inequivocabili – di Marquez e Pedrosa.
«La mia RC213V era competitiva all’inizio, ma dopo 7-8 giri, con il calo della gomma posteriore, sono stato costretto a guidare solo sull’anteriore, prendendo grandi rischi: facendo così, ci può stare un errore in 18 giri. Facciamo troppa fatica a frenare la moto, scivola troppo, carichiamo eccessivamente il davanti: sappiamo perfettamente che è un problema che occorre tempo per essere risolto, non lo puoi eliminare da un GP all’altro. Io credo che la causa principale sia il carattere del motore: nel 2014 il nostro punto forte era riuscire a sfruttare le gomme fino alla fine, adesso sembra essere il nostro punto debole» è stata l’analisi di Marquez a fine gara. Alla quale si aggiunge quella di Pedrosa, tornato finalmente ai suoi livelli: «Yamaha e Ducati riescono a essere veloci fino alla fine, mentre noi non possiamo essere veloci per tanti giri con regolarità. E’ difficile entrare in curva sempre con la stessa linea, frenare nello stesso punto, accelerare nello stesso modo. E’ questo il punto cruciale: dobbiamo essere più costanti».
Secondo Suppo il bicchiere rimane mezzo pieno. «Anche perché vederlo mezzo vuoto non serve a niente… La verità è che al Mugello Marquez ha trovato un buonissimo assetto elettronico: per 20 giri (18, NDA) si è giocato il secondo posto. Sulla sua classifica pesa la caduta in Argentina e questa al Mugello, ma a metà corsa il suo campionato sembrava riaperto. E Dani ha fatto una bellissima gara» è la sua analisi. La sensazione, però, è che Marquez stia guidando “troppo” sopra ai problemi, che provi comunque a ottenere risultati al di sopra dell’attuale competitività della sua moto. Questo – è ovvio – non è una colpa della HRC e nessuno può gestire in maniera differente un campione straordinario che ha conquistato grandi risultati anche grazie al suo fantastico approccio alle corse.
«Da appassionato, quello che ha fatto per conquistare la pole ad Austin è qualcosa di meraviglioso, roba da fregarsi le mani, così come la partenza che ha fatto al Mugello, con quel sorpasso alla prima curva su Pedrosa. Ma, alla lunga, prende troppi rischi» è il commento, condivisibile, di un ingegnere di una Casa concorrente. A conferma di questo un’altra statistica: negli ultimi 12 GP (sei del 2015 e sei del 2014), Marquez è caduto in gara 5 volte (41,6%). Ma se l’anno scorso Marc se lo poteva permettere, perché aveva un milione di punti di vantaggio, adesso che deve recuperare questa tattica non paga più: se in Argentina si fosse accontentato del secondo posto e al Mugello del terzo (minimo), oggi avrebbe 36 punti in più e sarebbe quantomeno a 13 lunghezze da Rossi e non a 49.
Detto dei limiti di Marquez – che era e rimane un fenomeno assoluto, sia ben chiaro – non si possono però nascondere le colpe della HRC, che al Mugello si è resa protagonista di una serie di errori inconcepibili. E ingiustificabili. Cominciamo però da cosa è successo quest’inverno. I piloti, sia Marquez sia Pedrosa, ripetono che fin dai test di fine 2014 a Valencia avevano segnalato come il motore fosse troppo scorbutico. Alla Honda si è intervenuti su questo aspetto, tanto che in Malesia la situazione sembrava risolta. Sembrava, però, perché stando alle persone più vicine a Marquez, il campione spagnolo avrebbe continuato a segnalare il problema, senza però che venisse effettivamente risolto. «Ma la Honda sta lavorando durissimo» assicura adesso ufficialmente Marc, che però sa benissimo che, fino alla prossima stagione, il quattro cilindri non può essere modificato.
Si poteva, invece, agire molto diversamente al Mugello, dove sabato si è assistito a qualcosa di sbalorditivo, con Marquez costretto a effettuare la Q1 per un errore forse di arroganza nelle FP3, dove ha girato per tutto il turno con le gomme usate del venerdì, senza preoccuparsi di realizzare un solo tempo veloce per entrare direttamente nei 10. «Ma a tre minuti dalla fine – si difende Suppo, Marquez era o secondo o terzo: chi poteva immaginare che sarebbe stato fuori dai 10? E, non dimentichiamo, che ha chiuso 11esimo a 0”009 da Vinales. Insomma, ci sono momenti in cui va tutto storto». Forse è così, ma nelle Q1 ecco un altro errore di arroganza da parte della squadra: convinti – come tutti – che Marc non avrebbe avuto nessun problema a conquistare la Q2, ha scelto la tattica – assolutamente condivisibile – di utilizzare una sola gomma nuova morbida posteriore, per conservarne almeno una per le Q2. Ma sono stati sbagliati completamente i tempi: invece di effettuare subito il tentativo e mettersi al sicuro con il crono, per avere poi eventualmente il tempo di replicare a un avversario, si è deciso di tenere Marquez ai box nei quattro minuti iniziali, senza avere più la possibilità di un secondo tentativo. «Se dovesse capitare un’altra situazione del genere, sarà il caso di rivedere la strategia della Q1, la priorità deve essere entrare in Q2, anche a costo di “sprecare” una gomma. Ma anche lì non siamo stati fortunati, perché lo pneumatico utilizzato non ha reso come avrebbe dovuto» sono le parole di Suppo. Ma non può essere sempre questione di “sfortuna”: al Mugello – e, soprattutto, durante l’inverno – sono stati fatti errori importanti. Così Rossi, Lorenzo, la Yamaha scappano.