MotoGP 2016. E’ stato giusto correre dopo la morte di Salom?

MotoGP 2016. E’ stato giusto correre dopo la morte di Salom?
Dopo un fine settimana difficilissimo per la morte di un ragazzo di 24 anni, è giusto chiedersi: è stata la scelta corretta continuare e disputare il GP?
6 giugno 2016

MONTMELO’ – Dopo un fine settimana difficilissimo per la morte di un ragazzo di 24 anni, è giusto chiedersi: è stata la scelta corretta continuare e disputare il GP? E’ quasi impossibile rispondere, perché, come dice Valentino Rossi «E’ complicatissimo tornare in moto dopo un avvenimento del genere, ma, d’altra parte, non correre purtroppo non cambia la situazione. E poi, fra due settimane saremmo comunque nuovamente in pista». Ma è comprensibile anche l’opinione di Danilo Petrucci. «Abbiamo continuato per volere della famiglia, per ricordare Luis, ma io avrei preferito fermarmi e ricordarlo in un altro modo» ha detto sabato Danilo, in un pensiero condiviso da tanti suoi colleghi. Perché non è vero, come ha sostenuto Carmelo Ezpeleta durante la conferenza stampa di sabato, che «nessun pilota ha chiesto di fermarsi»: in molti, soprattutto tra i protagonisti della Moto2, hanno quanto meno pensato che non fosse opportuno continuare.

BISOGNAVA FERMARSI

Fino a domenica mattina ero fermamente convinto che fosse il caso di fermarsi, perché i piloti sono persone straordinarie, capaci di esaltare con imprese fuori dal comune, ma pur sempre degli essere umani, con le loro debolezze, fragilità, insicurezze, momenti di tensione e nervosismo. Ecco quindi che certe reazioni fuori luogo diventano più comprensibili, come la risposta piccata di Johann Zarco in conferenza stampa sabato pomeriggio a una normale domanda: il campione del mondo della Moto2 era scosso, tra i più colpiti del paddock per la morte di Salom e anche una semplice considerazione è stata presa come una provocazione. E’ vero che in moto, questi ragazzi sono capaci di isolarsi e le tre gare lo hanno dimostrato, ma continuo a pensare che fosse più giusto fermarsi un attimo a riflettere.
Poi, però, accade l’imprevedibile: una gara pazzesca in MotoGP, una sfida tra Valentino Rossi e Marc Marquez tanto tenace quanto leale, conclusa con una stretta di mano. I due non si parlavano da Sepang 2015, addirittura non si guardavano: la morte di un collega, di un amico, di un ragazzo come loro li ha fatto riavvicinare. E allora pensi: è stato giusto andare avanti, la volontà della famiglia - «correre per onorare la passione di Luis» - più che rispettata. Ma se venerdì invece di un pilota della Moto2 fosse deceduto uno della MotoGP si sarebbe continuato? Io dico di no.

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