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LOSAIL Fino a tre ore dalla chiusura dei test, sembrava in grandissima difficoltà, invece Marc Màrquez ha lasciato il Qatar con obiettivi tutt’altro che rinunciatari. «Possiamo lottare per il podio, forse anche per la vittoria». Cosa è cambiato in così poco tempo? «Abbiamo completamente ribaltato la moto, abbiamo fatto una mossa che prima non avevamo avuto il coraggio di fare e la situazione è mutata completamente. Cosa? Non lo posso dire» spiega il campione della Honda. Convincente? Tutt’altro. «Una mossa che prima non avevamo avuto il coraggio di fare» dice Màrquez, ed è proprio in questa affermazione che la sua spiegazione traballa: stiamo parlando di test invernali, non di un turno di prove durante un GP. Quando hai solo 45-60 minuti di tempo a disposizione, può essere normale – e più che giustificato – che non si azzardino interventi radicali: non c’è il tempo per farli e per tornare in dietro. Ma nei test il tempo c’è eccome: servono proprio per questo, anche per provare strade azzardate ed, eventualmente, scartarle, perché non c’è nulla da perdere.
Ecco, questo suona strano: è possibile che dopo le difficoltà della Malesia, dopo i “temponi” australiani, però non completamente veritieri e probabilmente dovuti più alle capacità del pilota, dopo un primo giorno difficilissimo in Qatar, non si sia pensato a qualcosa di radicale? «Così non si può più andare avanti» ha tuonato Màrquez dopo la caduta di venerdì, ma suona comunque strano che negli otto giorni precedenti non si sia pensato a questo «intervento radicale» e si sia dovuto aspettare la fine dell’ultima sessione. Insomma, sembra quanto meno improbabile. Ne è convinto anche Cal Crutchlow, che ai giornalisti inglesi avrebbe dichiarato: «Ma quale intervento radicale: la verità è che Marquez, seguendo Lorenzo, ha capito come fare». Lo stesso Marc ha confermato di aver dovuto cambiare stile di guida per adattarsi alle Michelin, che richiedono una frenata molto più dolce, con molta meno pressione sulla leve del freno rispetto a quello a cui si era abituati con le Bridgestone. Dopo i giri percorsi alle spalle del campione della Yamaha, Màrquez ha cominciato ad andare sempre più forte, fino ad ottenere il suo 1’55”402 proprio nel giro conclusivo.
Tanto per aumentare i dubbi, ecco l’analisi fatta ai microfoni di SKY di Loris Capirossi: «La Honda è tornata al motore 2015». Ecco, questo sì sarebbe un intervento radicale. Ma è possibile? Anche in questo caso è lecito dubitare. Quest’anno la Honda ha rinnovato completamente il suo quattro cilindri a V: nella versione 2016, l’albero motore gira al contrario (come quello di tutti gli altri costruttori) e non nel senso di rotazione delle ruote. Obiettivo (a grandi linee, poi lo spiegherà meglio l’ingegnere Giulio Bernardelle a “DopoGP”): rendere più lineare l’erogazione della potenza. Nonostante questo, i piloti HRC si sono lamentati, perlomeno fino a tre ore dalla fine, della quasi impossibilità di controllare la RC213V in uscita di curva, nella prima parte dell’accelerazione. Ma perché lascia perplessi la tesi di Capirossi, peraltro sempre molto ben informato, di un ritorno al propulsore 2015? Per almeno due motivi: 1) quel motore, che pure aveva dato dei problemi, funzionava con l’elettronica Honda, ma con la centralina unica può anche essere così efficace? 2) Scegliere il motore 2015 significa cambiare completamente un lavoro già ampiamente pianificato: non dimentichiamo che al primo GP, quindi fra 10 giorni, non fra due mesi, vanno punzonati i 7 motori per tutta la stagione. Altro aspetto: Pedrosa, che è andato piano, con che motore correrà? Insomma, è un bel mistero.
Per quanto riguarda Ducati, bisogna fare chiarezza – o perlomeno provare a farlo – sull’errore che ha impedito a Casey Stoner di provare la Desmosedici il 6 e il 7 marzo. Anche in questo caso, la questione non è perfettamente chiara, anche se non c’è dietro nulla di “complottistico”, come ipotizzato malignamente da qualche lettore su Moto.it. Questa è l’unica cosa certa: tranquilli, non c’è dietro alcun progetto contro Stoner e la Ducati. Semplicemente è stato fatto un errore, che, secondo il mio ragionamento, non è quello di aver sbagliato i calcoli. «Sappiamo che non si può girare sulla stessa pista dove si correrà 14 giorni dopo, ma noi contavamo i 14 giorni dal 20 marzo (data del GP, NDA) e non dal 16 (data della punzonatura in Qatar, NDA)» hanno ripetuto più volte i responsabili Ducati. Personalmente non mi convince, perché anche ammettendo che il conteggio dovesse partire dal 20, il 6 e il 7 marzo sarebbero comunque fuori dai fatidici 14 giorni imposti dal regolamento. Più semplicemente – e lo conferma anche l’errore commesso dalla Yamaha, che aveva prenotato la pista di Losail per i suoi collaudatori per l’8 e il 9 marzo – nessuno sapeva che la regola vale anche per i collaudatori, non solo per i piloti ufficiali.