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Ogni anno è sempre la stessa storia: “Sarà il campionato più spettacolare e avvincente di sempre”. Una frase che si dice, si ripete, si scrive costantemente a inizio stagione. «Questo mondiale sarà più bello del precedente e più brutto del prossimo» ama ripetere il numero uno della Dorna, Carmelo Ezpeleta, per sottolineare come si lavori per migliorare sempre la qualità della massima espressione del motociclismo sportivo. Ma è veramente così, il 2017 sarà “il campionato più spettacolare e avvincente di sempre”? Ricordiamo che nel 2016 c’erano stati nove vincitori differenti – Márquez, Lorenzo, Rossi, Crutchlow, Iannone, Dovizioso, Pedrosa, Viñales e Miller – con quattro Marche diverse (Honda, Yamaha, Suzuki e Ducati): roba da libro dei primati. Difficile, quindi, che si possa ripetere qualcosa di simile, ma, certamente, il livello dei piloti è altissimo. Noi appassionati, ricordiamo sempre il periodo degli americani e degli australiani - quello di Roberts, Spencer, Lawson, Rainey, Schwantz, Mamola, Gardner e Doohan -, come il più bello di sempre, ma i campioni di oggi non sono, a mio modo di vedere, da meno. Cosa ne pensano gli addetti ai lavori? Per introdurre la stagione che partirà domenica e si concluderà, dopo 18 GP, il 12 novembre a Valencia, abbiamo fatto un’inchiesta tra tutti i responsabili delle Case (e non solo): ecco cosa ne è emerso.
LIVIO SUPPO, TEAM PRINCIPAL HRC
«Negli ultimi dieci anni, diciamo dal 2006 a oggi, ci sono sempre stati tanti piloti forti: nel 2006 sono arrivati in MotoGP Stoner e Pedrosa, nel 2008 Lorenzo, nel 2013 Márquez, piloti che si sono aggiunti a quelli che già c’erano. Sì, è equiparabile al periodo dei campioni statunitensi, ma con più piloti che possono vincere».
MAIO MEREGALLI, TEAM PRINCIPAL YAMAHA
«E’ sempre difficile fare questi confronti, considerando anche quanto sono differenti le moto. Le 500 degli americani erano più difficili, ma è vero che adesso ci sono tanti piloti forti e ogni Casa ha almeno un “top rider”, anche se non credo ci saranno nove vincitori come è accaduto nel 2016».
DAVIDE BRIVIO, TEAM MANAGER SUZUKI
«E’ sicuramente vero che questo è un bel periodo. Direi che è una fase di passaggio, con i “vecchi” (Rossi, Lorenzo e Pedrosa) che continuano ad andare forte, ai quali si sono aggiunti, nel corso degli anni, giovani come Márquez, Viñales, Iannone e altri molto competitivi. Ci sono almeno 6-7 piloti che possono vincere un GP: non era così in passato. Quando c’erano gli americani, non erano così tanti a giocarsi un successo: sono andati a periodi, erano più “spalmati” negli anni. Inoltre, nel 2017 si sono create situazioni che rendono ancora più interessante il mondiale: Lorenzo in Ducati, Viñales in Yamaha a fianco di Rossi, Iannone con la Suzuki…».
GIGI DALL’IGNA, DIRETTORE GENERALE DUCATI CORSE
«E’ un periodo paragonabile, se non addirittura migliore di quello degli americani. Le 500 di allora erano più “ignoranti”, ma se uno vuole vincere, le 1000 di oggi non sono meno impegnative. E’ una difficoltà differente: con queste moto, con tutti i parametri che un pilota deve saper controllare, devi essere più raffinato di allora».
ROMANO ALBESIANO, DIRETTORE GENERALE APRILIA CORSE
«Intanto va detto che è piuttosto strano che non ci siano più piloti americani. E’ difficilissimo fare un confronto: è stato più forte Coppi o Merckx? Credo che una volta fare il pilota fosse meno complesso e più istintivo, forse un po’ più semplice, anche se le moto erano più toste. Oggi è più complicata la preparazione: naturalmente contano sempre il talento e il coraggio, ma adesso c’è anche una preparazione tecnica che pesa di più. Pensando agli americani, mi vengono in mente certe gare di talento puro, dove il coraggio faceva la differenza: Rainey a Suzuka, o certe staccate di Schwantz… Adesso non è più così, forse anche perché le piste, fortunatamente, sono più sicure».
PIERO TARAMASSO, RESPONSABILE CORSE MICHELIN
«Ricordo bene il periodo degli americani, ma dico che oggi il livello dei piloti è paragonabile, se non addirittura superiore, anche perché c’è molta più competitività tecnica: le moto sono molto più vicine tra loro di quanto non lo fossero allora. Per noi è meglio, non solo per lo spettacolo: come costruttori di gomme abbiamo più informazioni da campioni veloci e competitivi».