MotoGP 2017. Lorenzo, Viñales, Iannone: la grande sfida

MotoGP 2017. Lorenzo, Viñales, Iannone: la grande sfida
La mossa di Jorge Lorenzo, passato alla Ducati, ha dato alla MotoGP un impulso notevole. Da lì gli arrivi di Viñales in Yamaha e di Iannone in Suzuki. I punti a favore e contro di tre top rider dai quali ci si attende molto nel mondiale 2017
5 gennaio 2017

La mossa di Jorge Lorenzo, passato alla Ducati dopo nove stagioni con Yamaha, ha dato alla MotoGP un impulso notevole.
Era da tanti anni che non si respirava tutta questa eccitazione nel motociclismo, direi da quando Valentino Rossi saltò sulla Ducati di Casey Stoner alla vigilia della stagione 2011, e il talento australiano passò alla Honda.

Questa volta i top rider sotto osservazione sono tre: Lorenzo appunto, poi Maverick Viñales, chiamato a sostituirlo sulla M1 al fianco di Rossi, e infine Andrea Iannone, che monta sulla Suzuki che era di Viñales.
Tre europei, tre piloti molto diversi per storia e temperamento, tre punti di domanda che fino al 26 marzo, data della prima gara in Qatar, ci faranno immaginare chissà quali scenari e anche discutere. E se il primo confronto diretto dell’anno è sempre più vicino, perché il 30 di questo mese tutte le squadre saranno a Sepang per l’apertura dei test 2017, si può già ora metterli fianco a fianco almeno sulla carta. Ricapitolandone numeri e crediti personali.

 

Lorenzo e le grandi attese

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Jorge Lorenzo si prende certamente il centro della scena. E’ il più esperto e titolato: tre mondiali vinti in MotoGP con 44 vittorie, 107 podi, 39 pole e 28 giri veloci. Il maiorchino è nel mondiale dal 2002 (prima la 125 e poi la 250 con i primi due titoli iridati) e già alla sua decima stagione in MotoGP, dove esordì nel 2008 e lo fece con il botto: pole e secondo posto alla prima gara, pole e terzo alla seconda, pole e vittoria alla terza gara in Portogallo. Fu il rookie dell’anno, anche se poi vittima di cadute pazzesche. La sua guida, molto aggressiva agli inizi della carriera, si è affinata ed evoluta verso due qualità eccellenti: la notevole pulizia di linee e l’assoluta precisione.

Jorge è il meno giovane dei tre, farà i trent’anni il prossimo 4 maggio, quando sarà impegnato a Jerez nella quarta gara di stagione. Come ci arriverà? Per i ducatisti è lecito sognare: le prime tre piste - in Qatar, Argentina e Stati Uniti - sono favorevoli alle caratteristiche del pilota e della moto. E sono in tanti, anche tra i concorrenti, a pensare che Lorenzo possa partire molto bene e fare bellissime gare con la Ducati, che sia anche in grado di puntare alle vittorie; ma sono meno quelli che credono che fin dal primo anno possa portare la rossa al titolo mondiale.
L’avventura è entusiasmante, da seguire con passione e rispetto. Le riserve riguardano due aspetti: quello tecnico, perché la Ducati del 2016 ha mostrato ancora dei lati deboli su diversi tracciati (ma la 2017 potrebbe essere molto diversa), e poi quello umano. Jorge conosce bene Gigi Dall’Igna (la stima è grande e reciproca), però ha vissuto nove stagioni in Yamaha, ed ha guidato soltanto la M1, non conosce la moto italiana e non conosce la sua nuova squadra. Si sa che quando le cose vanno bene Lorenzo è un martello, e viceversa può perdersi se gli intoppi pesano. In più, l’anno scorso ha patito le condizioni di scarsa aderenza (freddo, umido e pioggia) e nessuno sa che tipo di pneumatici fornirà quest’anno la Michelin, e se saranno gomme adatte alla Ducati.

 

Viñales, giovane e di talento

Maverick Viñales è il più giovane del terzetto, compie i ventidue anni in questi giorni, essendo nato il 12 gennaio 1995 a Figueres, in Catalogna. In Moto GP corre soltanto dal 2015: due stagioni con la Suzuki, che il primo anno gli ha concesso poco, ma che nel 2016 lui ha saputo portare alla vittoria con il magnifico terzo posto in classifica finale. Gran bel talento, guida aggressiva, ha esordito in 125 nel 2011: con l’Aprilia subito quattro vittorie e il terzo finale. Poi la Moto3 per due stagioni, con il titolo nel 2013 con la KTM, e infine un anno di Moto2 con quattro successi e nove podi.

Cosa potrà fare con la M1? Maverick si è subito mostrato veloce e disinvolto, è andato fortissimo nei primi test di Valencia che ha dominato con la versione 2016, lo stesso Valentino ha dichiarato che per il titolo 2017 occorrerà fare i conti anche con lui. E tutto davvero potrebbe accadere. A favore del giovane spagnolo giocano tre fattori: il ruolo di seconda guida, che sulla carta toglie un po’ di pressione; il compagno molto esperto (un riferimento per i setting, con i dati in comune tra le due squadre); una squadra che parla la sua lingua ed è la stessa che seguiva Lorenzo da anni, quindi un gruppo eccellente, a cominciare dal responsabile tecnico Ramon Forcada.

Se Viñales sarà più lento di Rossi nessuno farà drammi, immaginiamo, e se sarà più veloce meglio ancora: la gestione di Lin Jarvis si è dimostrata negli anni la più sportiva ed equilibrata, e ai due piloti Yamaha, anche nei momenti difficili, sono sempre state concesse storicamente le stesse possibilità. Invece i punti a sfavore di Maverick sono sostanzialmente legati alla sua ridotta esperienza: velocissimo in prova, finora ha reso meno in gara; e poi non ha ancora digerito l’asfalto bagnato: sull’acqua è davvero impacciato ed è un limite pesante, anche se non definitivo.

 

Iannone sulla moto giusta

Infine il nostro Andrea Iannone, che diventa prima guida Suzuki dopo che la Ducati di fatto gli ha preferito Dovizioso per far coppia con Lorenzo. Il pilota di Vasto corre in MotoGP dal 2013 e sempre con le rosse, due stagioni con il team satellite Pramac e poi altre due nella squadra ufficiale. Anche per lui, come per Maverick, una vittoria nell’anno appena concluso, però anche quattro podi e una pole position. Il suo esordio mondiale risale al 2005, ben cinque stagioni in 125 con l’Aprilia e quattro vittorie in totale, poi la Moto2 nel triennio 2010-2012: grande protagonista, tra i pochi capaci di battere Marc Márquez, tre volte terzo in classifica finale e con otto successi in totale.

Nato il 9 agosto 1989, alla tredicesima stagione mondiale, Iannone ha due anni meno di Jorge. Il suo palmarès è nettamente più leggero, certo, ma le sue qualità di guida lo mettono d’autorità tra i migliori: aggressivo e fisico, sa essere velocissimo dappertutto, non si tira indietro quando c’è da battagliare gomito a gomito, ed è molto maturato anche nella costanza, pur se sbaglia ancora un po’ più della norma.
A favore di Andrea giocano la moto e il ruolo: la Suzuki ha dimostrato di essere equilibrata, abbastanza potente e veloce, efficace fin dalle prove su quasi tutti i tracciati; e poi il fatto di essere la prima guida, di fianco all’esordiente Alex Rins, mette Iannone in una posizione di tranquillità. Molti ritengono che potrebbe essere lui la sorpresa dell’anno. A sfavore dell’abruzzese c’è soprattutto il suo carattere, focoso e poco incline ai compromessi. Ma non è detto che l’ambiente Suzuki creato da Davide Brivio, e giudicato il più familiare della top class, possa smussarne anche gli angoli più acuti.

 

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