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VALENCIA – Si può discutere su tutto, ma non sulla grandezza del pilota Marc Márquez. Unico e irripetibile. Per come concepisce le gare. Per come attacca sempre anche quando potrebbe pensare ad arrivare da solo al traguardo. Per come è capace di salvarsi da cadute praticamente certe: non si parli di fortuna, la sua è solo bravura. E così, sono quattro titoli in cinque anni di MotoGP, sei negli ultimi otto anni, compresi quello della 125 del 2010 e della Moto2 nel 2012.
«La strategia più semplice sarebbe stata quella di finire la gara, ma quando ero secondo, dietro a Zarco, mi sembrava di poter essere molto più veloce, non volevo fare un errore stupido per la perdita di concentrazione. L’ho passato, lui mi ha risuperato aggressivo: mi sono detto di stare tranquillo. Ma ne avevo di più e l’ho attaccato nuovamente alla fine del 23esimo giro. Alla prima curva del 24esimo, però, ho temuto che mi attaccasse di nuovo e così ho forzato troppo la frenata. Quando ho perso l’anteriore, il mio unico pensiero era stare attaccato alla moto: non sapevo se sarei finito a terra o contro il muro, ho tenuto stretto il manubrio e ho allargato il gomito. Mi sono salvato, poi è caduto Dovizioso: mi spiace veramente, avrebbe meritato di finire la gara. A quel punto, essendo già campione del mondo, ho forzato di nuovo per provare ad andare a prendere i due davanti (Zarco e Pedrosa, NDA), ma non ero più concentrato. Ho pensato a finire la gara, il divertimento arriverà stanotte… Non potevo immaginare una gara così: ho fatto un errore, ma è finita bene».
Che campionato è stato?
«Durissimo, con tanti alti e bassi, momenti positivi e negativi per tutti, non solo per me. In tanti mi hanno aiutato: il team, la famiglia, i tifosi. Dopo il GP della Catalunya sono andato dal parrucchiere e mi ha detto che stavo perdendo i capelli. Come? - mi sono detto - A 24 anni? Sono subito andato da Charte (il medico spagnolo del motomondiale, NDA) e mi ha detto che dovevo cambiare qualcosa nel mio approccio alle gare, che ero troppo nervoso: siamo tutti umani… Il team mi ha aiutato moltissimo a uscire da questa situazione, e nella seconda parte della stagione sono sempre salito sul podio, a parte il quarto posto in Malesia».
Puoi dire cosa è cambiato esattamente?
«Il mio approccio, ma soprattutto il mio feeling con la moto. All’inizio dell’anno non mi divertivo a guidare, era diventato un obbligo andare ai GP… Ho cambiato mentalità, ho trovato la strada anche se ho fatto un sacco di cadute. Ma il team mi ha sostenuto, mi dicevano: “non ti preoccupare per le scivolate, così non ci annoiamo”. Alla fine sono 27 cadute… e mezzo (quella evitata oggi, NDA): significa che non è stato facile, che ho dovuto spingere a ogni turno. Abbiamo vinto, ma ci sono tanti punti da migliorare. Ma a questo penserò da martedì».
Cosa pensi di Dovizioso?
«E’ stato un grandissimo rivale e un’ottima persona: con lui la relazione è ottima, ho grande rispetto per quello che fa. E ho imparato tanto da lui: credo sia il migliore sotto l’aspetto mentale, come approccia il fine settimana, come è capace di vincere senza essere il più veloce. Gli faccio tanti complimenti».
E’ più difficile o più facile lottare contro un pilota che stimi?
«Non cambia nulla. Con Dovi ho un buonissimo rapporto, ma in pista la sfida è totale, come si è visto in Austria o a Motegi. Quando hai il casco in testa, nessuno è tuo amico».
Ti ha aiutato la gomma anteriore introdotta a partire dal Mugello?
«Fino a lì c’erano state tanto cadute strane: la gomma ha aiutato tutti, non solo me. Credo che la svolta sia arrivata nei test di Montmelò, quando ho utilizzato il telaio che stava usando Crutchlow da qualche GP. Poco a poco il mio feeling è aumentato, ero più tranquillo, anche se non ancora al 100%, come confermano le tante cadute: a Barcellona addirittura tre in un giorno solo. Se non altro, con tante cadute impari a fare le manovre d’emergenza. E poi io spingo sempre».
Le tante cadute sono dovute anche al nuovo motore?
«Non tante Case possono fare un nuovo motore e vincere subito il titolo come ha fatto la Honda: in questo sono incredibili. All’inizio, però, eravamo un po’ indietro, ma abbiamo lavorato tantissimo».
Quale è stata la vittoria più importante della stagione?
«Germania e Brno le più importanti, prima e dopo la pausa: è sempre importante andare in vacanza tranquilli e ricominciare forte, ti dà sicurezza.
Sei il più giovane pilota ad aver conquistato 6 titoli: a che numero vuoi arrivare?
«Non penso al numero o al nome da battere, o dove arrivare: voglio solo continuare a divertirmi, a vivere questo sogno che inseguo da quando avevo cinque anni. Poi, se alla fine dell’anno sei campione, tanto meglio, ma l’importante è divertirsi. E al primo gennaio si azzera tutto, si riparte per una nuova sfida».
Perché hai deciso di attaccare Zarco, quando il secondo posto sarebbe stato più che sufficiente?
«Avevo la situazione sotto controllo, ero fin troppo tranquillo: avevo paura di perdere la concentrazione. E’ vero, potevo anche stare dietro, finire decimo, ma non è il mio stile».