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ASSEN – Essendo finiti gli aggettivi per definire la grandezza di Valentino Rossi, bisogna provarci con i numeri, che però – sia ben chiaro – non trasmettono le emozioni che questo campione straordinario è capace di regalare a tutti gli appassionati di motociclismo.
Ricapitolando: 115esima vittoria, 20 anni e 313 giorni dopo la prima (1996, GP della Rep Ceca, classe 125), primo successo stagionale dopo 18 gare (Barcellona, 5 giugno 2016), 225esimo podio, il pilota più “anziano” a 38 anni e 4 mesi capace di salire sul gradino più alto del podio. Aggiungiamo che, da anni, regolarmente, viene dato per finito: davvero straordinario. Quello di Assen è un successo ricco di significati, perché arrivato al termine di una gara avvincente, dopo sette gare nelle quali era sempre sembrato inferiore al compagno di squadra e perché, per la prima volta, è stato utilizzato un nuovo telaio, voluto a tutti i costi dal campione di Tavullia. Rossi sceglie qual è il motivo che lo rende più orgoglioso.
«Per me, quello che conta di più è essere riuscito a vincere anche quest’anno: non dico che c’era pressione, ma tutti mi chiedevano “perché non vinci”. Me lo meritavo, dopo quanto accaduto nei primi GP e a Le Mans e io corro per questo, per il gusto che provo nelle cinque, sei ore successiva a un trionfo. Tutte le vittorie sono importanti, questa dà un po’ più di gusto perché arriva dopo 12 mesi di digiuno. E poi è il decimo successo ad Assen, come a Barcellona, due tra le mie piste preferite, assieme al Mugello e a Phillip Island: sono fiero di esserci riuscito. Ma quando sei qui, il passato conta poco: ho capito negli anni che corro per quello che provi dopo aver conquistato il gradino più alto del podio».
Che gara è stata?
«Difficilissima, una grande battaglia con Petrucci, Marquez e anche Zarco, tecnicamente importante perché ho corso con il nuovo telaio, con il quale mi trovo meglio, riesco a guidare più sciolto e mi stanco anche meno. All’inizio avevo qualche timore per la gomma dura posteriore, ma per la nostra moto era la migliore opzione e il GP l’ha confermato. Ho spinto dall’inizio, sono andato in testa, ho preso un po’ di margine, ma quando ero tra virgolette sicuro della vittoria, ha cominciato a piovere e ho dovuto ricominciare tutto da capo. Petrucci, in quelle situazioni, è sempre molto forte: quando era dietro ne aveva di più, ma quando mi ha passato, ho visto che anche lui era un po’ in difficoltà. Così, negli ultimi due giri, ho deciso che aveva smesso di piovere e ho dato tutto ed è arrivato il primo successo stagionale».
Adesso siete quattro piloti in 11 punti: è un campionato pazzesco.
«E’ incredibile, non mi ricordo un’altra situazione simile, un campionato così aperto. Era successo qualcosa di analogo nel 2009, quando io, Stoner e Lorenzo, a un certo punto della stagione, avevamo gli stessi punti. Ma adesso siamo almeno in quattro, senza dimenticare Pedrosa, con tre moto differenti: qui cambia tutto da un turno all’altro, figurarsi da un GP all’altro. Al Sachsenring, la Honda e Marquez sono sempre andati forte, bisogna vedere come si comporterà là il nuovo telaio: bisogna fare bene anche lì, cercare di arrivare sempre nei primi cinque. Bisogna essere contenti del succeosso, ma non troppo, perché da una settimana all’altra passi da grande eroe a grande stupido. Bisogna verificare se il telaio va bene anche al Sachsenring, perché, non dimentichiamolo, Assen è una delle mie piste preferite: bisogna capire se questo circuito non è come Le Mans, dove sembrava che avessimo risolto ogni problema anche con la ciclistica 2017».
Quando ti è stata segnalata la caduta di Vinales, hai cambiato tattica?
«Lui venerdì aveva un gran passo, temevo che potesse rimontare e per questo ho provato a spingere nei primi giri. Quando ho visto che era fuori, ho pensato che era una notizia importante, ma poi in gara non hai tempo di fare altri ragionamenti».
Ma sta mostrando qualche punto debole?
«La realtà è che è difficile per tutti, anche per uno che ha un talento sconfinato come Vinales: un conto è andare molto forte nelle prove, dove lui a volte ha una velocità quasi imbarazzante, un altro è farlo in gara, perché succedono tante cose. Fortunatamente ha dei punti deboli anche lui: possiamo lottare».
Perché questo telaio ti fa essere più competitivo?
«Con il 2017, non mi sentivo efficace in entrata di curva: abbiamo cercato di migliorare quell’aspetto. Sono molto contento, la Yamaha ci ha supportato alla grande».
Ancora una volta, quasi ti tocchi con Zarco: cosa ne pensi?
«Ho capito che lui non è “cattivo”, ma non è capace, non si rende conto della distanza con chi gli sta davanti. Come ad Austin, ha provato un sorpasso impossibile: deve capire che il rivale non può sparire dalla pista come in un videogioco. Sicuramente è aggressivo: Marquez dice che va bene così, questa è la MotoGP… Comunque gli manderò la fattura: mi ha rovinato una tuta nuova, che avrebbe dovuto durare fino all’Austria».
Sei a 115 vittorie, solo a 7 da Giacomo Agostini; ci pensi?
«Effettivamente me ne mancano poche, ma se guardi i successi che ho conquistato in una stagione negli ultimi anni non sono affatto pochi. I numeri sono fighi, ma conta quello che provi quando tagli il traguardo e nelle ore successive, il resto mi interessa poco».
Cosa hai provato quando hai doppiato Lorenzo?
(ride) «E’ stato l’unico che ha guardato dietro e si è spostato».