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Avrebbe potuto accontentarsi, ma, ovviamente, non l’ha fatto. «In queste situazioni, cerchi di chiuderla il prima possibile» aveva pronosticato alla vigilia Valentino Rossi, uno che di queste cose se ne intende. Se ne intende anche Marquez e la scenetta preparata a fine GP, con la piacevole salita al “Settimo Livello”, ti fa capire che non poteva andare diversamente, che Marc avesse la ragionevole certezza di farcela, anche se con Dovizioso lì, a spingere, non puoi mai essere sicuro. Il pilota della Honda, in ogni caso, ne aveva di più e al di là della caduta del rivale, ce l’avrebbe comunque fatta. In ogni caso, senza Andrea alle spalle, l’ultimo giro è stato trionfale.
«Ma è stato difficile: alla prima curva ho sbagliato marcia. Di nuovo un errore alla seconda curva: difficilissimo rimanere concentrato. Non solo, quando ho tagliato il traguardo, ricevendo i complimenti da Redding mi è uscita la spalla, che mi ha poi rimesso a posto mio fratello… A fine stagione dovrò essere operato».
E così, adesso, sei a “livello 7”, sette titoli mondiali.
«Sì carina l’idea, non so chi l’abbia avuta. Dopo il successo di Aragon, ho iniziato a vedere il titolo più vicino e qui ho avuto una extra motivazione, perché conquistare il titolo qui è importantissimo per la Honda. Avevo la prima possibilità di chiudere il mondiale, è stato bello sfruttarla».
La gara è andata come ti aspettavi?
«Sì. Volevo partire bene e fare un buon primo giro: questo mi ha permesso di rimanere attaccato a Dovizioso. Poi sono stato dietro di lui, l’ho studiato e a 10 giri dalla fine l’ho attaccato. Purtroppo, ho fatto un errore nel rettilineo posteriore e lui mi ha ripassato. Poi, però sono tornato davanti: mi spiace sia caduto, avrei voluto festeggiare con lui a fianco».
Ripeti sempre che hai imparato da Dovizioso in questi anni.
«Sì, è così, lo confermo: la strategia che ho usato nel 2018 è stata la sua del 2017. Ho imparato tanto da lui, è molto bravo nella messa a punto della moto, il suo livello è molto alto: sono sempre grandi battaglie fino alla fine».
Adesso, nelle ultime gare, potrai correre senza pensieri e rischiare ancora di più?
«No, più di così non si può rischiare: sono sempre al limite, come lo è Dovizioso, come si è visto anche oggi. Bisogna continuare a vincere, perché appena arrivato al parco chiuso, la squadra mi ha fatto notare che non abbiamo ancora conquistato il titolo del team…”.
Ogni successo ti dà ancora più voglia per raggiungere quello successivo?
«Sono contento solo se vinco le gare. Per questo non ho paura di non avere più stimoli: l’anno prossimo si ripartirà da zero, ci sarà una nuova sfida da provare a vincere».
Mi colpisce il tuo rapporto con Alzamora, così differente da te: fino a qualche anno fa, si sbracciava sempre dai box per farti andare più piano, farti prendere meno rischi, ma adesso anche lui ci ha rinunciato…
«E’ 12 anni che siamo insieme, è il mio secondo papà: se ho un problema in pista vado da lui. Siamo cresciuti insieme, abbiamo imparato uno dall’altro. A volte mi dice: “Così mi farai morire di crepacuore».
Hai una dedica particolare?
«Mi ricordo sempre di mia nonna, mancata qualche anno fa. Poi, naturalmente, la mia famiglia, mio nonno, il mio team, il mio allenatore, che ogni giorno mi stimola a migliorare».