MotoGP 2019, Catalunya: Lorenzo Baldassarri: “Tra la lepre e il cacciatore? Scelgo la lepre”

Una chiacchierata con il leader della Moto2, tra rivelazioni e passioni. Alla vigilia di una gara decisiva per il seguito del suo campionato
14 giugno 2019

Ha la voce bassa, roca, con una forte cadenza marchigiana, ma delle province veraci, vere, dure, quelle delle campagne, quelle del centro della regione.

Lorenzo Baldassarri è nato in provincia di Macerata, a San Severino Marche, ha un sorriso stampato sul viso, ha un tatuaggio sotto il coppino con scritto Eat, Sleep, Race, Repeat, ed è alto, molto alto. “Sono cresciuto moltissimo da un anno con l’altro, ma prima avevo un po’ di complessi. Mi sentivo strano. Ero piccolino, avevo pochi peli mentre i miei compagni iniziavano ad essere maturi, grandi, pelosi, adulti”.

L'attuale leader del Mondiale di Moto2 vuole continuare la tradizione che dura da due anni nella categoria e ripetere quanto fatto da Morbidelli e Bagnaia.

Quando arriva Lorenzo negli uffici della VR46 siamo seduti al tavolo nell’ufficio di sua maestà Valentino Rossi, ma appena ci vede ci fa “mettiamoci sulle poltrone dài. Che sono più comode e meno formali. Vi va?” Come fai a dirgli di no, il Balda dice ogni frase con questo suo sorriso contagioso.

Il Balda ha iniziato la stagione alla grande con tre vittorie su cinque gare. “Non mi aspettavo di andare così forte, nonostante i due errori fatti fino a questo momento, sono molto contento di essere lì a giocarmela per il titolo”.

Come rimani concentrato?
Io sono sempre alla ricerca della velocità, questa cosa qui mi sento che ce l’ho dentro. Questa cosa mi stimola e poi ho degli obiettivi e continuare a ricordarmeli giorno per giorno mi aiuta a trovare la concentrazione, perché io so dove voglio arrivare.

È stata dura condividere l’appartamento con un tuo rivale?
È strano che due piloti che lottano - come è successo l’anno scorso - per lo stesso obiettivo riescano a condurre una vita tranquilla fuori dalle corse. Ma io e Pecco ci conosciamo da tanto e ci vediamo spesso per gli allenamenti dell’Academy. Quando abbiamo deciso di convivere lo sapevamo che sarebbe potuto capitare. Abbiamo due caratteri forti, ma complementari e non abbiamo mai litigato o discusso per questo. Credo che il segreto sia anche il rispetto reciproco. Ad esempio, dopo il Qatar nel 2018, dove avevamo fatto una grande bagarre ma poi sono arrivato dietro, mi rodeva un sacco ma siamo due piloti con la testa, puliti e abbiamo grande stima e rispetto verso l’altro.

Che rapporto hai con i videogiochi? So che Pecco è fortissimo. Una volta mi ha detto che se non fosse diventato pilota, avrebbe tentato la strada degli eSport.
Eh, sì. Lui è fortissimo. Prima giocavamo da matti, facevamo le notti dietro ai videogiochi e io mi difendevo bene, tutto sommato. Poi abbiamo un po’ smesso. Io non sono un grande appassionato di videogiochi però devo dire che ad esempio MotoGP è fatto molto bene e quando dovevamo andare a correre in Thailandia mi ha aiutato.

In che senso?
Il tracciato era preciso, certo qualche sfumatura di differenza c’era, ma devo dire che ogni curva, la larghezza della pista, le pendenze, il rettilineo erano tutte robe che poi ho ritrovato nella realtà e questa cosa qui ti aiuta tantissimo. Arrivi già pronto e sai già alcune caratteristiche del tracciato. Prepari il setting della moto e hai un approccio migliore al weekend.

Ma la passione per le moto ce l’hai avuta da sempre?
In realtà no. Non sono stato un appassionato da subito. Certo, rispetto agli altri sport che ho fatto da piccolo mi piacevano di più. Da piccolo suonavo il pianoforte, poi sono passato al tennis, giocavo a calcio, a basket con gli amici e poi ho iniziato con le minimoto. Avevo quattro anni quando ho fatto la prima uscita con una Vittorazi. Sicuramente il fatto di essere bravo e portato nella guida mi ha aiutato ad aumentare la passione per questo sport. È grazie a questo se oggi mi trovo al mondiale. La passione è cresciuta con me. Mi ricordo che mio papà mi prese la prima motina da motocross dopo che avergliela chiesta per mesi. Non ne poteva più. Mi piaceva, mi rendeva felice anche se come ho detto è diventata una vera passione pian piano.

I tuoi genitori come hanno preso questa tua scelta di correre?
Mi hanno sempre lasciato fare ciò che mi piaceva, anche perché nella mia famiglia non c’era la passione per le moto. Mio fratello e mio babbo andavano a cavallo. Ci ho provato anche io, ti da una grande adrenalina, ma anche grandi legnate. Mi ricordo che da piccolo ho provato due volte ed entrambe sono caduto e mi sono fatto malissimo. Mi ricordo quella volta che ero riuscito a convincere mio padre a provare da solo, ma subito dopo il cavallo si era imbizzarrito e mi aveva lanciato per aria. Avevo un sacco di paura, ma se capitasse adesso ci riproverei.

E tuo papà faceva il meccanico quando hai iniziato?
Certo. Si è sempre improvvisato.

Qualche cavolata l’ha combinata?
Un sacco. Quando succedeva si incazzava tantissimo e diceva “basta non corriamo più”. Prendeva la moto la caricava sul furgone. E io che dicevo “no, dai babbo proviamo ancora”. Mi ricordo quella volta che siamo andati a fare una gara in Spagna che era importante e per la qualifica mi aveva sbagliato la carburazione, cosa che può succedere, ma sta moto non andava per niente. Poi abbiamo chiesto a un meccanico vero che era lì e ci ha aiutato a sistemarla per la gara ed è andata bene. Ma cose così son successe un sacco di volte, se ci penso è stata una fortuna arrivare dove sono ora.

E tua mamma invece che ne pensa?
A mia mamma piace. Lei è una che ama l’avventura, è spericolata, ama la velocità. Non è la classica mamma che ti dice “ehi, stai attento”. No, lei mi dice fagli vedere chi sei. Mi ricordo che in Qatar mi ero lussato le spalle e non mi volevano dare l’ok per correre e lei invece insisteva e voleva che corressi a tutti i costi. Forse è da lei che ho preso il mio Balda Attack.

Come mai hai fatto solo un anno in Moto3?
Perché ero troppo alto. Pensa che da piccolo pensavo di avere dei problemi perché ero basso, piccolino. Mi ricordo che i miei compagni erano già pelosi e io invece no. Mi sentivo diverso. Gli altri erano già grandi. Poi di colpo sono cresciuto e in Moto3 praticamente non ci stavo sulla moto e per forza di cose son dovuto andare subito in Moto2 ma ho rischiato di bruciare le tappe, perché non ero pronto a quel salto. A volte salire così velocemente di categoria rischia di farti perdere tutto e se sbagli troppo e ti bruci rischi di smettere per sempre di correre.

Sei uno attento alla moda?
Sì, adesso sì. Già con Pecco, che è proprio malato (ride), ma anche grazie alla mia ragazza mi sono avvicinato tantissimo a questo mondo che prima non mi interessava tanto. Anzi, non me ne fregava niente. Adesso sta iniziando a piacermi. Faccio attenzione ai particolari, a come mi vesto e a come mi vedono gli altri. Bisogna stare attenti a non farla diventare una fissazione, però adesso è una cosa che mi piace. Infatti, sono molto attento anche alla grafica, ai colori, al mio numero, al design del merchandising. Mi piace un sacco curare questo aspetto perché è importante anche per i tifosi. Se tu fai qualcosa di curato, di bello, la gente lo sente e lo apprezza. Questo mi fa piacere.

Perché il numero 7?
Ci sono diversi motivi. Il primo è perché da piccolo piccolo avevo il 34, come Schwantz, lo guardavo da piccolo nelle videocassette. Poi ad una gara non era disponibile e presi il 7. E già qui pensai tre più quattro fa sette. Infatti, poi quando non potevo più usare il 7 perché lo aveva un altro pilota sono ritornato al 34 ma ho messo un più piccolino tra i due numeri. Il sette è diventato il mio numero preferito e fortunato. Anche perché si ripete in tante cose. Ad esempio, sette sono i colori dell’arcobaleno, sette i giorni della settimana, i sette re di Roma….

Anche i sette nani…
Va bé, adesso non vale proprio per tutte le cose (ride).

Che significato ha per te il tempo?
È la cosa più preziosa e allo stesso tempo più difficile da controllare. Pensare che tutto sia basato sul tempo mi fa un po’ venire i brividi, anche perché le stagioni volano via velocissime con la vita abbastanza frenetica che abbiamo noi piloti. È anche per questo che ho smesso di giocare alla play, mi sembra di perdere del tempo prezioso.

Al Mugello, per come si era messa la situazione nelle prove e in qualifica, è andata bene.
Diciamo che dopo delle prove così complicate non avevo chiara la situazione. Non sapevamo cosa fare perché eravamo davvero molto indietro. Abbiamo provato a fare dei cambiamenti, ma ero molto preoccupato anche se dentro di me sapevo di essere competitivo in gara. Perché poi la domenica è un’altra cosa, soprattutto al Mugello. Mi spaventava un po’ partire così dietro perché non puoi prevedere nulla e temevo potesse succedere la stessa cosa di Austin, toccarmi con qualcuno e andare già. Poi quando si accende il semaforo non ci pensi più perché devi focalizzarti su altro.

Sei riuscito a rimanere leader del Mondiale di Moto2, come ti senti?
Mi sento molto bene. Sono in forma e sono contento di aver mantenuto la leadership. Il campionato è comunque apertissimo. Ci sono Marquez e Luthi su tutti, ma sono convinto che anche altri piloti possono inserirsi nella lotta. Però loro due sono da tenere d’occhio: Luthi è costante ed è il più esperto, Marquez ha fatto una gran gara e adesso andiamo a casa sua, in Spagna. Vorrà fare bene.

Barcellona è simile al Mugello, pensi di avere le stesse difficoltà a livello di setup?
Per fortuna nel warm up del Mugello abbiamo fatto dei passi in avanti e anche nel post gara abbiamo capito qualcosa in più rispetto alle libere. È vero, sono circuiti simili ma entrambi hanno delle caratteristiche precise. C’è un rettilineo lungo e un misto molto tecnico, ma mi sento pronto per affrontare una gara come le altre. E la pista mi piace.

Chi temi di più in Catalogna?
Sicuramente Marquez e Luthi che lottano per il mondiale. Il Maro che è andato fortissimo e sta ritrovando il feeling con la sua moto e poi penso che anche le Speedup saranno veramente veloci soprattutto con Navarro.

Meglio essere la lepre o il cacciatore in questo momento della stagione?
Per me essere davanti è più facile per mantenere la posizione, per cercare di controllare e difendersi dagli attacchi. Anche se sono uno che aggredisce, credo che stare davanti sia la cosa migliore.

Prima della pausa estiva, qual è il tuo obiettivo?
Mi piacerebbe avere racimolare un bel bottino che mi consenta di avere un po’ di margine e andare in vacanza con un po’ di serenità per tornare ancora più concentrato e forte.

 

Fabio Fagnani

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