MotoGP 2019: le prestazioni della Suzuki rilanciano le possibilità dei 4 cilindri in linea?

MotoGP 2019: le prestazioni della Suzuki  rilanciano le possibilità dei 4 cilindri in linea?
Per alcuni il quattro in linea sarebbe superato, ma Suzuki dimostra il contrario: ispirandosi alla filosofia Yamaha, ha abbandonato il suo precedente V4 (2003-2011) ed è progredita rapidamente. Il regolamento attuale della MotoGP, molto limitativo, ostacola il pieno sviluppo del V4?
23 maggio 2019

Quelli che pensano che le difficoltà Yamaha delle ultime due stagioni siano dovute al fatto che la soluzione del motore a 4 cilindri in linea è oramai superata per competitività da quella del V4, dovrebbero andare a fare lo stesso calcolo che ha fatto Nico Cereghini sui punti raccolti dai piloti nelle ultime gare del 2018 e nelle prime quattro di questa stagione 2019: Rins e la sua Suzuki sono decisamente in testa a questa speciale classifica.

Se trascuriamo il passo falso di Le Mans, prendendo in considerazione le gare che vanno dal GP del Giappone che si è svolto a Motegi il 21 ottobre del 2018, fino al Gran Premio di Spagna corso a Jerez, i primi cinque posti in classifica sono occupati dai seguenti piloti: Rins/Suzuki – 136 punti, Márquez/Honda – 125 punti, Dovizioso/Ducati – 118 punti, Rossi/Yamaha – 87 punti, Viñales/Yamaha – 77 punti.

Vero è che Márquez in questa serie di otto GP ha accumulato 3 zeri, 4 vittorie ed un secondo posto - il pilota da battere è lui, se ancora qualcuno nutrisse dei dubbi in merito - ma è vero pure che Rins e la Suzuki hanno dimostrato un crescendo di competitività che li porta ad essere uno dei più seri rivali del binomio Márquez/Honda per la lotta al titolo 2019.

 

Oramai tutti sanno che la Suzuki si è ripresentata in MotoGP nel 2015 con una moto, la GSX-RR, che ha mostrato subito una filosofia costruttiva molto vicina a quella della Yamaha M1. Motore a 4 cilindri in linea trasversale, controrotante, fasatura di scoppio irregolare, telaio perimetrale scatolato in alluminio e cambio sistemato con i due alberi sovrapposti, a contenere al massimo l’ingombro longitudinale del gruppo propulsore. Eppure, dal 2003 al 2011, la Suzuki aveva gareggiato in MotoGP con la GSV-R, moto completamente diversa da quella attuale, in quanto costruita attorno ad un motore V4, ottenendo risultati discreti, soprattutto con Chris Vermeulen nelle stagioni 2006, 2007 e 2008. Cosa avrà spinto i tecnici giapponesi ad abbandonare la soluzione del motore a V in favore del 4 in linea?

 

Il V4 permette ai motoristi di esprimersi al meglio per via di un tasso ridotto di perdite per attrito

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Diciamo subito che entrambe le soluzioni portano a dei vantaggi in alcune aree e a dei limiti in altre, per cui una scelta definitiva non è possibile. In generale il V4 permette ai motoristi di esprimersi al meglio per via di un tasso ridotto di perdite per attrito, di un albero motore più compatto e quindi più facile da strutturare. La scelta della fasatura di scoppio può essere fatta con una maggiore libertà, e questo porta ad avere, sulla carta, un motore potente e al contempo dotato di una buona erogazione di coppia. Sul piano ciclistico l’unico punto a favore del V4 è quello di permettere il contenimento dell’ingombro trasversale del veicolo, cosa che favorisce le doti di maneggevolezza della moto. Questo aspetto agevola anche il disegno dell’aereodinamica.

 

Per contro, il 4 in linea permette di ottenere un grande vantaggio nella geometria della sospensione posteriore: il motore corto permette un posizionamento del perno del forcellone molto avanzato e sistemato alla perfezione rispetto al pignone della trasmissione finale; questo è fonte di una minore sensibilità alle perdite di aderenza, che possono essere gestite con relativa e maggiore facilità dal pilota.


Tutte queste argomentazioni tecniche sono note, ma ritengo non siano state determinanti nella scelta fatta da Suzuki. Due sono le cose che devono aver pesato di più. La prima non ha nulla a che fare con la tecnica, ma è del marketing: Suzuki ha voluto creare un prototipo da MotoGP vicino alle sue moto sportive stradali, che sono oramai tutte dotate di motori in linea, trasversali. La seconda, invece, è legata al regolamento tecnico MotoGP, che di fatto, da quando nel 2012 si è tornati alla cilindrata da un litro, impone la scelta del 4 cilindri come massimo frazionamento ammesso e limita a 81 mm l’alesaggio. È questo che impedisce ai V4 di esprimere al meglio il loro potenziale in termini di potenza e regime di rotazione, e concede ai 4 in linea di schierarsi con prestazioni motoristiche più che adeguate.

 

Il progetto della GSX-RR è nato bene ed ha ancora un buon margine di sviluppo

Al di là della scelta tecnica, però, a Suzuki va riconosciuto il merito di aver saputo costruire un gruppo di lavoro decisamente armonico e ben amalgamato. La GSX-RR non ha mai smesso di crescere, e sul piano tecnico tutte le scelte che sono state deliberate hanno prodotto un effetto positivo in termini di prestazione. La moto, inoltre, è sempre stata sviluppata mantenendo quell’equilibrio e quella guidabilità che fin dall’esordio con Viñales ed Espargarò nel 2015 sono sembrati i suoi punti forti. Quest’anno, complice l’ottimo stato di forma di Alex Rins, la Suzuki sembra più a posto della Yamaha, a dimostrazione che l’ispiratrice M1 è stata raggiunta sul piano delle prestazioni in pista.


Nella MotoGP attuale si va forte solo se si riesce a lavorare con grande armonia sui più piccoli dettagli della messa a punto della moto; ci vuole grande esperienza, grande pazienza, grande sensibilità. Sono queste le doti che hanno premiato fino ad ora il team Suzuki, portandolo ad inserirsi stabilmente nel gruppo di quelli che possono vincere le gare. Sono anni che non si vedono soluzioni rivoluzionarie, anche perché il regolamento attuale tende a non premiare l’azzardo sul piano tecnico. La Suzuki si è adeguata, seguendo un percorso tecnico che era già stato tracciato da Yamaha. Ha saputo però lavorare di fino, dimostrando un’ottima conoscenza della materia. Il progetto della GSX-RR è nato bene ed ha ancora un buon margine di sviluppo, e un grande potenziale da esprimere va riconosciuto anche ai piloti: Rins lo già fatto vedere, mentre a Mir, che è appena arrivato, tutti gli addetti ai lavori attribuiscono un gran talento. Resta solo da vedere come proseguirà la stagione dopo l’infortunio di Le Mans, per capire se sarà la Suzuki a primeggiare tra le moto con motore in linea o se sarà l’altra storica “4 in linea”, la Yamaha, a riprendersi il ruolo abituale di contendente numero uno del colosso Honda.

Giulio Bernardelle