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LE MANS - Ha fatto una gran gara, gestendo bene l’obbligo di dover fare un buon risultato, l’obbligo di provare ad attaccare, l’obbligo di non fare disastri. Danilo Petrucci è uscito alla grande da una situazione che poteva essere delicata, ed è stato premiato con un terzo posto che ha tanta sostanza.
«Non è stato facile, e non volevo assolutamente che finisse come in Argentina 2016 (quando Iannone centrò Dovizioso all’ultima curva: anche allora, i due erano in lotta per il secondo posto, NDA): già vedevo la faccia di Dall’Igna, temevo mi menassero… A inizio gara, Márquez non forzava più di tanto e cercavo di controllarlo, ma ho fatto un grave errore alla curva 8, perdendo tre posizioni. Ero quinto, e ho sbagliato ancora un paio di giri dopo, ed ero sesto. Mi sono un po’ demoralizzato, ho pensato che sarebbe stata una gara come le altre, pur partendo dalla prima fila. Invece ho cominciato a girare con un buon ritmo, li ho ripresi, ho passato Rossi e Miller e mi sono trovato dietro a Dovizioso. Rispetto ad Andrea ero più veloce in ingresso curva, ma lui era più forte in accelerazione, non ce la facevo ad attaccarlo. Ma ci ho provato tre volte, finendo lungo in tutte le occasioni, proprio perché Dovi accelerava meglio di me».
Quando sfidi un pilota a parità di moto, cosa vorresti di differente per batterlo?
«Io e Andrea abbiamo uno stile simile, ma anche differente in alcuni aspetti. Come ho detto, lui è più bravo di me in accelerazione: io prendevo un paio di metri in uscita da ogni curva e per recuperare dovevo frenare molto tardi. Così andavo lungo e non potevo chiudere la curva. Io e Andrea siamo abituati a sfidarci a parità di moto, lo facciamo anche nel cross… Sono contento della mia moto e del suo carattere, dei suoi pregi e dei suoi difetti, anche se Márquez con la Honda sta facendo la differenza».
Adesso devi ripetere certe prestazioni anche nelle piste a te meno favorevoli?
«Sì, bisogna ripeterleanche su altre piste. Ma quest’anno sono già migliorato sotto questo aspetto: sia in Argentina che in Texas, dove in passato aveva faticato tantissimo, ho disputato delle buone gare, anche se magari si era visto meno. Sicuramente questo podio fa molto bene, e ci permette di arrivare carichi al Mugello».
Com’è il rapporto con Andrea?
«Fantastico, e lo devo ringraziare, questo podio è anche merito suo. Mi ha "adottato" a Forlì, gli scrocco tutto quello che posso a casa, mi dà tantissimo. Ma non mi sono risparmiato: come ho detto, ci ho provato tre volte, senza però fare il matto».
In cosa, esattamente, ti ha aiutato?
«Andrea mi dice sempre di non affliggermi, di non pensare di essere il brutto anatroccolo, di non pensare al futuro. Dovi, prima di tutto, è una brava persona: sto sempre con lui e con i suoi amici, con la sua famiglia, gli “rubo” sempre qualcosa, nel senso che imparo sempre qualcosa da lui. E vedere Andrea, uno che si sta giocando il mondiale della MotoGP, caricare la mia moto da cross sul furgone è qualcosa di incredibile: siamo due amici normali».
Quindi, con un altro avversario ci avresti provato di più?
«Macché, ci ho provato e riprovato, finendo tre volte lungo e rischiando il contatto. Semplicemente, non ho fatto il matto: è stata una bellissima battaglia, molto pulita, senza fare casino. All’ultimo giro era possibile passare in frenata in un paio di punti, ma era troppo rischioso. E non eravamo solo io e lui, avevamo vicino Miller e Rossi».
Questo risultato conferma che tu sei meritatamente in questo team?
«Mi hanno messo in discussione ancora prima che cominciassi… nonostante avessi fatto il primato della pista a Sepang e altre buone prove. Nelle gare mi è sempre mancato qualcosa, ma stiamo anche parlando di GP dove sul podio è sempre salito solo Márquez, per gli altri non è così facile. Anche in Argentina sono stato a due decimi dal podio, nonostante fossi partito decimo. Dopo Austin mi sono detto: mi sto mettendo pressione addosso da solo. L’anno scorso avrei dato un mignolo per essere in questa squadra: mi sono detto "goditela, tanto non decidi tu, puoi solo fare il massimo". E si sono visti i risultati: me la sto godendo. Poi se non sarò qui nel 2020 non voglio avere il rimorso di non avere dato il massimo. Io adesso lo sto dando: se basterà per la riconferma bene, altrimenti non ho fatto del male a nessuno. Sono contento di quello che sto facendo, sono felice di guidare questa moto».
Mi colpisce come in Ducati, dopo aver fatto secondo, terzo e quarto, ci sia un clima da ultimo e penultimo posto: Dall’Igna dice che è solo un secondo posto, il Dovi è deluso, Tardozzi è d’accordo con Gigi. Perché?
«Abbiamo fatto un secondo e terzo posto, risultato buono per il team secondo me, ma loro ovviamente sarebbero stati più contenti di un primo e secondo posto… Ma anche noi, ma non è che non ci abbiamo provato. Così come a Jerez, dove c’era un’atmosfera da funerale, ma io e Andrea stiamo dando veramente il massimo».
Secondo te per loro non è così?
«Non lo so, spero che lo capiscano. Sono due gare che arriviamo uno attaccato all’altro: evidentemente la moto ha quel limite. Certo, c’è da dire che io sono più veloce in alcuni punti e lui in altri: magari mixando le due cose si potrebbe far meglio. Io oggi rischiavo di più a entrare in quella maniera, ma faticavo in accelerazione. Io personalmente sono contento; è chiaro che Andrea voglia giocarsi il mondiale, e contro questo Márquez bisogna essere al posto giusto nel momento giusto. Io sono uno stimolo per Dovi, tutti i giorni, sia in pista che in allenamento: credo che stiamo andando molto forte. Il problema è che la Honda ha fatto un grosso passo in avanti».
Però la Honda la guida solo uno, la Ducati in tre…
«E’ vero, possiamo avere tanti dati a disposizione: ma non c’è un pilota che riesca a fare la differenza come la fa Márquez con quella Honda: effettivamente è solo Marc che la sfrutta; io, Andrea e Jack stiamo andando forte, siamo messi bene nel mondiale. Aspetterei almeno di arrivare a metà campionato per tirare delle linee; certo lui è in testa al mondiale nonostante uno zero, ed è sempre al 101%».