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Il nuovo calendario della MotoGP, naturalmente provvisorio - non può essere diversamente, fino a quando la situazione COVIR-19 non si normalizzerà - è senza dubbio un’ottima operazione per salvare capra e cavoli. Probabilmente la migliore e completa possibile: si è parlato anche di recuperare il GP del Qatar per la classe regina, ma converrete con noi che per quanto affascinante, l’ipotesi di una trasferta in più a fine anno, appena rientrati da un trittico appena ridiventato tetralogia (l’ordine delle gare finali è a questo punto la stessa del 2019) appare poco praticabile. Anche se, pensandoci, chiudere in Qatar, in notturna e con temperature difficilmente troppo basse, avrebbe sia più senso che più fascino rispetto al farlo a Valencia. Ma questo è un altro discorso.
Torniamo alla trasferta extraeuropea. Così com’è ora il calendario ci sono cinque gare in sei settimane, una in meno rispetto al 2019. Si parte il 27 ad Aragón (anticipato di una settimana) per poi spostarsi in Thailandia già la settimana dopo. Una settimana “buca” e poi, dal 18 ottobre, il classico tour de force asiatico con Giappone, Australia e Malesia in tre settimane consecutive.
In realtà, a voler ben vedere, la situazione non cambia tantissimo. Anche se, chiaro, non vorremmo essere l’addetto alla logistica che la sera del 27 settembre deve chiudere tutte le casse del circus e farle arrivare entro tre giorni a Buriram, per di più con fuso orario a sfavore. Non è molto diversa, dicevamo: nel 2019 le tre gare asiatiche erano comunque appiccicate, quello che cambia è il fatto che da Aragon alla Thailandia sia stata eliminata la settimana “buca” che ha probabilmente permesso ai piloti di acclimatarsi con fuso e condizioni meteo.
Certo, rimangono due blocchi di due e tre gare di fila, in cui per piloti e squadre sarà fondamentale gestire le proprie energie. Tecnici e top rider della MotoGP dovranno trattare la trasferta come se fosse una gigantesca gara di Endurance in più riprese. Come se fosse una sorta di maxi-gara dell’EWC che assegna 125 punti, invece che cinque gare da 25 punti. Quindi attenzione a non commettere errori le cui conseguenze potrebbero andare a inficiare anche i risultati successivi (se ci si fa male si sacrificano punti nelle gare successive, per essere più chiari…) e tanta, tanta lucidità anche nel risparmio delle energie, come devono fare - per dirne una - i giocatori dell’NBA che si trovano a volte a giocare quattro partite in cinque giorni
Insomma, più ci pensiamo, più emergono aspetti ricchi di fascino a caratterizzare questa trasferta massacrante. Come dite? Ma certo. In gran parte, è perché non siamo noi a doverla fare…