Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Difficile capirci qualcosa. Se guardi i numeri, è normale pensare che la Yamaha sia una gran moto: in 13 GP, sette vittorie, 11 podi complessivi, 9 pole. Tre piloti nei primi cinque in classifica generale, Franco Morbidelli secondo a 29 punti da Joan Mir. Viene da dire che la M1 sia molto competitiva. Poi, però, guardi le gare, senti i commenti dei piloti e cambi opinione. E anche l’ultimo GP non fa altro che aumentare la confusione, invece di confutare la bontà della Yamaha. Perché se è vero che Morbidelli ha vinto alla grande con la moto meno evoluta, è altrettanto incontestabile che le altre M1 al traguardo, quelle teoricamente più competitive di Maverick Vinales e Valentino Rossi, sono arrivate rispettivamente decima a 19”043 e dodicesima a 19”717.
Per capirci di più, è giusto sentire i piloti. Morbidelli non vuole entrare nel dettaglio (non vuole fare polemica con Yamaha), si limita a dire che: “Forcada conosce benissimo questa moto, è il mio asso nella manica”. Fabio Quartararo non ha dubbi: “Credo che la M1 2020 non sia stata la scelta corretta - ha detto domenica pomeriggio dopo la caduta e l’addio ai sogni iridati -: la differenza con la moto dell’anno scorso è grande. Con la M1 2019 riuscivo a essere veloce e costante in tutte le piste, adesso, invece, o vinco o lotto per il decimo posto. Quando va bene…”. Parole inequivocabili. Come quelle di Maverick Vinales: “La 2020 è completamente differente dalla 2019. Credo di avere le idee chiare su cosa bisogna fare per migliorare la moto, i problemi sono sempre gli stessi: abbiamo fatto un passo in avanti in frenata, ma soffriamo sempre la mancanza di grip al posteriore e in accelerazione”. Insomma è chiaro: la 2020 è molto differente dalla 2019. Ma Valentino Rossi non è della stessa opinione: “Sulla carta, la 2020 avrebbe dovuto rappresentare un grande passo in avanti, ma non è così. E non è che cambi così tanto rispetto alla 2019; in questo momento, è Morbidelli a fare la differenza”. Quindi, Rossi, di fatto, non è d’accordo con Quartararo e Vinales, le due versioni sarebbero simili. Chi ha ragione? Valentino, però, concorda con Maverick sui limiti della M1 e, soprattutto, aggiunge un particolare importante. “La Yamaha - ha detto domenica - andava molto bene con le Bridgestone, era forse la migliore moto. Ma con le Michelin abbiamo più problemi, come se non avessimo capito qualcosa”.
Questo è un aspetto tecnico interessante: la Yamaha non riesce a far lavorare le Michelin. Un po’ come accade alla Ducati e questo potrebbe spiegare in parte l’alternanza di prestazioni: se riesci a trovare l’assetto giusto sei molto competitivo, altrimenti navighi nelle retrovie.
Ma perché la Yamaha non ha effettuato nessun test durante la stagione? D’accordo, il Covid-19 ha modificato tutti i piani, ma dopo la riapertura c’era la possibilità di tornare in pista: non come al solito, ma qualche giornata si poteva effettuare, come hanno fatto i rivali.
“Fino al 2020 - sottolinea Rossi - tutte le altre Case avevano un test team attivo in Europa con Pirro, Bradl, Pedrosa, mentre la Yamaha girava solo in Giappone, in piste che non c’entrano nulla con il motomondiale. Ma un “test team” è utile se prova sulle nostre piste e con le nostre gomme e per questo è stato preso Lorenzo, che però ha provato solo un giorno in Malesia a febbraio e poi ha fatto il test collettivo di Portimao… Per crescere, ci vuole un team serio in Europa: a me sarebbe piaciuto molto Dovizioso, perché è veloce, sensibile e ha tanta esperienza. Ma va bene anche Crutchlow, purché ci sia un programma preciso”.
Valentino ha ragione: perché la Yamaha non ha provato a sistemare i problemi durante il 2020 con Lorenzo? Jorge ha mostrato sicuramente dei limiti - la scusa che non erano previsti test non è sufficiente per giustificare la mancata preparazione fisica: un collaudatore deve sempre farsi trovare pronto, non solo per girare sulla moto, ma anche in caso di infortunio o assenza di un pilota, come è successo con Rossi. Ma Jorge non lo era. -, ma la Casa giapponese è assolutamente colpevole a non aver riprogrammato la stagione dopo l’emergenza Covid. Per sviluppare una MotoGP ci vuole pianificazione e impegno, altrimenti non ha senso avere un team sviluppo: di fatto ha buttato il 2020 e non per colpa di Jorge.
Il nostro ingegnere Giulio Bernardelle non crede ci sia una grande differenza tra il motore 2019 usato da Morbidelli e il 2020 montato sulle altre Yamaha.
“Non penso ci sia un gran vantaggio del quattro cilindri 2020: non ho mai visto la Yamaha fare dei salti in avanti significativi, ha sempre seguito la politica dei piccoli passi. Adesso questa politica non paga, perché non sanno in che direzione andare: manca una direzione tecnica che sia in grado di raccogliere i dati e decida cosa fare” ha detto l’ing durante il “DopoGP” di domenica sera. Cadalora, da parte sua, ha confermato che Yamaha non riesce a far funzionare bene le gomme.
“I problemi - è l’opinione di Luca Cadalora - sembrano più o meno gli stessi che ho visto nei tre anni vissuti all’interno del box (come “coach” di Valentino, NDA): c’è qualcosa che non si è capito bene riguardo alle rigidità del forcellone e del telaio per far lavorare le gomme. A volte si fanno delle modifiche che ti aspetti portino certi risultati, ma poi la pratica non corrisponde alla teoria, a quello che dovrebbe succedere. E’ come se ci fosse qualcosa di più grande, che ha un’influenza maggiore e non ti permette di affinare certi dettagli di messa a punto della moto. Di solito, quando succede questo, probabilmente ci sono delle aree del telaio che non hanno la rigidità sufficiente per far funzionare le gomme. Questa è l’idea che mi sono fatto negli anni passati dentro al box Yamaha”.
Insomma, secondo i nostri tecnici il responso è chiaro: bisogna intervenire in maniera netta sul progetto, rivedere la ciclistica. Rimane il fatto che Morbidelli, però, domenica ha vinto. “Lui sta facendo la differenza” ripete ancora Valentino. Ma non è solo questo: senza nulla togliere agli altri ingegneri di pista, Ramon Forcada è sicuramente il più preparato ed esperto tecnicamente. Come conferma anche Cadalora.
“Ramon è quello che conosce meglio di tutti questa moto, la conosce storicamente da tantissimi anni, ed è la persona che può trovare il migliore equilibrio per la M1, grazie anche alla fantastica sensibilità di Morbidelli: si è creato un connubio che riesce non sempre, ma il più delle volte e più degli altri a compensare questi problemi” è la tesi di Luca. Ricapitolando: la moto ha i suoi problemi, evidenti, ma il pacchetto Morbidelli/Forcada riesce a fare la differenza rispetto agli altri piloti/capotecnici.
Per il 2021 i motori sono congelati, ma la Yamaha ha l’obbligo di lavorare sulla M1. “In una MotoGP - sottolinea Rossi - ci sono così tanti componenti, che si possono migliorare sia le prestazioni del motore, sia il rendimento generale della moto lavorando all’esterno del quattro cilindri: se Yamaha vuole, può rendere più competitiva la M1”. Ecco, però Yamaha lo deve volere, senza basarsi sui numeri, che sembrerebbero dire che la M1 è la migliore MotoGP in pista. E un altro errore che non deve essere commesso è quello di dare a Morbidelli una moto differente dagli altri, come invece è stato ufficializzato: se si vuole fare dei passi in avanti, tutte le moto devono essere uguali, non ci devono essere dubbi - come sta avvenendo oggi - che alcune prestazioni siano dovute a una certa versione della M1 e non alla bravura del pilota e del suo capotecnico. Bisogna eliminare ogni variabile che crei confusione, tutti i piloti devono avere la medesima versione, così come avviene per Ducati, Honda, Ktm. Inoltre, bisogna far lavorare al meglio il test team, altrimenti Cal Crutchlow diventerà inutile esattamente come lo è stato Jorge Lorenzo.