MotoGP 2020: Valentino Rossi e Michelin, botta e risposta

MotoGP 2020: Valentino Rossi e Michelin, botta e risposta
Dubbi sullo standard qualitativo delle gomme per il nove volte iridato. Piero Taramasso: "Qualità fuori discussione, il problema è la precisione"
8 settembre 2020

Anche Valentino Rossi si aggiunge al coro di voci critiche nei confronti dello standard qualitativo delle coperture Michelin. Il nove volte iridato, con toni pacati, ha parlato di un'inconsistenza prestazionale delle gomme, che non sembrano offrire sempre lo stesso livello prestazionale, generando diverse difficoltà ai piloti e ai team. "A volte una gomma funziona meglio, a volte peggio, anche se non succede spesso." ha detto Valentino. "In realtà dipende anche dal pilota, dal suo stile di guida e dall'assetto che si sceglie per la moto, ma ci sono volte in cui la stessa gomma su una delle Yamaha funziona bene, sull'altra no. La situazione è difficile, ma fa tutto parte del gioco dello sport motoristico."

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Toni, appunto, molto tranquilli, ma si tratta comunque di un'altra critica a pneumatici che non sembrano trovare un consenso unanime fra i vari piloti: l'impressione è che ci sia un certo malcontento strisciante fra team e piloti, nonostante la posizione comune sia una sorta di mal comune, mezzo gaudio. Le gomme sono le stesse per tutti, ed è compito di team e piloti trovare il modo di farle rendere al meglio.

Pur senza una risposta diretta a Rossi - che peraltro, a differenza dei colleghi, non ha mosso accuse dirette a Michelin - la Casa del Bibendum ha tenuto a precisare, in un'intervista allo spagnolo Mundo Deportivo da parte del suo responsabile sulle piste Piero Taramasso, come il proprio prodotto non abbia alcuna oscillazione qualitativa, ma che offra le sue prestazioni in una finestra piuttosto ristretta di condizioni, e che sia quindi un problema della squadra e del pilota trovare il modo di restare in questa finestra.

 

 

Una caratteristica che, del resto, contraddistingue da sempre le coperture Michelin: nello scontro con Bridgestone nella seconda metà degli anni 2000, prima che entrasse in vigore la monofornitura, la Casa giapponese aveva scelto una strategia basata su mescole più versatili, mentre quella francese aveva invece preferito impegnarsi con prodotti altamente specifici per le condizioni meteo e dell'asfalto. Insomma, complice un calendario più Europa-centrico di oggi, Michelin aveva preferito lavorare con una produzione just-in-time mentre Bridgestone era stata costretta - dovendo spedire con largo anticipo le gomme su ogni circuito in Europa - a sviluppare prodotti con una maggior tolleranza.

"Sia per la produzione che per le fasi di gommatura dei cerchi abbiamo standard rigorosissimi" ha spiegato Taramasso. "Abbiamo macchine speciali per il controllo della qualità e della correttezza del montaggio - abbiamo tolleranze di 0,6 mm, e se la superiamo cambiamo direttamente la gomma. Sui cerchi le nostre gomme vengono gonfiate con aria deumidificata, praticamente azoto, prima di restituire le ruote ai team. Il problema è che anche un minimo cambiamento nella pressione comporta ampie variazioni nel comportamento: 1,4 bar non sono la stessa cosa di 1,42, e bastano minime differenze per determinare un feeling molto diverso".

 

 

Niente gomme difettose, quindi. "Ne abbiamo trovate meno di dieci in quattro anni"  spiega Taramasso. Il problema risiede nella temperatura della gomma, con un valore ideale di 142°. "Se il pilota non riesce a tenerla calda, e scende di dieci gradi, la gomma non funziona correttamente. Stessa cosa se sale, a 155° lo pneumatico è troppo caldo e perde grip. Serve una precisione assoluta, basta uno scarto minimo per penalizzre la prestazione.

"Il punto è che quando una gomma non funziona correttamente, è difettosa per capirci, è più lenta di almeno un secondo rispetto alle prestazioni di un esemplare che risponde allo standard qualitativo. Il problema è che qui i piloti si lamentano a fronte di differenze di tre/quattro decimi, perché le pretazioni sono così livellate che due decimi fanno la differenza fra i primi cinque e gli ultimi cinque. I piloti si innervosiscono, e scelgono la strada più semplice: incolpare le gomme..."