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Le immagini sono impressionanti: le moto si muovono da tutte le parti, i piloti faticano perfino a stare in sella.
In alcuni punti è da pelle d’oca: alla curva 10, per esempio, ti aspetti sempre il peggio da un momento all’altro. La prima domanda che ti fai è perfino ovvia: come hanno fatto ad omologare questa pista?
La risposta, purtroppo, è altrettanto ovvia. La Fim, l’ente che deve controllare i circuiti e poi dare il via libera per l’omologazione, ha le mani legate da un contratto economico importante con la Dorna: se la Dorna decide che ad Austin si deve correre, si corre e basta e Franco Uncini, l’uomo delle omologazioni, può fare poco.
Ho sempre sottolineato come in questi anni, Uncini e Dorna abbiano lavorato molto bene per la sicurezza, ma sulle omologazioni sono stati spesso accettati dei compromessi. Nel caso di Austin è fin troppo evidente che questa pista non sia adatta alla MotoGP.
La seconda domanda è ancora più ovvia della prima: cosa fare adesso?
Il buon senso dice quello che hanno detto ieri la maggior parte dei piloti: non ci sono le condizioni per correre. Non so cosa sia successo nella Safety Commission di ieri, non sono riuscito ad avere informazioni, ma dagli Stati Uniti non è arrivata nessuna novità importante.
Quindi si andrà avanti, non ci sono alternative. E’ giusto farlo? Personalmente ho moltissimi dubbi: il motociclismo sta vivendo un periodo difficilissimo, negli ultimi quattro mesi ci sono stati tre incidenti mortali, tutti di piloti giovanissimi: 14, 15 e 19 anni.
Il motociclismo, lo sappiamo, è uno sport pericoloso, alcuni rischi non si possono evitare. Ma altri sì. Come quello di correre su una pista non adatta a queste moto, un circuito ben al di sotto degli standard di sicurezza ai quali la Dorna ci ha abituati.
Una caduta alla curva 10 in gara potrebbe avere conseguenze devastanti, lo hanno detto più o meno tutti i piloti: correre in queste condizioni per me non ha senso.
Bisognava pensarci prima, adesso è troppo tardi: un’altra immagine negativa per la nostra amata MotoGP.
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