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JEREZ - Lacrime incontenibili, poi un’euforia incontrollabile, quindi di nuovo lacrime: il giro d’onore di Jack Miller è stato indescrivibile.
“Mi sembrava di essere sull’otto volante: alla curva 2 piangevo, alla 5 esultavo come non mai, tre curve dopo ancora lacrime. Non ci credevo: credi tanto in una cosa, fai di tutto per raggiungerla e quando ci riesci, quando raggiungi quel risultato che hai sognato, non ci credi. Ho sbagliato tanto in passato, ma questa volta sono stato perfetto. E che bello sentire tutto l’affetto e la felicità per me".
Si può dire che sei un duro dal cuore tenero?
“So che all’apparenza sono uno molto sicuro di me, ma la realtà è che ho fatto fatica ad avere fiducia, oggi ho creduto in me stesso. Quella del cattivo ragazzo è solo una maschera, lo sanno tutti che sono uno sensibile, che piango, che mi lascio andare”.
In pochi pensavano che avresti potuto vincere.
“Anch’io non lo pensavo, diciamo che ho capito che ce l’avrei potuta fare alla decima curva dell’ultimo giro… Jerez per me è sempre stato un circuito complicato, dove ho sempre sofferto problemi alle braccia. Oggi, non ho avuto nessun inconveniente, me ne sono dimenticato completamente e per questo devo ringraziare il dottor Mir che mi ha operato dopo Qatar2: potevo frenare al massimo senza nessun problema. E voglio ringraziare la Ducati: vincere con questi colori era il mio sogno, li ringrazio per aver creduto in me, grazie a Gigi Dall’Igna, a Paolo Ciabatti, Davide Tardozzi, Claudio Domenicali. Forza Ducati”.
Hai temuto che Bagnaia potesse riprenderti?
“Gli ultimi giri non finivano mani, Pecco ha fatto un gran lavoro, ha spinto forte alla fine. Speravo calasse un po’, ma era sempre lì, si è avvicinato. Ma alla fine ce l’ho fatta, cercando di essere il più preciso possibile, attento anche a cambiare le mappe”.
Com’è stato questo periodo?
“Difficile: ero arrabbiato, frustrato, non credevo in me”.
Come sei riuscito a cambiare mentalità, chi ti ha aiutato?
“Di solito, in queste circostante mi affido a mia mamma, ma in questo caso non era sufficiente. Chi mi ha aiutato molto è stata Lucy (la moglie di Cal Crutchlow, entrambi grandi amici di Miller, n.d.r.), mi ha sostenuto, anche questa mattina mi ha mandato un messaggio. Siamo umani, fa bene sentire un po’ di affetto”.
Sei passato in MotoGP direttamente dalla Moto2: oggi rifaresti quella scelta?
“Arrivare in MotoGP e in un team ufficiale non è facile: io ho avuto la possibilità, adesso sono qui, alla Ducati. Allora c’era stata la possibilità e l’ho colta, ma ero molto giovane, non era facile prendere la decisione giusta: mi hanno aiutato le persone a me vicine. Chiedete a Morbidelli e Bagnaia quanto è complicato arrivare in MotoGP. Io e Pecco avevamo 13-14 anni quando facevamo il campionato spagnolo, proprio qui a Jerez lui aveva vinto e io ero arrivato secondo , adesso siamo primo e secondo con la Ducati ufficiale: è un sogno che si realizza”.
Dopo questo successo, sei un po’ più sereno per il tuo futuro?
“Avevo già contattato due aziende edili in Australia… A parte gli scherzi, la gente dimentica alla svelta quello che hai fatto in passato, come può confermare Morbidelli, uno che nel 2020 ha fatto secondo con una moto vecchia… E’ una questione di rispetto, c’è chi ne ha di più chi meno, io penso solo a fare il mio lavoro e a essere una persona migliore”.
Come direbbero gli australiani: “Good job, man”. Ottimo lavoro, ragazzo.
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