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PORTIMAO - Ritrovare Casey Stoner nel paddock è sempre piacevole.
Perché Casey è stato un campione straordinario ed è un ragazzo con il quale è piacevole parlare. Ed è carismatico, qualità tutt’altro che comune.
Naturalmente, è stato a lungo nel box Ducati e durante le FP è addirittura stato a bordo pista, facendo da 'coach' ai piloti di Borgo Panigale. Un punto di vista fondamentale, tanto che sia Jack Miller sia Pecco Bagnaia si sono detti disposti a tagliarsi un po’ di stipendio per convincere Stoner a fare quel mestiere.
“Non mi dispiacerebbe farlo, ma la mia famiglia è in Australia, non credo sia possibile” si limita a commentare. Ma nella conferenza stampa organizzata appositamente per lui dalla Dorna, Casey risponde con tanti dettagli e analisi sempre interessanti. Ecco cosa è emerso.
Il ritiro, il paddock, la salute fisica
“L’ultima volta che ero stato nel paddock era stato al Mugello nel 2018: questo è stato il mio mondo per tanto tempo, mi mancano tanti amici che ho qui. Dopo aver finito il lavoro di collaudatore con la Ducati, sono stato operato a una spalla: sembrava tutto ok, ma negli ultimi cinque anni ci sono stati periodi che non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal divano per giorni e i dottori non riuscivano a capire cosa avessi. E’ stata dura sia fisicamente sia psicologicamente. Adesso gestisco le mie energie, da dicembre la situazione è migliorata: ci sono dei giorni in cui sto bene e altri no: diciamo che non sono mai più al 60% della mia forma. Non sono più competitivo in niente, negli ultimi quattro anni sono stato l’unico rivale di me stesso. Avevo iniziato con la Mountain Bike, mi sarebbe piaciuto correre, ma non è stato possibile. Della MotoGP mi mancano soprattutto le qualifiche, quando devi spingere più che puoi per un solo giro, mentre in gara c’è sempre qualcosa da gestire”.
Il rapporto con Valentino
“Per me correre significava vincere o quantomeno lottare per la vittoria, mentre lui ha la passione per la moto e per le gare: in questo siamo molto differenti. Mi è mancato non vedere Valentino nelle prime posizioni, con lui le gare sarebbero state più divertenti. La nostra è stata una rivalità fantastica, con momenti belli e altri brutti, come sempre accade, ma è stato fantastico correre contro di lui: da Valentino ho imparato molto in pista, fuori, nei rapporti con la gente. I miei risultati hanno già valore perché li ho ottenuti con lui come avversario. Adesso per lui inizierà una nuova vita”.
Marquez, l’infortunio e la Honda
“Gli infortuni fanno parte dello sport. Puoi dimenticare una caduta se capisci quale è stato il motivo che l’ha causata, se non ripeti gli errori. Per me era così: quando capivo la causa, andavo più forte di prima. Marquez è in una situazione differente, è stato fuori tanto tempo, gli ci vorrà un po’ per riprendersi sia fisicamente sia mentalmente. E c’è sempre la paura che possa accadere di nuovo: non so quello che pensa, ma credo che il 2020 sia stato molto complicato per lui. Marc è un pilota incredibile: forse è stato fatto l’errore di concentrarsi troppo sulla frenata, rendendo critica la fase di inserimento in curva. Marc è stato bravo a nascondere i problemi”.
Ducati e Yamaha
“Ducati è arrivata vicino al titolo tante volte, ma è mancata un po’ di costanza e una moto competitiva in tutti i circuiti. La Yamaha ha un grande potenziale, se potessi scegliere, proverei la M1, perché è stata la mia più grande avversaria, la moto più complicata da battere. E sarebbe interessante capire se può essere guidata in un altro modo".
Le difficoltà nel cambiare moto
“Per me era relativamente facile andare forte con ogni moto, perlomeno arrivare fino a un certo punto, anche se poi è più complicato fare l’ultima differenza. Ho sempre cercato di adattarmi a quello che chiedeva la moto, mentre adesso sento dire ai piloti che la loro nuova moto non fa quello che vogliono. Credo che sia sempre necessario trovare un compromesso, non sempre viene fatto”.
I regolamenti
“I costi sono saliti troppo, adesso la MotoGP è più vicina alla F.1. Bisognerebbe limitare l’elettronica, mi piacerebbe vedere i piloti faticare di più in accelerazione: ormai i sorpassi sono tutti in frenata, in curva vanno tutti uguali”.
I giovani e il rischio
“Servono sanzioni più dure. Per me è stato sbagliatissimo togliere l’erba fuori dalle curve, i piloti non hanno più paura, perché sanno di avere la possibilità di non cadere anche se sbagliano. E serve più rispetto nei confronti degli altri”.
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