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È uno dei piloti con cui è più piacevole parlare. Perché è intelligente, colto, misurato nelle sue valutazioni, ma preciso, senza mai cercare scuse. E anche chi lavora con lui è entusiasta: non solo dell’uomo, ma anche del pilota: non ce n’è uno che non creda nelle sue qualità. Eppure… Eppure, attorno a Luca Marini c’è tanto scetticismo, chi è fuori dall’ambiente mette in dubbio le sue capacità e il suo talento.
“E’ vero - dice Luca - c’è scetticismo nei miei confronti. Invito tutti a parlare con me per conoscermi meglio: chi lavora con me ha capito la persona che sono, alla fine credo siano gli scettici che si debbano ricredere. Io devo cercare di convincerli con i risultati in pista: quest’anno ho la possibilità per dimostrare il mio valore”.
Nel 2021, però, Enea Bastianini e Jorge Martin, debuttanti come te, hanno ottenuto risultati migliori: il 2022 deve essere l’anno della rivincita?
L’anno scorso ero in una situazione differente rispetto a Martin, ma anche da Bastianini. Non vedo il 2022 come un anno di rivincita, ma deve essere di crescita, di divertimento per ottenere buoni risultati. Il 2021 è stato stressante per me: quando sai di non poter fare di più per certi aspetti, quando sai che non puoi dimostrare il tuo valore, è davvero difficile. Adesso so di avere lo stesso materiale degli altri: questo ti carica di responsabilità, ma è una responsabilità positiva, i campioni devono sopportare queste situazioni. Quindi nessuna rivincita: l’obiettivo deve essere fare il meglio possibile, provare a stare nelle posizioni che contano in ogni gara, provare a salire sul podio e a vincere.
E’ stato così complicato il 2021 per te?
Quando hai una situazione non all’altezza, è tutto più stressante e difficile: questo mi ha impedito di guidare con calma e serenità, non mi sono divertito. Quest’anno ho avuto molto più tempo per preparare la moto, tutto è più calmo, mi godo di più la MotoGP. E anche quando studi i dati degli altri piloti Ducati, capisci di più, perché la moto è uguale alla mia.
Lavori tanto su te stesso?
Sì, la MotoGP di adesso è a un livello pazzesco, bisogna lavorare molto su se stessi. Un grande esempio è Lewis Hamilton: è incredibile come riesca a crescere ogni anno. Quella è la strada. La MotoGP è molto complicata, lavoro continuamente su di me, in tutte le aree, anche sullo stile di guida per adattarmi alla Ducati.
Fisicamente ti senti pronto?
Sì. Ho spinto tanto durante l’inverno, sono abbastanza soddisfatto del mio livello di preparazione, anche se bisogna ancora crescere. Nel 2021 avevo faticato un po’, vediamo cosa succede quest’anno in gara.
Credi di aver fatto i passi giusti per arrivare in MotoGP?
Direi di sì. Nel mio quarto anno in Moto2, nel 2019, molti piloti con i quali correvo sono passati in MotoGP, piloti con i quali combattevo che sono riusciti a fare bene anche nella massima categoria. Ho pensato gradualmente alla MotoGP, mi sono sentito sempre più forte e nel 2020 mi sono sentito pronto per fare il salto: la MotoGP è arrivata nel momento giusto. Ogni pilota segue il suo percorso, poi è importante mantenere il livello raggiunto.
Cambia qualcosa correre nel team VR46, nella squadra di tuo fratello Valentino?
No, non più di tanto: l’obiettivo deve essere sempre lo stesso. Certo, è bello condividere questo momento con Valentino, forse con un altro “capo” ne parleresti di meno, ma dentro al box è uguale a essere in un’altra squadra.
Rispetto all’anno scorso sembri molto più sicuro di te...
Cresce la consapevolezza, in ogni allenamento mi sento più forte, sono cresciuto sotto tutti gli aspetti, a 360°, anche quando salgo sulla MotoGP mi sento meglio: è un insieme di cose che ti danno maggiore forza. E avere una moto uguale agli altri ti dà fiducia e serenità. Tutti gli avversari sono fortissimi, tutti hanno una moto ufficiale, ma mi sento alla pari e penso di potermela giocare.