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In questa lunga intervista di Enrico Borghi su Slick Magazine Davide Brivio ha parlato, tra le altre cose, del perché Honda e Yamaha siano rimaste indietro rispetto a Ducati e alle altre Case europee sullo sviluppo in MotoGP.
“Il problema dei costruttori giapponesi è che non hanno capito che questa MotoGP non ha niente a che fare con quella di 20 anni fa - ha detto l'ex capo di Yamaha e Suzuki -. Finché i gran premi sono stati un affare tra loro, tra aziende giapponesi, lo sviluppo delle moto è avvenuto secondo le regole delle aziende nipponiche: un programma lungo, il lavoro diluito nei mesi doveva portare alla fine del campionato senza scossoni”.
Brivio poi ha fatto degli esempi: “Serviva un telaio? Ci sono voluti tre mesi. Serviva un motore diverso? Ne parlavamo per l'anno successivo”.
Ducati, Aprilia e Ktm, cioè le Case europee, lavorano in modo molto diverso: “Le aziende europee sono più aggressive nel loro approccio alle corse, quindi hanno stabilito un nuovo modo di correre. E Yamaha e Honda dovranno adeguarsi. L'approccio è diverso: non lasciare nulla di intentato, continuando a cercare di migliorarsi, pensando costantemente a nuove soluzioni”.
Insomma per Brivio “non è una questione di soldi, ma di metodo. Insomma, di mentalità. Il “modo” delle Case giapponesi è superato, perciò devono cambiarlo. E anche in fretta!”.
Le tre Case europee hanno velocizzato il processo di realizzazione di novità a livello di motore e di aerodinamica…
“Soprattutto la Ducati. Ma si è allineata anche l’Aprilia, e pian piano sta arrivando la KTM. Quindi parlerei di Case europee, non solo italiane: sono state sempre molto aggressive, ma in certi anni hanno anche fatto del casino secondo me: nel senso che a volte c’erano troppe novità non provate adeguatamente. A volte hanno sbagliato strada, oppure l’hanno persa, però hanno sempre mantenuto questo spirito aggressivo e una volta che hanno sistemato le cose gli è rimasto. E adesso è quella la mentalità vincente: introdurre novità in continuazione, anche piccole cose, per cercare di migliorare la moto continuamente. Ed è grazie a questa aggressività se sono arrivate a stravolgere gli equilibri”
Nell’intervista con Borghi c’è anche un altro passaggio da segnalare, è quello che porta Brivio a parlare del Team performance... Quindi il commento del pilota, ritenuto un tempo sacro, non basta più?
“Nella MotoGP di oggi, no. Il pilota va benissimo, perché è lui che guida, però il suo giudizio, la sua sensazione, va sostenuta da dati scientifici più precisi. Diventa solo lo stimolo ad avviare la ricerca. È una “denuncia” poi devono patire le indagini. È questa l’evoluzione. La MotoGP adesso è un ambiente molto più tecnologico, e le nuove tecnologie vanno usate. Perché i piloti dicono sempre le stesse cose: c’è poco grip, non c’è accelerazione, c’è poco feeling in ingresso curva… Ma bisogna capire perché, e oggi questo viene spiegato dall’analisi più seria e sofisticata dei dati. La MotoGP moderna impone che si faccia così, e le Case europee adesso fanno così”
C’entra per caso il famoso Team Performance?
“È esattamente quello! È il gruppo di ingegneri dedicato all’analisi dei dati. E fa parte della squadra, col compito di supportare il team ufficiale durante il weekend di gara. Per risolvere i problemi, magari di grip, quindi per migliorare la prestazione la domenica. E poi, con i dati che analizza, il Team Performance aiuta anche il reparto corse, per lo sviluppo della moto. Infatti se il team in pista si è evoluto è grazie alla sofisticazione dell’analisi dei dati, quindi grazie al lavoro del team performance”
Ducati ce l’ha?
“Sì, è stata forse la prima a crearlo… Seguiti poi da noi della Suzuki”