Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Diego Gubellini, 48 anni e capotecnico di Fabio Quartararo, è al quinto anno di lavoro con il francese in Yamaha. Gubellini è stato ospite di Zam per un’intervista sul suo canale Youtube.
Diego ripensando al 2022 c’è ancora un po’ di magone?
“Mi ha dato più dispiacere perdere il 2022 che piacere vincere il 2021. All’inizio del campionato abbiamo sbagliato perché ci credevamo poco, poi ci siamo trovati con un enorme vantaggio ma non per meriti nostri, quanto per demeriti degli altri. Il mondiale poi è andato perso perché a livello tecnico eravamo in grossa difficoltà, sempre al limite”
Ti sentivi impotente, non potevi fare niente?
“Esatto”
Guardiamo avanti, al 2023, Quartararo è pronto?
“Sì, lui ha capito alcune cose che nel 2022 magari lo hanno tradito, fisicamente è sempre prontissimo, allenato, motivato”
E la moto? Dai test di Valencia fino a Portimao, facci un riassunto…
“Il primo test, a Valencia, non è stato uno dei migliori, ci aspettavamo miglioramenti che non ci sono stati. Non siamo andati nel panico ma siamo stati bloccati, perché parte della nostra evoluzione era basata sull’aumento di potenza. Durante l’inverno ci sono state delle analisi che ci hanno spiegato e confortato. Così in Malesia e Portimao eravamo più sereni e abbiamo provato altre parti, perché il motore era tornato a essere performante come a Misano. Il nostro motore è migliorato ma il gap non è chiuso, anzi, è abbastanza grande (ride, ndr), ma noi siamo migliorati, abbiamo fatto un grosso lavoro. In Malesia non siamo stati veloci, siamo andati via con l’amaro in bocca, non siamo andati bene specialmente sul giro secco, ma anche sul passo gara. Poi abbiamo lavorato molto in vista del test di Portimao. Gli ingegneri giapponesi si sono dati molto da fare. In Portogallo abbiamo migliorato subito il primo giorno, poi la svolta è arrivata al secondo giorno. Abbiamo fatto una modifica radicale alla moto che sembra aver pagato: siamo andati bene su passo gara e giro secco, non siamo lontanissimi dal podio”
Quartararo ha raccontato che siete tornati al 2022 come aerodinamica, è vero?
“Siamo tornati indietro con diversi particolari, tra cui un telaio. Fabio ha definito chiaramente che i problemi rimanevano invariate, la mia decisione è stata quella di ritornare alla moto che avevamo nel 2022 a Portimao, quando Fabio vinse. Pensavo mi licenziassero dopo la mia richiesta di tornare a quella moto, ma hanno accettato. Così siamo ripartiti dalla moto 2022 rimettendo tutte le componenti nuove del 2023 per capire quali funzionassero e quali no. Per questo siamo arrivati a un ibrido 2022-2023. Un lavoro di rifinitura”
E quella è la base da cui partirete venerdì…
“Sì, esatto”
La filosofia giapponese ha fatto fatica ad accettare lo sviluppo rapido dell’aerodinamica?
“Aspetto complesso, nelle moto questo aspetto nasce dalla necessità di coprire delle pecche che le moto hanno, diciamo, di natura. Prendiamo Ducati: il discorso aerodinamico è nato per cercare di sfruttare al massimo la propria accelerazione perché avevano lacune dal punto di vista telaistico, almeno fino a qualche anno fa. È normale che siano più avanti. Case come Honda, Yamaha e Suzuki avevano altre problematiche e meno necessità di sviluppare l’aerodinamica, e questo secondo me è il motivo per cui le giapponesi non sono al livello di Ducati e Aprilia. Per noi la necessità era sviluppare il motore, loro avevano un team aerodinamico in cui sono nate tante idee e hanno ottenuto risultati extra rispetto a quelli che erano gli obiettivi all’inizio”
Come si prepara la Sprint race?
“I piloti con più anni di MotoGP sanno che ritmo devono tenere per non finire la gomma. A livello mentale la Sprint race ha questa differenza sostanziale: essendo la metà dei giri il pilota può spingere dall’inizio alla fine con tutto quello che gli permette la moto, il fisico e la concentrazione. Con la Sprint race, diciamo, siamo più vicini alla qualifica che alla gara”
Quanto manca un team satellite e quanto manca un altro pilota che sia in grado di portare la moto al livello di Fabio, viste le difficoltà di Morbidelli?
“Effettivamente ci manca, i primi anni che abbiamo lavorato con Morbidelli in Petronas e c’erano Vale e Vinales nel team ufficiale tutti e quattro erano veloci, era un aiuto in varie situazioni. Perché per esempio non tutti fanno le curve allo stesso modo e avevi la possibilità di capire a livello di traiettorie, frenate, mappature, insomma tanti parametri per cercare di capire e ottimizzare la performance. Purtroppo noi da un anno e mezzo cerchiamo di migliorare solo con i commenti di Fabio e le nostre sensazioni. Questo tipo di aiuto ci viene a mancare, Ducati con otto moto in pista penso, da fuori, che sia più facile. I piloti hanno molte più informazioni e fanno più presto a migliorare”